La Jugoslavia, il Brasile d'Europa
utopia e fragilità nel libro di Carelli

La Jugoslavia, il Brasile d'Europa utopia e fragilità nel libro di Carelli
di Ciro Manzolillo
Domenica 31 Luglio 2016, 23:00
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Quando a Pelé chiesero quale team avrebbe voluto affrontare per la sua gara di addio alla nazionale, non ebbe alcuna esitazione nel fare il nome della Jugoslavia. La partita poi si giocò il 18 luglio del 1971 e si chiuse sul punteggio di 2-2: perché volle indossare per l'ultima volta la maglietta verde-oro avendo come avversari i blu dei Balcani? La risposta si può trovare nel volume scritto da Paolo Carelli: «Il Brasile d'Europa. Il calcio nell'ex Jugoslavia tra utopia e fragilità», uscito per la casa editrice salernitana Urbone Publishing.

La Jugoslavia era la compagine che più si avvicinava ai brasiliani per abilità di palleggio, organizzazione collettiva e tecnica individuale. E non solo, Pelè volle al Maracanà la Jugoslavia in quanto apprezzava tantissimo quel fuoriclasse - tutta tecnica, eleganza e velocità - che era all'epoca l'ala sinistra (e bandiera) della Stella Rossa di Belgrado Dragan Dzajic. »Sono quasi dispiaciuto che non sia un brasiliano - dirà Pelé - perché non ho mai visto un calciatore così naturale...».

Sono interessanti le pagine del libro di Carelli in quanto narrano come i clubs e la nazionale del Paese balcano hanno rappresentato nel vecchio Continente l’icona del «futbol bailando» nonostante la loro storia non racconti di grandi trofei e successi internazionali. Per l’autore «c'è un elemento che, forse più di altri, ha impedito alla Jugoslavia di accreditarsi presso le nazioni calcistiche più forti e vincenti. Va cercato nell'anima più profonda di quel popolo (di quei popoli) e rappresenta l'altra faccia della fierezza e dell'orgoglio tanto proverbiali: l'insicurezza, la fragilità emotiva».

Saranno, inoltre, proprio quelle divergenze, quegli attriti tra le varie etnie che, una volta morto il maresciallo Tito, esploderanno nella disgregazione delle sei repubbliche federali e nel più sanguinoso conflitto europeo dalla seconda guerra mondiale. Nel calcio le rivalità accese fra le società più accreditate (Stella Rossa, Partizan Belgrado e Dinamo di Zagabria) si intrecceranno inevitabilmente con la crisi politica e l'esaltazione dei nazionalismi. La storia del calcio dell'ex Jugoslavia è contrassegnata da momenti straordinari e talenti indiscussi che hanno fatto la differenza anche quando sono andati a giocare all'estero, ma oggi non si può non riconoscere che «il Brasile d'Europa» è un realtà persa, frantumata dai risentimenti. «E rigettare ogni forma di nostalgia e di improbabile riedizione - afferma Carelli - è forse il modo migliore per custodirne la memoria».
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