Usura e concorso con i Belforte
condannati gli imprenditori del clan

Un'aula di giustizia
Un'aula di giustizia
di Mary Liguori
Martedì 24 Gennaio 2017, 12:35
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Usura, estorsione, concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Il gup di Napoli accoglie la richiesta del pm Antimafia Luigi Landolfi e condanna otto dei nove imputati alla sbarra, quasi tutti ritenuti contigui al clan Belforte. Un solo imputato è stato mandato assolto, su richiesta dello stesso pm. Si tratta di Roberto Piccolella e rispondeva di riciclaggio di capitali illeciti. Per tutti gli altri, la sentenza emessa ieri sposa il quadro accusatorio tratteggiato dalla Dda sulla scorta delle indagini dei finanzieri della compagnia di Marcianise, diretta dal capitano Davide Giangiorgi.
Nello specifico, Eremigio Musone è stato condannato a dieci anni di reclusione, Francesco Tammaro a sei anni e otto mesi. Per Simmaco Zarrillo il gup ha deciso una pena a sette anni e sei mesi di reclusione, mentre per sua madre, Maddalena Delli Paoli, ha disposto sei anni e otto mesi. Condannati con pena sospesa e senza l’aggravante del metodo mafioso gli altri imputati che rispondevano solo di intestazione fittizia: Annamaria Aduleia, un anno; Angelo Musone, un anno e quattro mesi. «Colpevole» anche il pentito Claudio Buttone, nipote dei boss Belforte, per il quale la sentenza di colpevolezza è «alleggerita» dall’articolo 8 della legge sui collaboratori di giustizia. Per lui il gup ha stabilito un anno quattro mesi oltre a 400mila euro di multa.
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