Massimo Carlotto: «Security, nuovo potere nel mio noir sociale»

Lo scrittore racconta un’Italia ancora corrotta dove regnano le agenzie di vigilanza privata tra spionaggio e dossieraggio Ma, tra imprenditori cinesi vendicativi, industriali tessili e il pestaggio di un sindacalista, incontra anche una...

Massimo Carlotto
Massimo Carlotto
di Francesco Mannoni
Domenica 28 Aprile 2024, 07:20
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La fidanzata sciocchina del criminale disneyano Gambadilegno si chiama Trudy (Einaudi, pagine 216, euro 18), e così la Novo Security Group, l’agenzia di sicurezza che la controlla agli ordini di un enigmatico Dottore, («il Grigio» come i fondatori chiamano l’ex commissario), ha soprannominata Ludovica Baroni, protagonista del nuovo romanzo di Massimo Carlotto.

Ludovica è un’ex commessa che ha sposato un ricco commercialista di Lecco, Federico Riva, ma s’è subito resa conto d’essere solo uno specchietto per le allodole nel tracciato esistenziale-affaristico dell’uomo, donnaiolo sfacciato e manipolatore incallito.

Un giorno d’improvviso il marito della «piccola cornuta» sparisce e la moglie abbandonata indaga per conoscerne la sorte, sapendo che aveva le mani in pasta in molti affari legati a grossi personaggi politici. E proprio per questo è pedinata e intercettata 24 ore su 24 da oscuri personaggi gestiti dal Dottore, al centro di un noir più che parla di compromesso e corruzione tra morti ammazzati. Ben quattro a Brescia nel primo capitolo: un’ecatombe. Con Carlotto il noir è sempre sociale e stavolta, oltre alla corruzione della politica, nella sua lente d’ingrandimento finiscono quelle agenzie di sicurezza che forniscono scorte, protezione, attività produttive; investigazioni, intelligence, analisi dei rischi, dossieraggio, spionaggio, intercettazioni, pedinamenti, intermediazioni...

«Si parte da Brescia e Milano», riepiloga Carlotto, che finora ha scritto una cinquantina di romanzi, ed è noto soprattutto per il personaggio dell’Alligatore che in tv aveva il volto di Marco Buratti, «transitando per la Toscana tra imprenditori cinesi vendicativi. Uno di loro farà picchiare un sindacalista di sinistra da Alex, un malvivente violento, dipendente dell’Agenzia, perché gli industriali tessili che prosperano nella regione in cui abbondano i laboratori clandestini odiano i sindacati. Capolinea in Emilia Romagna, a Cesenatico dove Ludovica è andata in vacanza e dove maturano tradimenti che rischiano di affondare la Novo Security Group. Ma il capo, lo spietato e astuto Dottore, vigila, progetta, interviene e aggiusta».

Chi è davvero Trudy?

«Benché sia una donna di scarsa cultura che viene da un ambiente di limitate possibilità, con il salto di qualità sociale che ha fatto si è parecchio emancipata. Non è stupida, e, costretta a sopravvivere, cresce, matura moltissimo, capisce i propri limiti e cerca di superarli. A conti fatti è un personaggio vincente nel senso che sa tenere testa a un drappello di uomini che pensano lei sia tonta: diventerà il piccolo granello che blocca un grande, perverso meccanismo. La partita è alta: in ballo ci sono mucchi di soldi gestiti dal marito scomparso che l’agenzia riceve da clienti che formalmente non esistono, grazie a un sistema di “stoccaggio” di fondi».

Parliamo delle agenzie di sicurezza.

«Hanno un potere enorme, ma non sempre agiscono nel rispetto della legge, come tutte le cose che si muovono nell’ombra. Ne sappiamo poco, ma ci sono e sono importanti. E si avvalgono di personaggi come Alex Semeraro che non si concepisce come un criminale. Picchia la gente perché crede sia giusto e che qualcuno deve pur farlo. Ha una mentalità completamente distorta, in qualche modo perversa».

Mani Pulite, non ha insegnato niente? L’illecito politico continua tranquillamente?

«Mani Pulite è servito a regolarizzare una contraddizione nel senso che la politica voleva più del 10% e dall’altra parte hanno detto di no, ed è scoppiato lo scandalo. Gli scandali poi servono sempre a risistemare le questioni e ora nessuno chiede più il 10%. In quest’ottica agisce chi vigila, il famigerato Dottore».

Un personaggio cinico.

«Il Dottore fa il suo mestiere e poco importa se oltrepassa il confine tra legalità e illegalità. Lui si ritiene una persona per bene, con un ruolo nella società, non certo un malfattore. Il senso del concetto di moralità o di legalità è diventato ormai una percezione personale. Anche se molte delle cose che fa non sono morali né lecite, sono in linea con l’andazzo del nostro Paese: c’è una parte del mondo perbene che usa la legalità come strumento di convivenza e l’altra invece che ha subito una mutazione antropologica. Il crimine, l’illegalità non è solo appannaggio o strumento della marginalità».

Così la corruzione dilaga ancora.

«Sui giornali ogni giorno ci sono notizie di arresti di politici e di affaristi arrestati o inquisiti. Abbiamo una vita pubblica segnata profondamente dalla corruzione che esiste ed è un sistema. Da questo punto di vista siamo un Paese sudamericano nel senso che la corruzione è endemica ed aumenta ogni anno».

Come siamo arrivati a questa situazione?

«C’è stata una forma di decadimento dal punto di vista morale e non si riesce più a gestire la cosa pubblica in maniera corretta. La classe dirigente non ha dato un buon esempio, e quando la gente ha capito che era corrotta l’illecito è dilagato: oggi è impossibile bloccarlo. Fa parte del nostro sistema, tanto che anche dal punto di vista legislativo si cerca di alleggerire la posizione dei corrotti perché sta diventando un fenomeno sociale. E la gente, stanca e rassegnata, dà per scontato che tutto questo succeda».

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