Velodromo di Marcianise, s'indaga per sprechi e omesso controllo

Velodromo di Marcianise, s'indaga per sprechi e omesso controllo
di Mary Liguori
Venerdì 19 Agosto 2016, 08:36
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CASERTA - Sono in dodici sotto il tetto del velodromo. Tutti insieme abusivamente. La vedova del custode, i loro figli, i figli di lei e i nipoti, e la sorella con un bambino di cinque anni. «Vivo con 400 euro, la pensione di reversibilità di mio marito, dove posso andare?», dice Anna Maria Cinotti, veste a lutto, al collo la medaglietta con la foto del marito, Francesco Esposito detto «il caivanese», perché veniva dal Parco Verde, Caivano, la prima piazza di spaccio in Campania, seconda solo a Secondigliano.

«Dove possiamo mai andare?» si chiede la Cinotti, titolare di un locale che non spetterebbe più né e lei né ai suoi figli, tantomeno alla sorella. Ovunque, secondo il Municipio di Marcianise, ma non nel velodromo abbandonato che presto nascerà a nuova vita: l’accordo tra il Comune e la Federazione Italiana Ciclistica è ormai cosa fatta. Manca il passo finale: sgomberare le aree sottostanti la struttura. La famiglia Esposito, però, non sembra disposta a mollare. La vedova dell’Lsu che è stato custode della struttura per una decina d’anni afferma addirittura che neanche sapeva «che per stare qui c’era da pagare un canone».

Eppure agli atti ce ne sono di carte sul caso velodromo da liberare dagli abusivi. Ordinanze di sgombero «da eseguire con l’impiego di forze di polizia dal momento che ogni tentativo bonario è risultato vano»: correva l’anno 2012, ma da quel momento di prese di posizione vere e di ricorsi alla «forza» non ce ne sono stati. Tant’è che, nel 2013, Francesco Esposito è morto, ma la sua famiglia ha continuato a vivere sotto il «Capone». Ma è bastato un solo ruggito dall’Ente che avrebbe dovuto vigilare sull’uso improprio degli spazi pubblici del velodromo e non lo ha fatto per anni, per far sì che il simbolo dello scempio, l’emblema dello spreco del denaro pubblico sparisse. La piscina che la famiglia del custode aveva montato a bordo pista non c’è più. Smontata, in fretta e furia, ieri mattina sulla pista restavano solo le pozze d’acqua. L’hanno fatta sparire dopo che le immagini, clamorose, di quel gioiello dell’infrastruttura sportiva ridotto a giardino di privati, sono state pubblicate dal sindaco Antonello Velardi sul suo diario web, corredate di informazioni e farcite di annunci che già ieri sono diventati fatti. Il fascicolo sul caso degli occupanti abusivi del velodromo «Capone» sarà «consegnato alla guardia di finanza», ha detto il sindaco. Il danno erariale è facilmente quantificabile: la famiglia del defunto custode non ha mai pagato il canone dovuto, ma soprattutto ha vissuto a carico del Comune in termini di utenze. Luce e acqua, anche quella usata per riempire la piscina, «ma non il gas - puntualizza la vedova di Esposito - che qui non c’è mai stato». E mostra le bombole sistemate sotto uno dei vani che dovrebbero ospitare le caldaie.

E poi c’è il giallo dei segni di gomme sulla pista. Che sia stata usata per corse clandestine di motociclette o kart? «Ci siamo passati noi con la macchina, sulla pista, per controllare che dalle campagne circostanti non entrassero malintenzionati», spiega la Cinotti. Insieme alle biciclette sparite, ai termosifoni sdradicati, ai fili della corrente dei riflettori tranciati, agli spogliatoi e ai bagni devastati, quello della pista è solo uno dei misteri da chiarire, uno dei tanti danni ricaduti sulle casse pubbliche sui quali le indagini dovranno gettar luce. D’altronde, gli Esposito sono sì abusivi, ma per anni chi avrebbe dovuto vigilare sul velodromo e ripristinarvi una parvenza di legalità non lo ha fatto. È su questo che insistono gli inquirenti, alla mano il fascicolo messo insieme dai nuovi amministratori.
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