Meta-geografia di Dudù: ​a spasso con La Capria a Napoli

Monferrini traccia una mappa dei luoghi simbolici

Raffaele La Capria
Raffaele La Capria
di Ugo Cundari
Venerdì 14 Luglio 2023, 10:33
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Più di palazzo Donn'Anna e del primo tratto terracqueo di Posillipo dove Raffaele La Capria fu iniziato alla bella giornata e poi ferito a morte, esiste un luogo napoletano maggiormente rappresentativo nella mappa cittadina dello scrittore napoletano, la Villa Comunale alla Riviera di Chiaia. Qui Tonino, il piccolo protagonista di La neve del Vesuvio (1988), «gioca a trascinare, correndo, il palloncino con sé, legato a un filo come a uno strano guinzaglio che sale verso il cielo. A un tratto, la mano si lascia sfuggire il palloncino; Tonino lo osserva perdersi oltre le cime degli alberi, pronunciando una di quelle poche parole che conosce: "più"».

Così scopre che tutto può finire da un momento all'altro.

Quando un canarino gli si posa sulla spalla per qualche istante, prova un'emozione molto intensa. Vuole raccontarlo alla madre e capisce che «per trasmettere a un altro ciò che ha provato occorre smuovere un esercito di parole e portarlo con una certa strategia alla conquista dell'emozione».

È la Villa Comunale, non il palazzo posillipino, il «luogo di epifanie per Dudù, il luogo di passaggio tra l'età ingenua e quella consapevole» sottolinea Michela Monferrini, scrittrice romana già autrice di una guida letteraria dedicata al Portogallo di Antonio Tabucchi, in A Napoli con Raffaele La Capria (Perrone, pagine 168, euro 16), mappa di luoghi simbolici e letterari, con tanto di indicazioni su autobus e tragitti per arrivarci, sulla quale sono segnate le orme dell'autore di Ferito a morte, scomparso a giugno dell'anno scorso.
Dalla Gaiola agli scogli e alle grotte del golfo, da Chiaia a Coroglio, da Posillipo al corso Umberto, da Nisida a Capri, l'autrice racconta tra continue citazioni letterarie gli angoli della città che più hanno avuto un significato simbolico per La Capria.

È attorno a questa meta-geografia che Dudù ha costruito la sua Napoli realistica e immaginaria, raccontata e rappresentata come si può dare conto di un altare sacro dove, a chi si è purificato, gli dèi concedono l'iniziazione, un grado di conoscenza superiore. Altra strada profondamente lacapriana è via Mezzocannone, angolo via Sedile di Porto, dove c'è il bassorilievo di Orione-Colapesce. Un giorno Dudù confessò alla figlia Alexandra di sentirsi come Colapesce, e forse è stato per un errore della natura che «le mie mani e i miei piedi non sono forniti di membrane per meglio nuotare». Il ragazzo pesce fu uno strumento di contemplazione che suggerì allo scrittore di levigare il suo stile come quello di un animale marino. La bella scrittura ha l'ambizione di scorrere sulla pagina senza attrito, con naturalezza, come una spigola scivola silenziosa nell'acqua.

Se La Capria non fosse andato via da Napoli per trasferirsi a 28 anni a Roma, a pochi passi da largo di Torre Argentina, il libro avrebbe avuto molto più materiale su cui lavorare, ma è sempre possibile un secondo volume, magari un A Roma con La Capria, visto che nella capitale Dudù ha vissuto più di settant'anni.

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