Pupetta Maresca, un libro per la «prima camorrista in un mondo maschilista»

Il racconto dello scrittore francese Vilain

Pupetta Maresca
Pupetta Maresca
di Giovanni Chianelli
Domenica 23 Aprile 2023, 09:54
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Non smette di appassionare e dividere la figura di Assunta Maresca, per tutti Pupetta, la donna più conosciuta nella storia della camorra, scomparsa a fine 2021. E non smette di ispirare artisti e intellettuali, anche all'estero: è appena arrivato in libreria Pupetta (Gremese editore, pagine 176, euro 16) dello scrittore francese Philippe Vilain che a Napoli ha già dedicato due saggi, Napoli mille colori, uscito sempre per i tipi di Gremese, e Maradona, pubblicato in Francia da Les Peregrines. È una ricostruzione in forma romanzata della vita della Maresca (1935-2021), «il ritratto di una pasionaria vendicatrice a lungo oggetto di fascinazione e dibattito».

Che cosa l'ha colpita del personaggio di Pupetta Maresca?
«Sono un romanziere e ho voluto vedere Pupetta al di fuori di ogni considerazione morale, soprattutto come un personaggio romantico con un destino attraversato da tragedie e fatalità.

A 19 anni diventa reginetta di bellezza, si innamora, si sposa, finisce incinta, rimane vedova di Pasquale Simonetti, Pascalone e Nola, si vendica e viene condannata a 15 anni di carcere. Il modo in cui si è compiuto il suo destino non poteva non interessarmi: Pupetta si unisce al pantheon delle eroine della tragedia greca, Medea, Elettra e Antigone, giovani donne, ribelli e vittime di ingiustizie che non esitano, a rischio della vita, a lavare un affronto, salvare l'onore, il nome, la famiglia. Mi ha colpito il fatto che si faccia carico, alla sua giovane età, del crimine, un atto che avrebbe potuto delegare a un sicario».

Che tipo di camorrista fu la Maresca?
«Pupetta è stata la prima camorrista a lasciare il segno in un mondo maschilista dove le donne comuni avevano meno diritti che doveri e in cui la loro sorte si riduceva a diventare mogli sottomesse, aiutanti e sostenitrici dei mariti. La modernità di Pupetta è quella di sottrarsi agli ordini del patriarcato e di essere ribelle: non si lascia scegliere i vestiti, non si sottomette agli uomini, si riappropria del corpo di cui la società camorrista vorrebbe privarla. Anche se in negativo, rappresenta un modello moderno di femminismo sociale».

C'è qualcosa di morale nella sua esistenza?
«È una donna paradossale, è sia morale che immorale. Morale nella sua fede idealistica nell'amore, immorale nella violenza che perpetua diventando camorrista. Pupetta viene dalla malavita e da un ambiente criminale che incarna il male per eccellenza, ma, allo stesso tempo vuole il bene: prima chiedendo al fidanzato di pagare un debito di giustizia prima di sposarsi, poi denunciando l'assassino del marito alla polizia, che, corrotta, non interviene. Pupetta agisce con una sottigliezza che il giudice Falcone evoca nella citazione posta all'inizio del mio romanzo: "A volte questi mafiosi mi sembrano gli unici esseri razionali in un mondo popolato da pazzi"».

Pensa possa essere pericoloso mitizzare i criminali?
«Insinuare che la letteratura possa essere pericolosa significa attribuirle un potere di influenza che non possiede. Non ho mai conosciuto nessuno che volesse diventare un mafioso perché aveva letto un libro sulla mafia. La letteratura non peggiora la delinquenza, piuttosto la responsabilità è della politica che da decenni non riesce a sradicare l'esistenza delle mafie. Il mio romanzo non crea un mito di Pupetta, ma, al contrario, si ispira al mito che è diventato».

Passiamo ad altro: come viene vista, oggi, Napoli in Francia?
«La rappresentazione di Napoli è diventata molto più positiva negli ultimi anni. La città non fa più paura, non è più un fantasma inquietante, né uno spaventapasseri malvagio, come dimostra il netto aumento del turismo, anche se, naturalmente, per alcuni rimane ancora legata a certi cliché. E sappiamo tutti che il problema delle mafie si è internazionalizzato e che la delinquenza è diffusa in tutte le grandi città, Napoli non ha l'esclusiva del male».

Mentre descrive la città dice «Napoli è orribilmente bella, indecente e trascurata, bella della sua sporcizia».
«Amo Napoli più di ogni altra città del mondo, e lo faccio da quasi trent'anni. Napoli è la mia città, alla quale ho dichiarato il mio amore già in due libri. Mi sento napoletano nel cuore, in fratellanza con i napoletani. Ma il sentimento non mi rende cieco, la città deve ancora risolvere problemi gravi».

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