Export, conto salato
per gli agricoltori campani

Export, conto salato per gli agricoltori campani
di Sergio Governale
Sabato 25 Giugno 2016, 08:31 - Ultimo agg. 18:11
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Oltre che sui mercati finanziari internazionali, la Brexit ha effetti pesanti, e immediati, anche sull'economia reale italiana. In alcuni settori e in alcune regioni in particolare. La Campania è tra queste, piazzandosi sul podio di questa classifica. Qui l'impatto avrà ripercussioni soprattutto sui comparti dell'agricoltura, della pesca, del manifatturiero e del turismo. A sostenerlo è Nomisma in un'analisi preparata dal managing director Andrea Goldstein e dal junior consultant Luca Incipini. «Non è un evento apocalittico scrivono ma nel breve periodo lo scossone all'economia non sarà indifferente. Con ricadute anche in Italia, soprattutto in certe regioni e settori più dipendenti dal commercio con Londra».

Vediamo quali, partendo dal turismo. Nomisma spiega che la Campania sarà la regione più colpita dopo la Valle d'Aosta. Da noi la clientela britannica è pari infatti al 18,3% degli arrivi dall'estero, quasi il triplo rispetto alla media nazionale (6,4%). Per spesa giornaliera pro capite i britannici sono poi, tra gli europei, quelli che spendono di più: 123 euro a testa. Con la Brexit, evidenzia Nomisma, cambierà quindi il potere d'acquisto dei visitatori britannici, per il deprezzamento della sterlina e l'imminente recessione. Tutti gli studi concordano infatti sul costo in termini di mancata crescita del Regno Unito. Se Oltremanica consumi e investimenti saranno minori, sarà minore anche la domanda di beni e servizi importati. Tra le regioni italiane, la più esposta al commercio con la Gran Bretagna è la Basilicata, che destina nell'United Kingdom quasi il 15% dell'export, in particolare le vetture made in Melfi del gruppo Fca: le Fiat 500X e le Jeep Renegade. Anche Abruzzo e Campania hanno una forte esposizione al mercato britannico (rispettivamente il 10,5% e il 9,4%), ma in valori assoluti dominano le regioni del Nord. In breve, il valore delle vendite made in Italy

Oltremanica supera i 22 miliardi di euro, di cui appena 3 miliardi circa arrivano dal Sud. Quasi tutto l'export italiano (97%) nel Regno Unito è composto di prodotti del comparto manifatturiero: elevata l'esposizione della Campania (9,3%), anche se il valore assoluto si ferma a 861 milioni di euro.
«L'impatto sarà molto pesante», confermano tre nostri imprenditori attivi sul mercato britannico: il patron di Adler Plastic Paolo Scudieri, il presidente di Rossopomodoro Franco Manna e Luca Moschini, amministratore delegato di Laminazione Sottile e vice presidente dell'Unione industriali di Napoli. «Il nostro gruppo ha 62 stabilimenti in 22 Paesi e un fatturato che supera il miliardo di euro rivela Scudieri Adler ha interessi diretti in Gran Bretagna. Abbiamo a Speke uno stabilimento che produce per grandi marchi, tutti premium e inglesi, e un centro per lo sviluppo di nuove tecnologie per il comfort acustico vicino Plymouth.

L'esito della consultazione avrà ripercussioni certe anche per l'Italia e per le imprese che vedono nel Regno Unito un mercato di sbocco». Laminazione Sottile fattura centinaia di milioni di euro e conta 800 dipendenti che lavorano in cinque stabilimenti, di cui uno a Telford, dove cento addetti producono imballaggi in alluminio destinati all'industria alimentare. «Il popolo inglese ha detto basta all'Ue e alla sua politica farraginosa e inconcludente, che ha molti vincoli e poche opportunità osserva Moschini Aumenterà il costo del loro import, ma la svalutazione aiuterà il loro export e saranno i nostri concorrenti più agguerriti. Dal lato europeo è un disastro». Parla di «disastro» anche Manna. L'impatto su Rossopomodoro, 145 ristoranti e 170 milioni di ricavi, «è già visibile», rivela l'imprenditore, che ha come socio finanziario il fondo inglese Change Capital Partners e dodici ristoranti sul suolo britannico, di cui nove a Londra. «La sterlina ha fatto salire l'incidenza dei costi delle prodotti italiani lì importati dal 24 al 27-28%. Ci sarà poi una recessione che cambierà il mercato del lavoro, dove gli italiani saranno sempre meno, in quanto sottoposti in futuro a più rigide regolamentazioni».