«HO.me»: l'emigrazione e l'ospitalità nello sguardo e nel cuore di VernicefrescaTeatro

«HO.me»: l'emigrazione e l'ospitalità nello sguardo e nel cuore di VernicefrescaTeatro
di Donatella Trotta
Venerdì 16 Settembre 2016, 22:35
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«Ho me»: ma non mi basto, non posso bastarmi. Soprattutto se il guscio protetto della mia «casa» (home, in inglese) non si apre all’accoglienza dell’altro: ovvero, all’imprevisto dell’incontro/scontro che crea - comunque - relazioni. Autentiche. Capaci cioè di sprigionare, più che “integrazioni”, interazioni dialogiche: presupposto di ogni civile convivenza che trasformi l’hostis, lo straniero e (presunto) nemico, in hospes, ospite. Home (ma anche Heimat, patria) come preludio insomma di appartenenze - non necessariamente a un luogo, a un tempo - e come specchio, spesso opaco, di identità sradicate, lacerate, esiliate. Dalla verità originaria che è dentro di sé, prima ancora che dalla propria terra d’origine. Identità, insomma, in questione sin da quando, come scriveva Martin Heidegger nella sua famosa lettera sull’«umanismo» del 1946, «la spaesatezza diviene un destino mondiale».

È una originale riflessione sull’annoso (e talvolta ab-usato) tema dell’ospitalità e delle migrazioni, metaforiche e reali, lo spettacolo dal non casuale titolo «HO.me», al suo debutto sabato 17 settembre alle 20,30 (con replica domenica 18, stessa ora) sul palco milanese di FE Fabbrica dell’Esperienza, storico spazio di ricerca, formazione e creazione artistica in via Francesco Brioschi 60. Ma è anche una singolare sinergia campano-lombarda, questo spettacolo generato da una bella storia di passioni e progettualità condivise, che unisce la provincia meridionale e il nord urbano, artisti emergenti e collaudati, e che vale la pena di raccontare, ben oltre la doverosa segnalazione di cronaca dell’evento.

A firmare la regia dello spettacolo, nato da un’idea di Martha Festa - che ha vinto la terza edizione del bando Amapola R-esistenze Creative, con tanto di residenza di un mese presso il centro FE -, è infatti l’attore, regista e formatore napoletano Massimiliano Foà, già mimo (che ha assimilato il metodo Decroux-Lecoq), oltre che poliedrico interprete, in scena (secondo il metodo Stanislaskij-Strasberg) dell’arte magica del teatro praticata a 360 gradi anche per e con i ragazzi, da narrat(t)ore e persino da «attore digitale» per noti studi di animazione. Dal 2008, Foà è carismatico coach dell’accademia Vernicefresca Teatro di Avellino (operoso sodalizio irpino che nasce nel 2003 come progetto per un centro di didattica, ricerca e formazione teatrale e dei linguaggi dello spettacolo dal vivo, poi diventa scuola e compagnia di giovani, impegnata in molteplici iniziative territoriali), dove è appunto nata l’omonima giovane compagnia composta, tra gli altri, dalle quattro attrici irpine (dai 22 ai 30 anni) protagoniste di «HO.me»: Jessica Festa, Martha Festa, Rossella Massari e Arianna Ricciardi (nella foto, con Foà).

In «HO.me», le giovani interpreteranno quattro donne sullo sfondo di una imprecisata città: Prima e Seconda, due “sorelle” che vivono insieme; Vicina, che se ne va in giro armata di un fucile carico; e Ultima, una straniera che arriva dal mare e sarà uno dei perni del cambiamento. Non solo. Questa produzione di Vernicefresca Teatro si avvale anche della drammaturgia di una giovane milanese, Valentina Gamna, che ha lavorato “sperimentando” le sue parole sul campo, in una sorta di scrittura collettiva condivisa per tutta l’estate prima del debutto a Milano con le attrici e con Foà, che ha coinvolto nell’avventura anche Massimo Cordovani, «napoletano a Milano», per le musiche originali e le sonorizzazioni; Maurizio Iannino per gli elementi scenografici e il disegno luci; Simonetta Ricciarelli per i costumi - “donati” alla roduzione dalla generosità dell’artista - e Alessia Bussini per la bella locandina, che raffigura sinteticamente un grande occhio incorniciato nel ventre di una balena stilizzata.

«Le balene - spiega Foà alla vigilia del debutto - sono un'allegoria potente delle paure, delle ossessioni, dei desideri e dei limiti umani, in una continua oscillazione tra dentro e fuori, emerso e sommerso. Non a caso ricorrono in testi letterari importanti. In questo lavoro, noi abbiamo cercato di far emergere simbolicamente, con una sensibilità tutta al femminile, ciò che è sommerso nell’immaginario collettivo intorno al tema della migrazione e dell’accoglienza. In un’azione di ping pong con la brava dramaturg Valentina Gamna, abbiamo così verificato, sperimentato e trasformato il suo testo insieme, con la voce e con il corpo. Per cercare di toccare, e tirar fuori, la parte più intima dell’essere umano. Perché il problema vero non è tanto nell’altro, quanto in ciò che è nella nostra testa. Ed è molto bello che Martha Festa, mia ex allieva, dopo un triennio di perfezionamento a Milano e la partecipazione vittoriosa al bando di Fabrica abbia voluto realizzare lo spettacolo non da sola, ma con Vernicefresca: una nuova e avvincente sfida per il gruppo».

Una sfida declinata, in «HO.me», nell’oscillazione tra partenze e arrivi, approdi e fughe, confini e sconfinamenti; ma anche tra atavico terrore di tutto ciò che è diverso dalla rassicurante, routinaria e oppressiva quotidianità e l’apertura dello sguardo a un “oltre” che fa crollare i muri di certezze, convinzioni, (pre)giudizi lasciando baluginare orizzonti altri. Che possono anche capovolgere le nostre regole. «Sino a farci comprendere - conclude Foà - che la nostra casa è, prima di tutto, corpo e anima: indipendentemente da chi sei, dove sei, come vesti e da dove vieni». Già: un modo, secondo lo spirito di Fabbrica Esperienza, di «testimoniare il presente, per delineare il futuro».
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