Giro di denaro, indagati vescovo e perpetua a Piedimonte Matese

di cerbo
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di Marilù Musto
Domenica 4 Dicembre 2016, 07:30 - Ultimo agg. 19:57
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CASERTA - Quando i carabinieri hanno controllato il conto corrente nella disponibilità del vescovo di Piedimonte Matese, Valentino Di Cerbo, non hanno trovato ciò che pensavano. In banca c’erano solo 17mila euro; ne cercavano almeno 488mila. Qualcosa di più sostanzioso lo avrebbero invece trovato più tardi nella disponibilità della perpetua di don Peppino Leone della diocesi di Alife-Caiazzo, sacerdote morto all’età di 93 anni nel settembre scorso.

Ben 406mila euro sarebbero stati versati infatti sul conto della perpetua Rosa Cristina D’Abrosca e del marito Giovanni Fevola da don Leone. Da qualche giorno, però, sia i 17mila del vescovo che i 406mila, sono nelle mani della magistratura. Ma perché controllare i conti privati della curia? E perché sequestrare oltre 400mila euro? C’è un’inchiesta in corso, partita due anni fa dopo una denuncia di un anonimo all’autorità giudiziaria. Ma bisogna fare un passo indietro di ben tre anni.

È il 2013. Protagonista della storia è l’anziano don Leone, detentore, non si sa bene il perché, di un «gruzzolo» piuttosto consistente. Decide, don Peppino, di donare 30mila euro alla donna che lo avrebbe accudito per anni, la D’Abrosca. Parte una denuncia ai carabinieri di Piedimonte Matese e finisce nelle mani del maggiore Giovanni Falso che decide di vederci chiaro. Nel 2014 viene aperto un fascicolo in Procura a Santa Maria Capua Vetere. Il caso viene affidato al pm Antonella Cantiello. Inizia la «storia infinita».

L'inchiesta

In caserma viene convocato don Leone, il quale - stando al contenuto del decreto di sequestro del gip - avrebbe confessato ai militari che il versamento era stato frutto una sorta di «pressione» della perpetua che avrebbe approfittato del suo stato di salute. La perpetua capisce che c’è pericolo e si rivolge al vescovo. Forse in buona fede, il vescovo Di Cerbo chiama i carabinieri e li invita in diocesi. Ma nell’ufficio del monsignore i militari trovano anche don Leone che, alla presenza del suo superiore, smentisce il racconto fatto agli investigatori poco prima. Un dato, però, a quel punto, è certo: circola denaro da un conto corrente all’altro e si ignora il fine ultimo degli spostamenti. Così, l’inchiesta inizia a muove i primi passi: il magistrato iscrive nel registro degli indagati il vescovo, la perpetua e pure il marito di quest’ultima, Giovanni Feola, destinatario, sembrerebbe, di alcune somme di denaro.
Gli inquirenti calcolano che circa 588mila euro siano stati trasferiti da vari conti di don Peppino su alcuni libretti postali riferibili alla perpetua e, probabilmente, al vescovo, ma in questa «migrazione» non si ravvisano reati. L’ipotesi però che formula la magistratura è la circonvenzione di incapace: reato contestato ai tre. Il gip, nel suo decreto di sequestro, «riprende» un’informativa dei carabinieri di Piedimonte Matese: i militari avevano raccontato che il giorno in cui si recano dal vescovo, don Leone cercava conferme con lo sguardo dal vescovo a ogni parola pronunciata. Pura percezione, ma tanto è bastato per applicare un sequestro preventivo di 488mila euro.
A fine serata, ieri, la diocesi ha però precisato che don Leone «era nelle piene facoltà di intendere e volere ed era sua volontà quella di destinare alla Diocesi di Alife-Caiazzo la somma di 588.636,30 euro». Stando alla diocesi «la somma, affidata da don Peppino Leone al Vescovo, è stata di già utilizzata a fini istituzionali e pastorali della Diocesi e l’indagine della Procura sui conti del Vescovo ha riscontrato che non ci sono stati trasferimenti e le uniche somme ammontano a 17.567,34 euro, più un buono postale del valore di 2.500 euro».
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