L'indagine riguarda la «massiccia» vendita «nel brevissimo termine» di 7 degli 8 miliardi di euro di titoli di Stato italiani che, all'inizio del 2011, Deutsche Bank aveva in portafoglio. Secondo il pm inquirente, Michele Ruggiero, la vendita fu «autorizzata e/o comunque disposta» dall'allora management della banca con «condotte artificiose, a carattere informativo ed operativo, da ritenere manipolative del mercato». Sempre secondo l'accusa, Deutsche Bank in tre pubblicazioni di febbraio-marzo 2011, definì sostenibile il debito sovrano dell'Italia, ma nascose ai mercati finanziari le sue reali intenzioni di ridurre subito e drasticamente i titoli italiani in portafoglio.
Questa volontà della Banca risulta invece - a giudizio della procura - dalla massiccia vendita di titoli di Stato italiani fatta 'over the counter', senza che fosse divulgata al mercato finanziario regolamentato e giustificata «falsamente» a posteriori (nell'informativa del giugno 2011) con la necessità di ridurre la sovraesposizione del gruppo al rischio sovrano dell'Italia, a seguito dell'acquisizione di Postebank di fine 2010. Nello stesso periodo, Deutsche Bank acquistò circa 1,4 miliardi di Credit Default Swap (Cds) di copertura sull'esposizione al rischio Italia.
Questi acquisti - secondo l'accusa - non furono comunicati dal gruppo bancario né ai mercati finanziari né al Mef.
Solo nel giugno 2011, con la pubblicazione da parte di DB dell«Interim Report', il mercato e tutti gli operatori - è scritto negli atti - seppero »improvvisamente della drastica, massiccia e repentina riduzione dell'esposizione al rischio Italia da parte di DB, interpretandola ragionevolmente e secondo le ordinarie logiche di mercato come un chiaro segnale di sfiducia del gruppo nei confronti della tenuta del debito sovrano italiano«.