Banche, il governo tratta con la Ue su sofferenze e risparmio

Banche, il governo tratta con la Ue su sofferenze e risparmio
di Luca Cifoni
Sabato 2 Luglio 2016, 00:22 - Ultimo agg. 20:57
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Le trattative sono in corso, anche in queste ore, e coinvolgono in prima persona lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Nessun appuntamento ufficiale, ma il pressing del governo italiano sull’Unione europea prosegue con l’obiettivo di affrontare i reali problemi del sistema del credito: le sofferenze che ormai da settimane zavorrano i titoli del comparto e la necessità di ammorbidire se non proprio sospendere le procedure del bail-in. Il paracadute da 150 miliardi di euro sotto forma di garanzie pubbliche - destinato ad aprirsi in caso di una eccezionale quanto improbabile crisi di liquidità - non è non poteva essere una soluzione, come è stato chiaro fin dall’inizio. Ieri dopo un iniziale movimento in senso contrario mercati si sono limitati a prenderne altro, penalizzando ancora una volta le quotazioni azionarie degli istituti di credito.

LE FORMULE Dunque serve altro ed è su questo che si lavora tra Roma e Bruxelles, come ha confermato ieri lo stesso presidente della commissione Juncker. L’obiettivo è fare presto, anche se è ragionevole ipotizzare che l’eventuale intesa non arriverà in tempi immediati. Si tratta di individuare una soluzione che superi i vincoli posti dalle regole europee e ribaditi dalla stessa Angela Merkel. Il ventaglio delle formule tecniche messe a punto è ampio e ciascuna porta con sé vantaggi e svantaggi. Si va dalla ricapitalizzazione delle banche da parte dello Stato con un impegno non lontanissimo dai 40 miliardi, all’emissione di appositi titoli pubblici che dovrebbero accompagnare la cessione dei non performing loans, fino all’incremento dell’impegno della Cassa Depositi e Prestiti nel fondo Atlante. Tutto ruota intorno alla differenza, appunto 40 miliardi, tra la valorizzazione teorica della massa delle sofferenze e quella ritenuta effettiva, a prezzi di mercato.

 

L’intervento diretto dello Stato, oltre ad essere oneroso in termini di bilancio pubblico, e ad avere un impatto sull’attuale assetto proprietario degli istituti, deve fare i conti con la filosofia delle regole europee, pensate dopo la grande stagione di crisi bancarie proprio per evitare che il contribuente fosse di nuovo chiamato a tappare le falle. Probabilmente potrebbe essere giustificata solo in situazioni davvero eccezionali: l’esito del referendum britannico, per quanto devastante a vari livelli, di per sé non basterebbe. Anche se in queste ore stanno diventando maggiormente evidenti le difficoltà di altri colossi del credito, come Deutsche Bank e Credit Suisse: difficoltà che - nota il Wall Street Journal - sono amplificate proprio in conseguenza della Brexit.

IL REGOLAMENTO Tema collegato ma distinto è quello delle conseguenze che proprio le regole del bail-in, entrate pienamente in vigore all’inizio di quest’anno, provocherebbero in caso di nuove procedure di risoluzione. Per attenuarle occorrerebbe sfruttare al massimo la casistica già prevista dal Regolamento del 2014 con il quale è stato introdotto il Meccanismo di risoluzione. Ad esempio l’articolo 27 prevede che in circostanze eccezionali alcune categorie di passività possano essere escluse dall’eventuale conversione o svalutazione. Quindi a differenza di quanto avvenuto a novembre con le 4 banche (in una situazione legislativa che era però ancora intermedia) potrebbero ad esempio essere salvate le obbligazioni subordinate o ad esempio i depositi al di sopra dei 100 mila euro.

Perché ciò sia ammissibile si devono però verificare casi ben precisi, ad esempio il rischio di un contagio tale da perturbare il mercato finanziario.

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