Zagaria, pen drive e appalti in somma urgenza per i consorzi idrici campani: al via il processo dei veleni

Michele Zagaria il giorno dell'arresto
Michele Zagaria il giorno dell'arresto
di Mary Liguori
Giovedì 18 Febbraio 2016, 12:34 - Ultimo agg. 13:13
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La pen drive di Zagaria e gli appalti in somma urgenza per i consorzi idrici di Napoli e Salerno che sarebbero stati pilotati in Regione per favorire le ditte di Casapesenna. È iniziato ieri il processo disposto con rito immediato per una parte degli imputati dell’operazione Medea che, nel luglio scorso, portò all’arresto di diversi politici oltre che di una serie di imprenditori ritenuti legati al clan Zagaria. Tra questi i fratelli Pino e Orlando Fontana, ciascuno fulcro delle due vicende processuali entrate ieri a dibattimento al palazzo di giustizia di Napoli dinanzi al collegio di Napoli Nord trasferitosi nel capoluogo per questioni logistiche. 

Una sfilza di eccezioni è stata sollevata dai difensori di Pino Fontana, colui che per primo avrebbe giovato del patto criminale che – sostiene la Dda – fu stretto tra Franco Zagaria (cognato defunto dell’omonimo boss, Michele) e Tommaso Barbato (anch’egli alla sbarra) rispetto al trasferimento dell’imputato dal penitenziario di Santa Maria Capua Vetere a quello di Nuoro e relativamente all’assenza di Fontana in aula, collegato ieri in videoconferenza dal tribunale di Sassari. Hanno parlato di «lesione del diritto alla difesa» gli avvocati Alfredo Sorge e Alfonso Stile, ma per la questione il tribunale si è dichiarato incompetente: la questione è di natura amministrativa e il Dap ha motivato la propria scelta definendo Fontana «un soggetto pericoloso» benché sia incensurato e quello in corso sia l’unico procedimento penale che lo riguarda. Di altra natura sono state invece le eccezioni sollevate da Gianfranco Mallardo, difensore dell’altro Fontana alla sbarra, Orlando, colui che – secondo la Dda – avrebbe corrotto un poliziotto per farsi restituire l’ormai arcinota pen drive a forma di cuore sottratta dalla villa di via Mascagni il giorno della cattura di Michele Zagaria.

In occasione del Riesame, infatti, i pm Antimafia Maurizio Giordano e Alessandro D’Alessio depositarono nuovi atti nei quali era indicato il nome dell’agente della squadra mobile di Napoli indagato (da quel momento) per aver sottratto la penna usb e averla poi ceduta a Orlando Fontana dietro pagamento di 50mila euro (o almeno questo è ciò che sostiene la procura). Atti parzialmente omissati: da un lato contengono una registrazione fornita da Oreste Basco e Pasquale Pagano, i due affiliati che si sono autoaccusati di avere fatto da autisti a Zagaria ai tempi della sua latitanza e che il pm Antimafia Catello Maresca ha di recente definito «inattendibili».

I due registrarono di nascosto una conversazione con i coniugi Inquieto, proprietari dell’edificio sotto il cui pavimento si celava l’ultimo covo del padrino, dialogo in cui la moglie del vivandiere venne indotta a svelare il nome del presunto poliziotto corrotto. Dichiarazioni che, successivamente, la donna confermò ai pm. Quegli atti, secondo il difensore di Orlando Fontana sono inammissibili. Oltre ai Fontana, sono sotto processo l’ex parlamentare Tommaso Barbato, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa (avvocati Francesco Picca e Vincenzo Propenso), il carabiniere Alessandro Cervizzi (avvocato Vittorio Giaquinto) e il finanziere Silvano Monaco (avvocato Mariano Omarto) che rispondono, a vario titolo, di avere svelato a Pino Fontana di indagini in corso sul suo conto. Alla sbarra ci sono poi gli imprenditori Carmine Lauritano (difeso da Pasquale Acconcia), Vincenzo Pellegrino, scarcerato pochi giorni fa per effetto di un annullamento ottenuto in Cassazione dagli avvocati Paolo Taormina e Giuseppe Stellato.

Proprio quest’ultimo ha sollevato, a nome dell’intero collegio difensivo, una questione di competenza territoriale. Le eccezioni sono al vaglio del collegio che, salvo respingere le istanze di nullità proposte dagli avvocati di Pino Fontana, si è riservato le decisioni rispetto alle restanti istanze, compresa quella relativa alla presunta inammissibilità della Fai tra le parti civili. 

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