Contratti e fisco
le carte del governo per la flessibilità

Contratti e fisco le carte del governo per la flessibilità
Martedì 23 Agosto 2016, 21:40
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La riforma della contrattazione non è mai stata una partita facile, tanto meno oggi in una fase di crescita debole. Ma arrivare a rivedere profondamente il modello contrattuale nel segno di una maggiore produttività potrebbe avere effetti non solo in termini di Pil e di bonus salariali. Un nuovo sistema di contrattazione, unito alla riorganizzazione delle tax expenditures, all'approvazione del ddl concorrenza e al varo di Industria 4.0, potrebbe infatti rappresentare per l'Italia una importante carta da giocare in sede Ue nella richiesta di maggiore flessibilità sui conti pubblici.

La materia è affidata alla trattativa tra sindacati e Confindustria, che riprenderanno le fila giovedì primo settembre, ma la riforma è inserita nel cronoprogramma del Def tra gli obiettivi che il governo punta a portare a casa entro il 2016 e che potrebbe, appunto, figurare tra le «nuove riforme» su cui invocare l'apposita clausola europea ed ottenere più margine di deficit.

Al momento il tavolo tra le parti si è concentrato sulle emergenze legate al mondo del lavoro (ammortizzatori sociali in scadenza, gestione delle cosiddette «crisi complesse», modifiche del Jobs act) e su queste un primo documento condiviso potrebbe essere redatto già la prossima settimana. Allo stesso tempo però sulla contrattazione passi avanti importanti sono stati fatti tra sindacati e mondo dell'artigianato e del commercio, con cui un accordo sembra possibile in tempi più rapidi, probabilmente già entro settembre. Anche se sulla trattativa con Confindustria pesa lo stallo del contratto dei metalmeccanici, il raggiungimento di un accordo con il terziario potrebbe comunque spingere anche sul manifatturiero.

«C'è chi dice che siamo all'ultimo chilometro, chi all'ultimo metro - spiega il segretario confederale della Cisl Gigi Petteni - ma comunque il traguardo si vede. È una partita che possiamo giocare in questa fase». Un accordo tra le parti sul quadro normativo potrebbe così andare di pari passo con un intervento a favore della produttività che il governo punta ad inserire nella prossima legge di bilancio per rendere più vantaggiosa e capillare la contrattazione di secondo livello. L'idea circolata in questi giorni è quella di un potenziamento della defiscalizzazione del salario di produttività in vigore da quest'anno, garantendo l'agevolazione del 10% fino a 80.000 euro di reddito (dagli attuali 50.000) su un importo non più di 2.000 ma di 4.000 euro.

Presentandosi in Europa, Roma potrebbe però avere al suo arco anche altre frecce. Secondo il governo, la Brexit ha costituito e costituisce sicuramente una di quelle che vengono identificate come «circostanze eccezionali» per invocare la flessibilità (come già accaduto per emergenza migranti e sicurezza). Tra le nuove riforme pro-crescita in fieri, l'esecutivo potrebbe inoltre annoverare le liberalizzazioni del ddl concorrenza, la revisione delle agevolazioni fiscali di cui è incaricata la Commissione Marè, la promessa revisione del catasto, l'appena approvata riforma del bilancio, il taglio dell'Ires e dal 2018 dell'Irpef, il piano Industria 4.0 inserito nel progetto Finanza per la crescita, il compimento della riforma della giustizia.

Un elenco a cui si aggiungerebbe anche la messa a punto del Testo unico sulla famiglia, che, secondo Enrico Costa, potrebbe essere accompagnato anche da misure ad hoc per la natalità, da rendere, negli obiettivi del ministro, strutturali e non più spot. In ballo resta inoltre anche la complessa questione del ricalcolo dell'output gap, per cui Italia e altri 7 Paesi membri hanno fatto appello alla Commissione.
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