Saviano: «I boss? Bestie, ma abbiamo molte cose in comune»

Saviano: «I boss? Bestie, ma abbiamo molte cose in comune»
di Francesco de Core
Sabato 14 Ottobre 2017, 08:45 - Ultimo agg. 12:31
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Aprire un libro di Roberto Saviano e leggere come prima istanza dell'effetto che fanno i baci, timidi o francesi, passionali o casti, non deve ingannare. No, non è un romanzo d'amore la nuova opera, ponderosa - 385 pagine belle fitte di una lingua impastata di slang e napoletanismi ben studiati - dell'autore di Gomorra. Perché poi ci si rende conto subito di quanto i baci siano tremendi - da cui appunto il titolo, Bacio feroce - nella saga dei ragazzini della Sanità diventati clan egemone dopo la scalata del primo atto, La paranza dei bambini. Ora non giocano a fare i grandi, Nicolas o Maraja, Dentino, Drago' e Biscottino; sono già grandi a dispetto delle barbe timide e dei desideri intimi più acerbi, perché alla fine l'età sempre quella resta a dispetto della posa, e della vita già vissuta. Vendette, tradimenti e passioni, delitti e agguati, parole sparate come colpi, dolore e morte, sapore di sangue appunto, come quello che lasciano certi baci, che «vogliono essere ciò che baciano»: esistenze compresse e bruciate all'ennesima potenza, la grande ossessione di Saviano nel cuore antico di Napoli, suo amore e tormento.

Saviano, perché un sequel letterario? Perché sentiva e sente la necessità di restare entro il perimetro criminale che riguarda i più giovani?
«Il materiale raccolto per La paranza dei bambini era talmente tanto che se non avessi pensato a un seguito non lo avrei mai chiuso. C'erano storie che non riuscivo a eliminare, come ad esempio la scena dell'ospedale, proprio all'inizio del libro, quando Nicolas per vendicare suo fratello tenta di uccidere il figlio di Biscottino. Il blitz in ospedale è realmente accaduto con dinamiche leggermente diverse, eppure sembra tutto inverosimile. Ancora una volta è la realtà a superare l'immaginazione».
«Bacio feroce» è un ossimoro. Deve esserci sempre questo conflitto senza sfumature tra bene e male nei suoi libri?
«Non riesco a fare a meno degli eccessi, ma allo stesso tempo le sfumature ci sono. Nella Paranza e in Bacio feroce le sfumature sono tutte nei pensieri dei protagonisti. In Gomorra era diverso, la materia era oggettiva, non potevo attribuire pensieri, non potevo azzardare ipotesi, non potevo immaginare sofferenze, redenzioni o dannazioni possibili. Era tutto accaduto e io lo stavo raccontando. Il ciclo della Paranza invece è fiction e io ci sono entrato con tutto me stesso. Tornando alla scena dell'ospedale, la canna della pistola sulla pancia del neonato, il respiro impercettibile che pure a Nicolas sembra un boato, ecco, secondo me è lì che stanno le sfumature, al di là dell'ossimoro nel titolo».
Non pensa a un effetto contrario nel lettore, di saturazione, anziché di presa di coscienza di un fenomeno?
«In queste ultime settimane ho sentito esponenti politici di ogni partito e schieramento dire che il tema dello Ius soli non va affrontato ora in Parlamento perché si fa un regalo alla Lega Nord e a Salvini. In poche parole, per non fare un favore a Salvini si fa esattamente quel che vuole Salvini. Questo c'entra con la domanda perché non temo l'effetto saturazione, temo di più l'effetto distrazione da un tema che è rilevante e con cui ciascuno dovrebbe fare i conti. Non si tratta solo di ragazzi criminali e non si tratta solo di Napoli, si tratta piuttosto di come vengono educati i ragazzi, con quali obiettivi. Vincere, vincere, vincere. E dove non ci sono prospettive? Dove mancano le opportunità, come si vince?».
Non ritiene che l'immagine di Napoli e la sua rappresentazione siano schiacciate dal gomorrismo, che tutto si riduca alla riproposizione di un solo schema come se altro non esistesse e avesse dignità?
«La quotidianità di Napoli, e di qualsiasi altro territorio, non si può ridurre a una sola dimensione. Però leggo assiduamente i siti di informazione e quello del Mattino, che tra i quotidiani nazionali è uno dei più attenti, per ovvii motivi, alla realtà partenopea, sembra un bollettino di guerra. Quando apro la home del Mattino il più delle volte penso che in fondo Napoli la tratto sin troppo bene nei miei libri. Leggo ora: Napoli: turista ferito da una bottiglia, Truffa al sistema sanitario, arrestati due farmacisti napoletani e poi si dà conto dei 28 chili di cocaina purissima sequestrati a Gioia Tauro. Queste notizie fotografano una realtà cittadina, meridionale e direi nazionale che non consente di girare la faccia dall'altra parte. Poi se vogliamo dirci che tutto va bene siamo liberissimi di farlo».
Il cortocircuito fiction-realtà, soprattutto per quanto riguarda «Gomorra la serie» e la «Paranza», è un tema che si ripropone drammaticamente. La ridondanza e l'effetto imitativo sono temi presenti quando lavora ai libri e alle sceneggiature, o pensa che non sia compito di chi scrive quello di calcolare gli effetti delle proprie azioni, ossia, nel suo caso, della parola scritta e pronunciata?
«Al contrario ritengo che si debba valutare il peso e l'impatto di ogni singola parola. Per La paranza dei bambini, per Bacio feroce, ma anche per Gomorra - La serie la materia su cui ho lavorato è la realtà. Tutto è preso dalla realtà, il modo di vestirsi, il taglio di capelli, i modi di dire: tutto. Questo significa che necessariamente una parte di pubblico si specchierà in quei racconti. Inoltre chi appartiene al Sistema, oggi come ieri, non ha le stigmate, non lo distingui da chi non è affiliato per caratteristiche fisiche o per l'abbigliamento. I ragazzi si vestono tutti più o meno allo stesso modo e certi tagli di capelli vanno di moda in maniera trasversale, così come i modi di dire appartengono a tutti. Questa premessa per dire che i camorristi sono persone come me e come chi sta leggendo queste mie parole; è questa similitudine che mi interessa mostrare, e mi interessa stimolare allo stesso tempo una riflessione che vada oltre la condanna. È vero, sono bestie, ma siamo sicuri che non hanno con noi nulla in comune? Denaro, potere, donne (o uomini, nel caso di boss donne) interessano solo a loro? Ovviamente no, eppure i camorristi che descrivo, per avere denaro e potere, fanno vite da topi, mai da leoni. Vengono traditi da tutti, finanche dalle persone più vicine, e a loro volta tradiscono tutti. Sacrificano, anche fisicamente, i propri familiari per un potere che non potranno mai esercitare e per denaro che potranno spendere solo per gestire la latitanza. Detto con franchezza, ma davvero esiste il rischio emulazione?».

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