La lettera della preside: «Non è necessaria una scuola bella. A noi basterebbe una scala di emergenza»

Mercoledì 20 Agosto 2014, 09:58
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“Scuole belle”: è questo il nome, evocativo e promettente, del progetto del Ministero dell’Istruzione - inaugurato con la visita del sottosegretario Roberto Reggi alla scuola elementare “Flavio-Gioia” di Napoli lunedì 4 agosto – che dovrebbe riqualificare le scuole di Napoli, investendo entro l’anno 37 milioni di euro.



Forse non molti sanno, e non tutti ricordano, che, dal lontano 2010, alle scuole della Campania è stato offerto un finanziamento ben più consistente: nella sola Provincia di Napoli, sono stati 66 gli istituti superiori ammessi a un finanziamento di 754.000 euro ciascuno, per un totale di oltre 48 milioni di euro. La finalità - espressa in un italiano burocraticamente ed eufemisticamente ardito - era quella di migliorare l’”attrattività” degli edifici scolastici, ovvero – per parlar chiaro – di garantirne, in alcuni casi, la sopravvivenza e uno sviluppo adeguato alle esigenze di un territorio che ha fame di spazi, di risposte, di diritto allo studio.



Sono il preside di un istituto che, negli ultimi quattro anni, ha aumentato la propria popolazione scolastica di oltre trecento studenti: mancano le aule, i laboratori, mancano persino i banchi. Manca una scala di emergenza, oggetto di una delibera provinciale che da sei anni attende di essere attuata, malgrado il finanziamento già individuato, disposto e accantonato. La possibilità dei finanziamenti europei mi è parsa un’occasione da non perdere: un’occasione unica, forse l’ultima per garantire alla scuola, che ho la responsabilità e l’orgoglio di dirigere, un’offerta formativa all’altezza delle aspettative di quegli studenti e di quei genitori, i quali talvolta scelgono di allontanarsi dai comuni di residenza, nella periferia settentrionale della città, per studiare di più e meglio. Ma un’offerta formativa di tale, doveroso livello ha bisogno di un contenitore adeguato e sicuro.



Perciò chiedo alle Autorità della Provincia:



- Perché, a loro avviso, i finanziamenti europei sono stati assegnati direttamente alle scuole, invece che all’ente proprietario degli edifici – la Provincia, appunto – che è il solo a possedere professionalità adeguate alla gestione di tali fondi comunitari?



- Perché, se la Legge 23/1996 attribuisce alle Province “competenza primaria in relazione alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici in cui hanno sede le scuole del secondo ciclo”, e se l’art. 15 della legge 241/90 prevede una procedura semplificata per le “attività di interesse comune”, in modo tale che un’autorità pubblica possa adempiere ai propri compiti anche in collaborazione con altre amministrazioni, in alternativa allo svolgimento di procedure di evidenza pubblica, non si è ancora costituita una Stazione Unica Appaltante – come era previsto da una bozza originaria degli accordi stipulati tra la Provincia e i responsabili delle istituzioni scolastiche – “al fine di accelerare le procedure di attuazione del Piano di Interventi”?



- Perché nella versione definitiva di tali accordi l’impegno di bandire e gestire gare di appalto pubbliche – con tempi che fatalmente si dilatano – è stato attribuito alle singole istituzioni scolastiche, le cui segreterie sono oberate di lavoro di tutt’altro genere, mentre spesso sia il Dirigente Scolastico, sia i docenti, sono del tutto privi di competenze specifiche?



Non è forse nell’interesse della Provincia – la quale, ricordiamolo, è l’ente proprietario degli edifici scolastici – usufruire al meglio e al massimo di un’opportunità irripetibile per renderli adeguati, sicuri, e magari anche più “attrattivi”?



Perché da sei anni attendiamo la costruzione della seconda scala di emergenza?



Last, but not the least: perché, dopo un anno di inutili richieste e di ancor più inutili attese, abbiamo dovuto investire oltre 8.000 euro dei contributi volontari degli studenti per assicurare lori i banchi sui quali sedersi?



Ormai il tempo stringe: tra un anno, se non verranno spesi, i fondi europei torneranno indietro. E dietro, dentro le istituzioni ci sono donne e uomini che devono poter contare su di un servizio pubblico, ovvero essere messi in condizione di fornirlo, ciascuno secondo le proprie competenze, nel rispetto delle responsabilità che ciascun ruolo prevede.



Silvia Parigi

Dirigente Scolastico del Liceo “Comenio” di Napoli