La Ue tratta sugli aiuti di Stato: il nodo di chi paga i salvataggi

La Ue tratta sugli aiuti di Stato: il nodo di chi paga i salvataggi
di David Carretta
Martedì 5 Luglio 2016, 09:18 - Ultimo agg. 6 Luglio, 14:25
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STRASBURGO - Limitare l'impatto del bail-in sui risparmiatori, ma imponendo pesanti perdite agli azionisti e agli investitori istituzionali: la Commissione europea ieri ha confermato la volontà di andare incontro ad alcune richieste dell'Italia per mettere al sicuro il sistema bancario, ma senza rimettere in discussione le regole entrate in vigore a inizio dell'anno sui salvataggi degli istituti di credito. «Ci sono un certo numero di soluzioni che sono pienamente in linea con le regole per affrontare carenze di liquidità o di capitale nelle banche senza effetti negativi per gli investitori retail», ha spiegato il portavoce dell'Antitrust europeo, ribadendo che i contatti tra la Commissione e il governo sono in corso.

I PALETTI
La trattativa è difficile, tanto più che alcuni paesi fanno pressioni su Bruxelles per evitare di mostrarsi troppo flessibile. L'Italia vorrebbe evitare di toccare gli investitori istituzionali (banche, assicurazioni, fondi di investimento, intermediari finanziari) per non correre il pericolo di un effetto valanga su tutto il sistema. Ma l'esecutivo comunitario insiste sulla necessità di applicare il bail-in agli azionisti e agli investitori istituzionali delle banche che dovrebbero essere ricapitalizzate con aiuti di Stato. La Commissione, per contro, è disponibile a fare concessioni sui risparmiatori a cui le banche hanno venduto obbligazioni subordinate (i cosiddetti investitori retail) senza che fossero pienamente informati dei rischi.
 
Il tempo stringe. Aldilà del crollo del valore dei titoli in borsa, iniziato ben prima della Brexit, il 29 luglio sono attesi gli esiti dei prossimi stress test dell'Autorità Bancaria Europea. Entro quella data il governo e la Commissione devono trovare un accordo se non vogliono correre il pericolo di una crisi che secondo diversi analisti potrebbe travolgere anche il resto della zona euro. Per l'agenzia di rating Fitch, «la volatilità dei mercati che ha seguito la Brexit ha colpito in modo particolarmente duro il settore bancario italiano perché è uno dei più deboli in Europa». L'azione del governo per rafforzare la qualità degli attivi o il capitale delle banche senza far scattare il bail-in sarebbe «positiva», ma «gli ostacoli» posti dalla legislazione europea rendono «una soluzione più difficile», ha spiegato Fitch. Se l'intransigenza persiste, «l'Ue rischia di innescare una tragica ripetizione della crisi della zona euro del 2011», ha avvertito Patrick Jenkins del Financial Times.

La base del negoziato tra Roma e Bruxelles sono la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD) e le linee guida sugli aiuti di Stato, che prevedono eccezioni limitate al bail-in. L'articolo 32 autorizza lo Stato a intervenire per «evitare o rimediare a una grave perturbazione dell'economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria». Dopo la Brexit, l'Italia ha invocato questa possibilità. La strada è quella di una ricapitalizzazione preventiva. Ma i paletti sono numerosi. Un'iniezione di fondi o l'acquisto di strumenti di capitale deve avvenire a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca in difficoltà. Le misure di sostegno devono essere «limitate alle iniezioni necessarie per far fronte alle carenze di capitale stabilite nelle prove di stress». Le banche devono essere solvibili e gli aiuti non possono essere utilizzati «per compensare le perdite che l'ente ha accusato o rischia di accusare nel prossimo futuro». L'autorità di risoluzione ha margini discrezionali su quali categorie di creditori colpire, a condizione che con il bail-in venga coperto l'8% delle passività. Anche se dovessero evitare una svalutazione dei loro titoli, i risparmiatori potrebbero subire perdite indirette attraverso una conversione delle obbligazioni subordinate in azioni.

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