Le Sirene Migranti di Franz Cerami a Pietrelcina e a Milano

Un'opera di Franz Cerami dall'installazione "Sirene Migranti"
Un'opera di Franz Cerami dall'installazione "Sirene Migranti"
di Donatella Trotta
Lunedì 26 Dicembre 2016, 22:38
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Come Cenerentola, anche la Sirena - non a caso mito fondativo dell’antica Parthenope - è icona che attraversa il folclore di molte culture del mondo, dal Medio Oriente all’Europa, dall’Africa all’Asia. Nelle sue Leggende napoletane pubblicate nel 1885, un’appassionata Matilde Serao ventenne così la rievoca, ad esempio, nella sua «lettera d’amore a Napoli» stilata con l’enfasi della sua ardente gioventù: «Parthenope non è morta, (...) non ha tomba, Ella vive, splendida giovane e bella, da cinquemila anni; corre sui poggi, sulla spiaggia. È lei che rende la nostra città ebbra di luce e folle di colori, è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene (...) quando vediamo comparire un’ombra bianca allacciata ad un’altra ombra, è lei col suo amante, quando sentiamo nell’aria un suono di parole innamorate è la sua voce che le pronunzia, quando un rumore di baci indistinto, sommesso, ci fa trasalire, sono i baci suoi, quando un fruscio di abiti ci fa fremere è il suo peplo che striscia sull’arena, è lei che fa contorcere di passione, languire ed impallidire d’amore la città. Parthenope, la vergine, la donna, non muore, non muore, non ha tomba, è immortale ...è l’amore».

La sensibilità culturale di Franz Cerami - napoletano, classe 1963, artista d’arte contemporanea avvezzo a confrontarsi con le nuove tecnologie, le risorse dell’orizzonte multimediale e i linguaggi digitali - ha ora rivisitato questa tradizione: attualizzandola però in una significativa ibridazione tra diverse rappresentazioni del femminile contemporaneo sullo sfondo complesso e cangiante delle donne migranti che sono diventate, per l’artista, «Sirene Migranti». Ossia, una pluricromatica opera in movimento che punta i riflettori esclusivamente sul volto nascosto (e più sofferente, rispetto agli uomini) della migrazione: quello femminile. Si intitola, infatti, proprio «Sirene Migranti» la nuova installazione di mapping video e “pitture analogiche” che Cerami - direttore artistico di Monumedia, la Mostra internazionale sui linguaggi digitali applicati ai Beni Culturali, oltre che docente di Storytelling digitale all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli e responsabile di Master e laboratori internazionali - proietterà il 27 e 28 dicembre (dalle ore 19) sulla facciata degli edifici di via Riella a Pietrelcina, il paese di San Pio in provincia di Benevento.

Un originale intreccio tra sacro e profano messo a fuoco, nella mostra digitale allestita anche nelle sale del Comune sannita, attraverso una full immersion multisensoriale favorita dall’oscurità, tra suoni ritmati e proiezioni in loop dei ritratti delle donne migranti (africane, mediorientali, orientali) raccontate dalle immagini ma anche da interviste ad esperti come gli antropologi Marino Niola ed Elisabetta Moro e l’italianista Paola Villani, storica delle letterature di viaggio. Un progetto - finanziato dalla Regione Campania nell’ambito degli «Itinerari culturali e religiosi. Speciale Pietrelcina» (Poc 2016/2017) - tecnicamente complesso. Ma di grande impatto visivo (ed emotivo): frutto di centinaia di incontri (e ritratti) di donne provenienti dall’Oriente, vicino ed estremo, che Cerami ha intercettato con pazienza e attitudine all’ascolto, identificando nei racconti e nei volti di queste figure invisibili del viaggio per necessità, disperazione e fuga dalle violenze non soltanto le nuove Sirene, ma anche novelle madonne, muse, fate e persino streghe: ritratte da Cam Portraits, Mapping Faces, Remix the Classic e bozzetti dipinti ad olio che raffigurano visi animati. Donne colorate e capaci di trasmettere colori, accomunate tutte, nella diversità, dalla speranza contro ogni speranza di ormeggiare infine in un porto sicuro e accogliente, al termine di avventurose traversate.

Il tema non è insolito per Cerami, che dal 2012, per due anni, riprese con la sua telecamera circa 800 migranti italiani anche di seconda generazione, residenti in Brasile (dove i nostri connazionali sono una comunità che, secondo dati della Farnesina, conta 25 milioni di persone). Un progetto allora realizzato in collaborazione con il ministero della Cultura del Brasile che, grazie alla legge Rouanet (che incoraggia le donazioni di privati a favore di iniziative culturali), creò un primo scenario di «mapping video». Ora, Cerami si è concentrato sul flusso di straniere in entrata in Italia, che disegna scenari inediti di convivenza: come raccontano Antonio Rezza e Flavia Mastrella nel provocatorio docufilm «Milano, Via Padova», opera che interpella sui problemi di razzismo, insofferenza e convivenza forzata di una zona vivacissima e multietnica del capoluogo lombardo: dove, non a caso, farà tappa dopo Pietrelcina anche la nuova opera di Cerami: «Milano - spiega l’artista - è diventata una città-simbolo, visto l’elevato numero di immigrati i quali, entrando a far parte oramai del tessuto cittadino, stanno riformulando la città sotto l’influenza della loro cultura e tradizione. L’Italia, dunque, non è più il paese da cui si parte, ma uno dei paesi nel quale si approda per cercare fortuna». Devianze terroristiche a parte.

Lo conferma Stefano Rolando, docente di Comunicazione pubblica e Public Branding all’università Iulm di MIlano, a capo dell’Associazione Brand Milano: «Il progetto di Cerami si adatta perfettamente alla città come è oggi - sottolinea -. L’antica antitesi tra borghigiani e contado, rimasta un po’ tra Milano e la Lombardia, ha infatti lasciato il posto alla coesistenza, nella vita sociale e produttiva urbana, di nativi e adottivi: quest’ultima concezione, sempre più globalizzata rispetto ai nostri meridionali del dopoguerra, che hanno fatto grande la città». Ancora una volta, a vincere è il principio di ibridazione: capace di costruire identità locali e globali, ovvero glocal. Come quelle delle donne migranti ritratte da Cerami: «Sono Sirene alla ricerca di un luogo in cui approdare e fondare una nuova comunità» dice l’artista: «e come la sirena Parthenope, proveniente dal mare, rifondò la città che sarebbe divenuta Neapolis, così le migranti odierne, anche loro tragicamente provenienti dal Mediterraneo e non solo, rifonderanno l’Europa, dando vita ad una nuova umanità occidentale e investendo sul futuro».

Le proiezioni video, realizzate con un’elaborata tecnica di rilevazione degli ingombri dell’edificio su cui viene proiettata l’installazione, reinterpretando i pieni e i vuoti, realizza così una sorta di immaginifica poesia animata che attraverso video di volti e parole raffigura pure una mappa delle singole migrazioni. «Sirene Migranti è un’installazione di Arte Globale» aggiunge Cerami: «Un racconto. Un nuovo modo di raccontare le persone. Un’opera aperta. Non si tratta di illuminare un paesaggio ma di evocare un significato per certi versi nuovo, ma riconducibile a fenomeni senza tempo». Sirene Migranti, prosegue, è dunque «un omaggio alle nuove fondatrici, il loro ritratto: un ritratto animato, disegnato, colorato, un mix di segni, colori, culture. Un remix», conclude l’artista.
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