Banche venete, c'è l'ultimatum
di Intesa sul decreto di salvataggio

Banche venete, c'è l'ultimatum di Intesa sul decreto di salvataggio
di Roberta Amoruso e Rosario Dimito
Martedì 27 Giugno 2017, 08:58 - Ultimo agg. 10:23
2 Minuti di Lettura
Roma. Il salvataggio di Popolare Vicenza e Veneto Banca consentirà di «salvaguardare l'occupazione, i risparmi di 2 milioni famiglie e l'attività di 200 mila imprese», promette Intesa Sanpaolo. Scongiurato «l'effetto domino», spiega il presidente Gian Maria Gros-Pietro, in un'operazione che - parole di Fabio Panetta, vicedg Bankitalia -, ha un costo per lo Stato «molto contenuto o addirittura nullo». La banca guidata da Carlo Messina, che ieri ha ribadito con forza che l'istituto «non ha ricevuto nessun regalo», si è dotata di un paracadute: in caso di modifiche del decreto del governo nel senso che diventasse più oneroso e non fosse convertito, è prevista una clausola risolutiva per sfilarsi.
L'operazione ha ricevuto ieri l'approvazione anche dall'agenzia di rating Moody': «È positiva per Intesa, aumenterà l'attuale base di clienti». In particolare, la cessione di asset prevede «un perimetro segregato» che esclude i crediti deteriorati, le obbligazioni subordinate emesse, nonché partecipazioni e altri rapporti considerati poco funzionali all'acquisizione». Il pacchetto comprende crediti in bonis ad alto rischio per circa 4 miliardi, con diritto di Intesa di retrocessione nel caso entro il bilancio 2020, degenerassero in sofferenze o inadempienze probabili. Quanto al ristoro dei piccoli risparmiatori detentori di bond subordinati, Intesa stanzierà 60 milioni. Al resto dei rimborsi penserà il Fondo interbancario (circa 240 milioni), secondo gli stessi criteri utilizzati per le quattro banche. Passeranno a Intesa le partecipazioni in Banca Apulia e Banca Nuova, in Moldavia, Croazia e Albania e quelle in Sec servizi, Servizi Bancari, bond senior (11,8 miliardi), raccolta indiretta per 23 miliardi, circa 900 sportelli in Italia e 60 all'estero, circa 9.960 persone in Italia.

L'esborso per lo Stato sarà di circa 4,8 miliardi. Di questi, 3,5 rappresentano il contributo pubblico cash a copertura degli impatti sui coefficienti patrimoniali, esentasse, da aggiungere a 1,285 miliardi di contributo pubblico cash a copertura degli oneri connessi all'acquisizione: riguardano tra gli altri la chiusura di circa 600 filiali e l'applicazione del fondo di solidarietà per l'uscita volontaria di 3.900 persone del gruppo. Per Bankitalia «non è un regalo» a Intesa, e nemmeno un salasso per lo Stato e i contribuenti. La liquidazione ordinata è «un'operazione necessaria» e «nel rispetto delle regole» per evitare «uno choc sanguinoso» per il sistema bancario, i risparmiatori e l'economia. Alla fine lo Stato «potrebbe anche guadagnarci». Ne sono convinti i vertici di via Nazionale, a partire da Panetta che ha fatto da regista anche rispetto all'Europa, fino al capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo. I 17 miliardi circolati come il costo per lo Stato «non esistono» dice Panetta. Lo Stato, sottolinea, ha un esborso di 4,8 miliardi e si impegna con garanzie per 12 miliardi difficilmente attivabili a fronte però di un attivo, composto da crediti e partecipazioni «capiente» che, grazie a una gestione paziente della Sga, potrà restituire risorse.