Traffico documenti per clandestini,
condannato custode moschea
a giudizio per terrorismo

Mohammed Khemiri
Mohammed Khemiri
di Biagio Salvati
Venerdì 24 Marzo 2017, 12:30
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Si è concluso con una condanna a 3 anni e quattro mesi di reclusione il processo con rito abbreviato a carico di Mohamed Kamel Eddine Khemiri, tunisino di 41 anni residente a San Marcellino in provincia di Caserta, in carcere da agosto dello scorso anno, con l’accusa di aver procurato documenti falsi ai migranti clandestini e da poco rinviato a giudizio con l’accusa di terrorismo che lo vedrà alla sbarra davanti ai giudici della Corte di Assise di Napoli a fine aprile. Ieri, il gup del tribunale di Napoli Nord, Antonino Santoro, ha condannato Khemiri per associazione a delinquere di cui era ritenuto promotore e falso ideologico, assolvendolo da un altro capo di imputazione legato ai permessi di soggiorno. Il pubblico ministero aveva chiesto 4 anni di reclusione ma nei prossimi giorni il suo legale, il penalista Fabio Della Corte, presenterà un’istanza di arresti domiciliari. Per la Procura – e dal 9 marzo scorso anche per il gip Maria Luisa Miranda del tribunale di Napoli – il tunisino è un militante dell’Isis, dedito al «proselitismo in favore delle organizzazioni di matrice islamista», e va processato per il reato di terrorismo internazionale. In un primo momento, nell’inchiesta che era rimbalzata tra Napoli, Santa Maria Capua Vetere e Napoli Nord, non erano emersi elementi sufficienti per considerarlo un reclutatore di kamikaze. Ma il pubblico ministero napoletano Luigi Alberto Cannavale aveva chiesto ugualmente il rinvio a giudizio, soprattutto dopo che lo stesso Khemiri – per mesi ospitato in un appartamento sopra la moschea di San Marcellino di cui era il custode - aveva in qualche modo ammesso la sua adesione allo Stato islamico. Sul conto di Khemiri — sbarcato da clandestino a Lampedusa nel 1998 a bordo di un gommone, andato in Francia e rientrato in Italia nel 2000, dove ha vissuto «svolgendo lavori occasionali» prima al Nord, poi a Firenze dove fu arrestato per spaccio di droga, quindi in Calabria e infine in Campania — i carabinieri del Ros avevano intercettato diverse conversazioni e messaggi diffusi via Facebook. 
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