Passioni sagge: l'importanza
di essere «Maestri» nel libro della Aulisio

Passioni sagge: l'importanza di essere «Maestri» nel libro della Aulisio
di Francesco de Core
Sabato 3 Dicembre 2016, 11:54 - Ultimo agg. 4 Dicembre, 20:04
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In una società più liquefatta che liquida (senza che il citatissimo Zygmunt Bauman se la prenda) disgregata anziché coesa, dove le incognite sono più granitiche delle certezze e i valori più scoloriti, fragili, ha ancora un senso compiuto, concreto l'immagine del maestro? Oppure la diffusione di un sapere globale, orizzontale attraverso la capillarità delle nuove tecnologie, ha reso di fatto inutile, se non stantia e anonima, una figura che per secoli invece è stata l'architrave del sapere e il perno dell'esperienza trasmissibile? Il maestro, insomma, ha perso peso e autorevolezza, fino a diventare una semplice silhouette, un'ombra? La domanda, così posta, potrebbe apparire retorica, se non fosse che ciclicamente le nuove generazioni si muovono per infastidita reazione, al modo di quelle precedenti, rompendo schemi (o provando a farlo) già costruiti e irrobustiti dalla pratica e dalla storia. Resta però un dato fattuale, che non è suggestione: senza maestri salta la fondamentale cerniera sociale e civile di una comunità. Mossa da questa convinzione, Maria Chiara Aulisio, per il suo giornale, Il Mattino, i maestri riconosciuti, ufficiali, ufficiosi o semplicemente di vita vissuta - è andata a scovarli, a sentirli, a stuzzicarli nella sua Napoli, città che di guide sente un disperato bisogno. Ma di spessore, non figure arroccate nel loro mondo e così chiuse, impermeabili al mondo; perché appunto il magister dà se stesso, e anche di più, quando è al cospetto degli allievi, e perché sente costantemente il bisogno di imparare per poter esporre, istruire, educare nel senso più pieno. E soprattutto condividere. Come ci hanno raccontato i 52 maestri che la Aulisio ha ascoltato interviste ora raccolte in Maestri napoletani, volume edito da Guida - andando ad aprire le porte dei ricordi, di una memoria feconda e produttiva.
 
 

Architetti, giuristi, filosofi, medici, attori, musicisti, letterati, allenatori, notai, stilisti, insegnanti, preti: nel declinare passato e ruolo secondo inclinazione, sono di fatto tutti uniti dal mastice di un comune denominatore, quello del piacere di tramandare ciò che si è appreso, di contagiare il futuro con la propria parola e il proprio esempio. Figura per eccellenza rappresentativa del ruolo - senza mai volerlo essere programmaticamente - è Aldo Masullo, che ha amato ragionare e discutere con schiere di studenti, le più eterogenee e differenti, sempre mosso dall'energia del dialogo, e con impostazione paritaria, perché «la filosofia è un dialogo, non si insegna nel senso più comune della parola; è la vita stessa del pensiero mentre si svolge e quindi non la si può insegnare stando in cattedra». Cosicché, da una pagina, da una frase, da una proposizione, prende forma il confronto. Se è vero che la filosofia per splendida metafora di Masullo «è come una fiamma che se si trova accanto a del materiale combustibile per caso si accende». Ma il magister se vogliamo riconoscere un fil rouge nelle interviste della Aulisio, sempre sobria e acuta nel rimbalzo domanda/risposta - non smette di apprendere, di capire, di sperimentare.

Come ha spiegato Mimmo Jodice «nella mia vita ho cercato la dimensione innovativa delle cose, a cominciare dalla tecnica fotografica». Ciò per delineare un metodo, quello della sottrazione, che è pure un sentire profondo, maturato negli anni: «L'essenzialità genera più emozione del caos». Aldo Trione (maestro di estetica) non ha mai sopportato che lo studente si sentisse autorizzato a perpetrare sciatterie intellettuali: «Bisogna scegliere le vie più dure senza cercare scorciatoie». C'è poi chi è stato maestro da sempre, ma di una materia sfuggente, non codificabile in insegnamenti scolastici, ossia l'improvvisazione: Renzo Arbore. «Il mio amico Gassman mi diceva stai attento che quando ti chiamano maestro vuol dire che è cominciata la fase discendente. Non me ne dolgo, d'altronde sono nato maestro, lo ero già nel 65 quando cominciai la mia avventura in Rai». Padre Fabrizio Valletti non improvvisa, ma nella sua Scampia è un educatore ancorato alla strada, senza galloni, soprattutto quando guarda negli occhi quei ragazzini che rischiano di perdersi a ogni sospiro: «Le persone devono ragionare con i piedi perché ragionando con i piedi camminano, osservano e valorizzano quella capacità critica che è in ognuno di noi. Partendo dai piedi si incontrano realtà di sofferenza e di bellezza». Anche Gianni Maddaloni, o maestro, vive e opera fuori, provando con il judo quindi con la disciplina, il metodo, la sofferenza - a sradicare la banalità del male. Un altro maestro (di architettura) sui generis è Renato De Fusco, serenamente allergico alle aule: «Non ho generato né figli né aborti accademici. Ho sempre pensato che ai miei allievi dovessi insegnare il pensiero, la conoscenza, la cultura». La passione sopra ogni cosa, come quella che ha mosso sotto il cielo di Napoli Massimo Capaccioli (astronomo), Nicola Pagliara (architetto), Armando De Stefano e Gianni Pisani (artisti), Alfredo Forgione (pizzaiolo), Alessandro Garolla di Bard (botanico), Paolo De Crescenzo (allenatore), Isa Danieli (attrice): senza la sacra fiamma non avrebbero trasmesso nulla. E per chi fa professione di modestia nel diritto come Bruno Von Arx - «Anche se si raggiungono vertici di grandezza, non si cessa mai di essere discepolo di qualcuno» - c'è chi evidenzia, come Franco Corcione, quanto fondamentale sia la miscela di coraggio, razionalità e intuizione che segna l'esercizio della chirurgia, «perché noi siamo strani animali, con un innato senso del dovere verso gli altri, sempre con la necessità di dare loro qualcosa».

Come sottolineato in prefazione da Pietro Gargano (a proposito di maestri...), tra i personaggi incontrati dalla Aulisio «alcuni non hanno cercato la popolarità, puntando tutto sulla solidarietà, sulla soddisfazione di aver aiutato gli altri». Ecco la scintilla, il segreto: il maestro vero non dimentica di dare segno al futuro. Sa che dopo di sé la pianta deve necessariamente avere radici salde. Per questo i semi di scienza messi a dimora da Marco Salvatore tra Napoli e la sua Accadia le kermesse culturali e le borse di studio per i giovani hanno un valore che non si spegne nel fiato corto di un giorno. Dovere di maestro, passione saggia.