Ucciso dall'amico, spunta un testimone: «Ho visto chi ha gettato la pistola»

Marco Mongillo
Marco Mongillo
di ​Marilù Musto
Giovedì 21 Luglio 2016, 08:19 - Ultimo agg. 12:21
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La pistola al centro del delitto di Marco Mongillo non sarebbe stata lanciata dal balcone subito dopo l’omicidio, così come ha riferito l’assassino Antonio Zampella, ma qualcuno l’ha portata giù e ha cercato di portarla il più lontano possibile dal parco Santa Rosalia. E quel qualcuno, per gli inquirenti, avrebbe un nome e un cognome: Rocco Belardo, accusato da uno dei residenti del parco in via Borromini che lo ha visto maneggiare un canovaccio contenente, probabilmente, la Browning calibro 7,65 il pomeriggio dell’8 luglio, giorno dell’omicidio del povero Marco.

A rompere il silenzio e fornire una nuova versione dei fatti, è V.D.S., residente del posto e testimone-chiave per il pubblico ministero Michele Caroppoli della Procura di Santa Maria Capua Vetere, chiamato a deporre negli uffici della compagnia carabinieri di Caserta in questi giorni.

La sua dichiarazione è chiara e ricostruisce gli attimi successivi al delitto del giovane pizzaiolo del locale La Loggetta: «Il pomeriggio dell’8 luglio, dal portoncino d’ingresso del mio parco, stava entrando Belardo nel mio cortile - ha raccontato V.D.S. al pm Caroppoli - lui estraeva dai pantaloni degli stracci e li lanciava verso i secchi dove noi depositiamo l’immondizia, a ridosso del portoncino d’ingresso. Belardo era dentro alla nostra proprietà senza alcuna autorizzazione, io gli chiedevo cosa stesse facendo, a tale domanda lui si giustificava dicendo di voler rintracciare l’abitazione del barbiere. Non credendo a quanto riferito da Belardo, poiché il barbiere è mio padre e lui non è mai stato cliente suo, iniziavo con Belardo un’animata discussione, mi era sembrato evidente che mi stava mentendo. A quel punto sono giunti i carabinieri che hanno trovato la pistola sulla discesa del mio garage».

Ma la versione del testimone non coincide con quella rilasciata da Belardo nello stesso giorno del fatto di sangue, rimodulata poi in seguito. In sostanza, dal verbale iniziale redatto dai carabinieri di Caserta e firmato da Belardo, spunta anche un altro nome: A.C. del rione Vanvitelli, che nel giorno dell’omicidio si trovava in via Borromini, alle spalle del quartiere Santa Rosalia, dove è accaduto l’omicidio di Marco.

«Stavo transitando in via Rossetti (poco distante da via Borromini) e ho visto A. C. che aveva bussato a un cancello - aveva spiegato Belardo - stava litigando con un ragazzo che conosco perché pratica boxe e frequenta mio nipote. Non so i motivi del litigio, ma ho pensato di intervenire proprio perché conoscevo questo ragazzo e volevo evitare che venisse a contatto con A.C. Il padre di questo ragazzo fa il barbiere. A un certo punto - aveva continuato - credo che il ragazzo avesse equivocato sulla mia presenza e sulle ragioni del mio intervento e ha preso, insieme al padre, a minacciarmi dicendo che mi teneva puntato. Escludo di aver recuperato o toccato la pistola». Belardo, dunque, ha negato ogni addebito nella vicenda di Marco.

Ora, la sua posizione, però, si complica alla luce della deposizione del residente del palazzo di via Borromini. Domani, intanto, sarà la volta di Vincenzo Mongillo, fratello di Marco, che dovrà comparire in Procura per spiegare alcune circostanze al pubblico ministero e al procuratore aggiunto Antonio D’Amato che, insieme al procuratore capo Maria Antonietta Troncone, sta coordinando le indagini. I carabinieri del comando provinciale di Caserta, intanto, in questi giorni contatteranno i Ris (reparto investigazioni scientifiche) di Roma per eseguire un sopralluogo al quarto piano del rione Santa Rosalia in via Cappuccini, palazzina B, interno 8. È possibile che venga ricostruita la scena del crimine grazie alla ricostruzione fornita dal quinto ospite di casa di Umberto Zampella, quest’ultimo ristretto ai domiciliari, il giorno dell’omicidio. Versione completamente diversa rispetto a quella fornita dai fratelli Antonio (l’omicida reo confesso) e Umberto Zampella e Vincenzo Mongillo.
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