Verdone sbarca a Caserta: «Cari ragazzi, il cinema italiano ha bisogno di voi»

Verdone sbarca a Caserta: «Cari ragazzi, il cinema italiano ha bisogno di voi»
di Oscar Cosulich
Mercoledì 22 Febbraio 2017, 12:00
4 Minuti di Lettura
«Sono molto emozionato all’idea di parlare nella Reggia di Caserta», ci dice Carlo Verdone, che venerdì alle 18, intervistato da Andrea Morandi, apre la seconda edizione di «Maestri alla Reggia» (la manifestazione che lo scorso anno ha visto sfilare Garrone, Muccino, Genovese, Tornatore e Gianfranco Rosi). L’appuntamento ha già registrato centinaia di richieste per assistere all’evento di cui l’attore e regista sarà protagonista nella Cappella Palatina della Reggia. «La Reggia l’avevo visitata alla fine degli anni ’70, con un amico di Santa Maria Capua Vetere, che conosceva un custode. E già allora mi aveva fatto un’enorme impressione. Oggi so che, grazie all’impegno del direttore, la troverò in condizioni migliori e potrò godere della vista di un gioiello unico: è la Versailles italiana, un luogo che ha affascinato persino George Lucas, che non a caso ci ha girato delle scene di “Star Wars”». L’incontro fa parte del ciclo delle grandi interviste realizzate da Ciak con i protagonisti del cinema italiano, un progetto realizzato dall’università della Campania Vanvitelli in collaborazione con il magazine di cinema diretto da Piera Detassis, organizzato da Cineventi con la direzione artistica di Remigio Truocchio.

Verdone, può anticiparci di cosa parlerà venerdì?
«La mia idea non è tanto soffermarmi sul mio lavoro, anche se mi appoggerò alle domande di intervistatore e pubblico, quanto raccontare il mio rapporto col cinema».
Sappiamo però che sono previsti spezzoni tratti dai suoi film. È vero?
«Sì, ho scelto 5-6 sequenze. Sono quelle che per me hanno un significato particolare, sequenze in cui la mia performance mi rende particolarmente fiero. Poi ci saranno un paio di scene tratte da film che mi hanno particolarmente influenzato, un omaggio a due grandissimi attori».
Chi sono?
«Il primo è Peter Sellers. Premetto subito che io non c’entro niente con lui, Sellers è un fuoriclasse, però mi ha ispirato un personaggio».
Racconti.
«Lui ha avuto il coraggio, in “Hollywood Party”, di recitare un personaggio praticamente muto per tutto il film. Così, in “Bianco Rosso e Verdone”, ho pensato che potevo fare qualcosa del genere ed è nato l’emigrante che torna dalla Germania, viaggia da solo e resta muto (tranne alla fine) subendo le magagne del nostro paese. La differenza principale è che l’indiano Hrundi V. Bakshi recitato da Sellers combinava disastri, mentre il mio emigrante li subisce».
E l’altro attore cui rende omaggio qual è?
«Il Leopoldo Trieste dello “Sceicco bianco”. In quel film era assolutamente irresistibile e Fellini, che era un genio, lo ha diretto al meglio. Quel suo ruolo mi ha ispirato il marito logorroico di “Bianco Rosso e Verdone”».
Ivan Cavalli è quindi il padre di Furio?
«Diciamo che è la dimostrazione che un certo tipo di maschio italiano è purtroppo vivo e vegeto in ogni epoca. Tu non sai, ancora oggi, quante donne mi fermano per strada per dirmi “Mio marito è proprio come Furio”. Evidentemente quel tipo di ossessività, il narcisismo nell’ascoltare la propria voce mentre si dicono cose insensate è molto presente nel nostro paese».
A parte Sellers e Trieste, chi sono per lei i comici di riferimento?
«Sicuramente Jack Lemmon e Walther Matthau, così come Alberto Sordi e Ugo Tognazzi, ma di grandi ce ne sono tantissimi».
Lei si sente più Lemmon, o Matthau?
«Premettendo che lui è “più alto” di me di almeno cento metri, direi che sono più vicino a Lemmon».
Chi potrebbe allora essere il suo Matthau?
«Forse Marco Giallini, se diretto in un certo modo, con me potrebbe ricreare un’alchimia simile».
Che domande si aspetta dal pubblico?
«So che ci saranno molti studenti e che sono molto curiosi e preparati. Mi aspetto domande su Troisi, visto che si sa che siamo stati amici, ma soprattutto vorrei fare loro un appello».
Quale?
«Non abbandonate la sala cinematografica, che è un tempio di aggregazione. capisco che c’è Netflix con le le serie americane, che spesso nelle nostre commedie sembra manchino le idee, tanto che si copiano quelle francesi, ma bisogna provare a dare ancora fiducia al nostro cinema. Un film bellissimo come “Indivisibili”, ad esempio, non ha avuto il successo di pubblico che meritava ed è un vero peccato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA