Un film sul tesoro della domus
del Menandro

Un film sul tesoro della domus del Menandro
di Carlo Avvisati
Lunedì 24 Ottobre 2016, 15:47 - Ultimo agg. 25 Ottobre, 10:48
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Ricostruisce la storia di uno dei più importanti rinvenimenti d’argenterie (secondo solo a quello del Tesoro di Boscoreale, per peso e numero di pezzi) mai effettuato nelle aree archeologiche vesuviane, il docufilm «Il tesoro della Casa del Menandro. Cronaca di una scoperta archeologica» che verrà proiettato giovedì 27 ottobre alle 17, nei saloni del Palazzo dei duchi di Santo Stefano, a Taormina. Il lavoro, che tra qualche settimana sarà possibile visionare «entrando» nell’area virtuale del «Portale numismatico» dello Stato, racconta del ritrovamento di questo tesoro costituito da argenterie, gioielli e monete da parte di Amedeo Maiuri, l’archeologo che in quasi mezzo secolo di indagini e scavi riportò alla luce quanto attualmente è possibile vedere di Ercolano e Pompei.
 



Ad introdurre lo spettatore nella domus, appartenuta a un familiare dell’imperatrice Poppea, terza moglie di Nerone, sono Serafina Pennestri e Antonio Varone, che hanno curato il docufilm realizzato dal Poligrafico e dalla Zecca dello Stato. Varone, archeologo, direttore degli scavi di Pompei per un decennio, narra di come, tra il 1926 e il 1932, venne scavata la casa e conduce chi guarda alla scoperta degli ambienti dove venne trovata la cassa con argenterie e gioie. Serafina Pennestrì, responsabile del Portale numismatico dei Mibact, ha invece il compito di illustrare la finezza degli argenti, di dire della loro importanza e del loro «salvataggio», oltre che delle monete e delle gioie trovate in una cassettina nascosta all’interno del forziere. Il tesoro del «Menandro», così detto da un affresco con l’immagine appunto del poeta Menandro, è conservato all’archeologico di Napoli ed è formato da 108 stupendi pezzi cesellati (vasellame da tavola, per bere e da toeletta) numerosi e pregiati gioielli, un gruzzolo di monete: 13 aurei e 33 denari d’argento.

Il filmato è stato mostrato oggi in anteprima alla stampa, nel corso della conferenza di presentazione del convegno «Medaglieri Italiani: La storia che ci appartiene». Il workshop, che aprirà tra Taormina e Siracusa, in Sicilia, da giovedì 27 a sabato 29 ottobre, racconterà attraverso delle specialissime testimonianze: le monete, la storia dell’Italia, dei comuni, dei ducati, delle signorie, del medioevo, sino al periodo romano e greco. L’obiettivo è quello di fare il punto sulla capacità di fare sistema e offrire alla fruizione turistica i medaglieri d’Italia, una tra le più interessanti evidenze che assieme a quelle archeologiche, librarie, artistiche e architettonico–paesaggistiche vanno a costituire il variegato mondo dei Beni culturali del Belpaese. La manifestazione, promossa dalla Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del Turismo, è articolata in una serie di eventi destinati sia al settore istituzionale sia al grande pubblico ed è curata da Serafina Pennestrì. «Puntiamo a uscire dai musei attivando l’interesse alla tutela del patrimonio culturale tanto nelle scuole quanto nei giovani - sottolinea la Pannestrì -. Oltre ovviamente a suscitare curiosità: pensi che per la prima volta la

Zecca dello Stato esce dai “palazzi” deputati e proporrà in diretta il conio di una moneta antica». Si tratta del «Tauromenion» d’argento, moneta del III secolo avanti Cristo che a Taormina, l’antica Tauromenion, venne battuta dalla locale zecca e nelle città dell’isola era moneta corrente. Una finestra interessante sarà quella che si aprirà sulle vetrine virtuali dei Medaglieri conservati nei principali Musei italiani, consultabili in rete sul Portale Numismatico, nelle quali si potranno ammirare molti esemplari offerti alla fruizione pubblica. Tra essi, appunto il medagliere che sta all’Archeologico di Napoli che con i suoi 150 mila esemplari (quindicimila solo le monete trovate negli scavi di Pompei) racconta la storia monetaria dell’Italia meridionale dal VI secolo avanti Cristo all’epoca dei Borbone.
 

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