G7 apre la strada alla web tax, colossi della rete nel mirino

G7 apre la strada alla web tax, colossi della rete nel mirino
Sabato 13 Maggio 2017, 18:54 - Ultimo agg. 14 Maggio, 11:34
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I ministri delle Finanze del G7 aprono la strada alla web tax. Come nelle aspettative, il comunicato finale del vertice di Bari incarica l'Ocse di stilare una prima serie di proposte già per marzo del prossimo anno, in anticipo rispetto alla scadenza originaria di fine 2018, per arrivare a un modello comune di tassazione delle multinazionali del web. È la risposta «più efficace» al fenomeno, ha sottolineato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.

Bari, blindata per l'evento, ha accolto con curiosità ministri e governatori che in più casi si sono intrattenuti per dei fuori programma, come la passeggiata sul lungomare del segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin, il Volare intonato delle mogli dei ministri davanti alla statua di Modugno a Polignano a Mare, o la corsa mattutina dei runners tra cui ha sfilato anche il governatore della Banca d'Inghilterra Carney.

Il G7 si è concluso con un impegno dei Sette Grandi, messo nero su bianco nel comunicato finale, a «valutare gli sviluppi legati alla digitalizzazione dell'economia» e, in base alle conclusioni del lavoro dell'Ocse, «a sviluppare 'policy options' appropriate per affrontare le sfide fiscali collegate». I tempi per arrivare a tassare i big di internet certo saranno lunghi, come ha sottolineato il segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, confermando la cautela degli Stati Uniti sulla questione. Ma ormai le multinazionali del web sono entrate nel mirino e al G7, ha spiegato Padoan, si è «preso atto che soluzioni condivise sono più efficaci, che quelle nazionali hanno delle controindicazioni e possono avere conseguenze indesiderabili» e che «bisogna fare progressi» sulla tassazione dell'economia digitale.

Del tema, ha ammesso il titolare del Tesoro visibilmente soddisfatto al termine dei lavori, si è «discusso molto» nella due giorni di Bari, anche per le «interconnessioni» tra digitale, cyber security (anche dopo l'attacco hacker di ieri), lotta al terrorismo o ai crimini finanziari, ma anche in chiave di riduzione delle disuguaglianze dettate dal digital divide. E già con il rapporto che l'Ocse di marzo ci saranno «primi elementi che potranno tradursi in misure di policy». Nel comunicato, con un tempismo sul quale il ministro ha anche scherzato, c'è anche un mandato forte sulla cybersicurezza e un appello a istituzioni e privati per migliorare la condivisione delle informazioni e prevenire gli attacchi hacker. «Gli incidenti informatici rappresentano una crescente minaccia per le nostre economie» perciò, si legge, «sono necessarie risposte politiche appropriate».

Tornando alle grandi multinazionali del web, Padoan ha ricordato che, in particolare con gli 'over the top', vanno stabiliti rapporti «di dialogo continuo, ed è quello che la nostra amministrazione fiscale ha fatto con risultati estremamente importanti in termini di recupero di gettito fiscale». Questi risultati «dimostrano che da parte delle compagnie digitali globali con cui si è avuto a che fare c'è volontà di pagare le tasse. Se questo si possa tradurre in norme specifiche lo stiamo vagliando con estrema attenzione».

In attesa di una convergenza a livello internazionale l'Italia potrebbe infatti fare l'annunciato primo passo nazionale, pur nella consapevolezza che una soluzione presa da un singolo Paese può avere, ha sottolineato Padoan, «effetti limitati». Alla Camera, dove si sta esaminando la manovra di correzione dei conti, è già stato depositato un emendamento a firma del presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia, che sulla scia dell'accordo siglato dall'Agenzia delle Entrate con Google, prevede una norma transitoria per permettere al fisco italiano e ai giganti di internet di raggiungere accordi preventivi laddove si configuri l'ipotesi di «stabile organizzazione». E Padoan ha assicurato che «tutte le proposte saranno benvenute» ed esaminate e che anche il governo è pronto a fare sue proposte.

Sulla lotta alle disuguaglianze molte dichiarazioni di intenti che non si traducono in un piano d'azione concreto e in politiche misurabili. Ancora una volta è preoccupante la quasi totale assenza della dimensione internazionale e dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. I progressi su cooperazione in materia fiscale e finanziaria non sono accompagnati dall'esplicito impegno condiviso di porre fine alla corsa globale al ribasso in materia di fiscalità. Questo, in sintesi, il commento di Oxfam e della Coalizione Italiana contro la Povertà (GCAP Italia) sulle conclusioni del G7 di Bari.

«Prestando attenzione all'allarmante portata del fenomeno e agli impatti delle disparità economico-sociali - oggi 7 cittadini su 10 nel mondo vivono in un Paese in cui la disuguaglianza economica è sensibilmente aumentata negli ultimi 30 anni», sottolineano Oxfam e Gcap, affermando che «le discussioni fra i Paesi del G7 hanno prodotto un risultato, la Bari Policy Agenda on Growth and Inequalities, che include dichiarazioni di principio, condivisibili, ma in cui è assente un piano d'azione concreto e misurabile».

 

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