«L’azzurro color di lontananza»
Giulio da Leopardi a Barthes

«L’azzurro color di lontananza» Giulio da Leopardi a Barthes
di Ciro Manzolillo
Lunedì 4 Luglio 2016, 19:26
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La salernitana Rosa Giulio, docente di Letteratura italiana, Letteratura italiana contemporanea e Letteratura e giornalismo nell’Università di Salerno, ha pubblicato negli Stati Uniti un ampio volume, «L’azzurro color di lontananza. Infinità dello spazio e sublimità del pensiero nelle letterature moderne» (Forum Italicum Publishing - Stony Brook University, New York).

Nei capitoli iniziali, la Giulio focalizza, con sottili procedimenti ermeneutici, la forza onnicomprensiva del pensiero e l’originalità della poesia di Giacomo Leopardi. Parte dal suo relativismo e “scetticismo ragionato”, dalle sue meditazioni sulla fallibilità della scienza, per giungere alla sua visione critica delle società moderne, delle élites borghesi europee, dei costumi degli Italiani e delle radici della loro mancata unità nazionale, tra contingenza storica prerisorgimentale e costante antropologica identitaria. Particolarmente interessante il confronto tra l’infelicità di Torquato Tasso e l’esilio di Dante, tra la noia come negazione della “vita vitale” e la noia come segno di grandezza della natura umana, tra ragione e immaginazione, tra splendore del mondo e infinita verità del nulla. Collega, subito dopo, al tema risorgimentale il recupero dell’interpretazione più acuta del periodo preunitario, così come affiora dal capolavoro di Ippolito Nievo.

Richiamando esperienze estetiche di matrice geografica diversa, analizza con strumenti comparatistici, intertestuali e filologici l’idea di Sublime in opere filosofiche: Pascal, Hume, Vico, Kant, Nietzsche; artistiche: Goya, Friedrich, Turner, Géricault, Delacroix; letterarie - greche e latine: Omero, Lucrezio, Pseudo-Longino; tedesche: Schiller, Hölderlin, Novalis, Kleist, Enzensberger; francesi: Hugo, Baudelaire, Rimbaud, Zola, Verne; angloamericane: Coleridge, Byron, Poe, Melville, Eliot; italiane: Ungaretti, Montale, Primo Levi, Calvino. Caratteristica inedita di questa parte del libro è l’adeguarsi della Giulio alle attuali esigenze della diffusione internazionale della ricerca scientifica, scegliendo di far “parlare” gli autori stranieri solo nella loro lingua. Ne risulta, proprio a livello di scrittura, un’orchestrazione polifonica, un concerto a più voci che rompe la monotonia di un discorso in cui i testi originari, mediati dalle traduzioni, sono uniformati dalla stessa lingua.

Lo studio affronta poi la crisi dell’immaginario mitico e la fine delle “favole antiche”: Giovanni Pascoli, dal cui Ultimo viaggio di Ulisse è tratto il verso-titolo della pubblicazione. Gli universi urbani delle città tentacolari moderne sono indagati dall’archetipo, rappresentato dalla Parigi di Baudelaire, e dagli “inferni” di Rimbaud alle folle anonime di Campana, Saba e Cardarelli. Nelle prefigurazioni apocalittiche sull’uso perverso delle ricerche scientifiche del romanzo sperimentale di Malerba, Porta e Volponi viene colta un’istanza ineliminabile dell’immaginario collettivo, affrontato con lievitazione fantastica e coscienza letteraria. Le culture di lingua francese e slava - da Lacan a Barthes, da Jakobson a Bachtin - sono dall’autrice considerate le due linee essenziali, psicanalitica e semiotica, della critica letteraria contemporanea, che hanno profondamente inciso sulla cultura italiana, oltre che per robustezza di riflessione e originalità di proposte, soprattutto per larghezza di diffusione, alla luce dei risultati scientifici emersi fin dagli ultimi decenni del secolo scorso.

 
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