«Fondi, il Mezzogiorno recuperi
così l’Ue non sarà a due velocità»

«Fondi, il Mezzogiorno recuperi così l’Ue non sarà a due velocità»
di Nando Santonastaso
Giovedì 9 Febbraio 2017, 09:48 - Ultimo agg. 11:33
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Commissaria Cretu, lei torna a Pompei per una ricognizione del grande progetto di restauro finanziato dall’Ue: come giudica il lavoro svolto finora?
«Sono orgogliosa che i fondi della politica di coesione possano contribuire a preservare questo sito, che impreziosisce il patrimonio e la ricchezza culturali dell’Europa. Inizierò la mia visita ufficiale in Italia a Pompei. Con l’aiuto del Fondo europeo di sviluppo regionale sono stati realizzati interventi importanti. Controllerò di persona che cosa è stato fatto finora e cosa resta da fare. Il numero di visitatori del sito è aumentato grazie al progetto, che sarà completato entro la fine del 2018».
Ma non è preoccupata delle polemiche dei sindacati nei confronti del sovrintendente Osanna? non teme che questa conflittualità possa nuocere all’immagine e al futuro del sito?
«Si tratta di una questione locale sulla quale non mi esprimo. Sono qui per garantire che il progetto rispetti i tempi di attuazione, affinché i turisti provenienti da tutto il mondo possano visitare questo sito, a beneficio diretto dell’economia della Regione».
Restiamo sui fondi europei 2014-2020: a che punto è la spesa, già partita in ritardo, delle regioni dell’obiettivo convergenza? Sono servite le sue bacchettate verso il Sud?
«Complessivamente in Italia nell’arco di pochi mesi la selezione dei progetti ha subito una rapida accelerazione. Con quasi il 33% delle selezioni nel quadro della politica di coesione 2014-2020 già effettuate, l’Italia è attualmente al di sopra della media dell’Ue. Naturalmente ci sono differenze sostanziali da un programma all’altro; alcuni programmi sono ancora allo 0% e devono recuperare in fretta».
Anche la nomina delle autorità di gestione è migliorata?
«Nel caso di sei programmi, il processo di designazione degli organismi responsabili della gestione non è ancora completato e, come lei sa, questo è un pre-requisito per l’invio delle richieste di pagamento alla Commissione. Resta molto lavoro da fare per quanto riguarda le condizionalità ex ante, le strategie di investimento e i piani d’azione per garantire la piena conformità alle norme UE in tutta una serie di settori. Si tratta di condizioni essenziali per garantire l’efficacia degli investimenti dell’Ue e il termine per conformarsi era fine dicembre 2016. Stiamo aspettando un riscontro dalle autorità italiane per valutare ciò che è stato fatto».
Ma il recupero c’è o no?
«Come ho già detto, resta ancora molto da fare per garantire un’attuazione rapida e strategica dei programmi 2014-2020 e ciò è particolarmente importante per i programmi del Mezzogiorno, che rappresentano oltre l’80% della dotazione totale del FESR per l’Italia. Il vostro paese è il secondo principale beneficiario dei Fondi strutturali e d’investimento europei, con oltre 44 miliardi di euro da investire nel periodo 2014-2020 e con obiettivi ambiziosi da raggiungere, come il sostegno di oltre 42 000 imprese, l’accesso ad Internet a banda larga per 2 milioni di famiglie e le iniziative per ridurre la povertà e l’esclusione sociale per oltre 2 milioni di persone. I progetti finanziati dall’Ue devono decollare e conseguire questi obiettivi. Perciò chiedo alle autorità locali di accelerare ulteriormente le procedure di selezione e l’attuazione. Dobbiamo pensare al futuro e con questa finalità darò il mio contributo al seminario sulla politica di coesione dopo il 2020 organizzato dal vicepresidente della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo Andrea Cozzolino». 
È migliorata la struttura amministrativa delle Regioni meridionali? Riescono a stare dietro a progetti e tempi di realizzazione?
«Abbiamo lavorato intensamente con le autorità italiane per rafforzare la capacità amministrativa. Abbiamo invitato tutte le amministrazioni responsabili dell’attuazione dei fondi UE a predisporre Piani di rafforzamento amministrativo (PRA), nei quali dovevano individuare le lacune nelle loro strutture, le misure adottate per porvi rimedio e una serie di obiettivi quantificati riguardanti la velocità delle procedure di elaborazione e attuazione dei progetti. Stiamo monitorando i progressi sul campo e fornendo sostegno e consulenza su misura. Il messaggio che voglio dare è che i PRA devono essere pienamente attuati per ottenere i risultati previsti».
Che effetto le hanno fatto le parole della cancelliera Merkel a proposito di una futura Ue a due velocità?
«I trattati consentono già agli Stati membri di viaggiare a velocità o con intensità diverse in alcuni ambiti, e lo stiamo facendo ad esempio con l’euro o con Schengen. La velocità è importante, ma la direzione di marcia lo è altrettanto e la direzione in cui vogliamo andare è verso un’unità sostenuta dei 27. La Commissione alimenterà il dibattito con il suo Libro bianco che sarà pubblicato a marzo».
Non teme che i nazionalismi possano nuocere comunque al futuro dell’Ue anche a breve scadenza visto che in pochi mesi si voterà in Olanda, Francia e Germania?
«È vero, l’Europa si trova di fronte a sfide senza precedenti: la crisi dei rifugiati, il risultato del referendum nel Regno Unito, una ripresa economica debole, la disoccupazione e il timore dell’esclusione sociale. La sensazione diffusa di mancanza di opportunità e di paura dà origine al populismo. L’Ue ha lavorato instancabilmente per fronteggiare tutte queste sfide. Ad esempio, si è dotata di una solida agenda europea sulla migrazione, per rafforzare la gestione delle frontiere esterne grazie alla guardia costiera e di frontiera europea e aumentare la solidarietà all’interno dell’UE tramite la ricollocazione dagli Stati membri che sono maggiormente sotto pressione. Inoltre abbiamo lavorato duro per contrastare la disoccupazione, in particolare la disoccupazione giovanile, sostenere la stabilità economica e di bilancio nell’UE e promuovere gli investimenti strategici per la crescita e l’occupazione».
Eppure la sensazione, tra muri alle frontiere e nuovi nazionalismi, è che l’Ue non riesca ancora a meritare la fiducia dei cittadini dei singoli Stati...
«Credo che, per contrastare le argomentazioni semplicistiche del fronte populista, sia necessario comunicare meglio che cosa fa l’Ue. Secondo me, i progetti della politica di coesione sono i migliori esempi di come l’Ue sta cambiando in meglio, in modo tangibile e visibile, la vita delle persone. I nostri investimenti emancipano le persone, dando loro gli strumenti per valorizzare i loro talenti e trasformare le loro idee in progetti concreti. Questa è la solidarietà europea in azione».
Si può immaginare che l’innovazione per l’Ue sia una svolta irrinunciabile, ma fino a che punto è condivisa dagli Stati membri? Non si rischia di aggravare comunque il già pesante scenario della disoccupazione giovanile?
«Non vedo nessuna contraddizione. Abbiamo deciso di concentrare gli investimenti della politica di coesione sull’innovazione, le tecnologie digitali e le piccole imprese con un elevato potenziale di crescita, perché sappiamo che questa è la chiave per la creazione di posti di lavoro sostenibili e di qualità. Inoltre, investiamo in istruzione e formazione per garantire che i giovani possiedano le competenze richieste per accedere al mercato del lavoro. In Italia saranno spesi 4 miliardi di euro per adattare l’istruzione alle esigenze del mercato del lavoro e per ridurre l’abbandono scolastico precoce al 16% entro il 2020. Ciò andrà a beneficio di oltre 2,8 milioni di alunni e studenti».
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