Irpef, scaglioni invertiti
paga meno chi ha di più

Irpef, scaglioni invertiti paga meno chi ha di più
di Marco Esposito
Domenica 5 Marzo 2017, 16:05 - Ultimo agg. 18:55
5 Minuti di Lettura
Cade uno dei princìpi del sistema fiscale: la progressività. Cioè la regola che chi ha redditi più alti deve contribuire alla cassa comune in misura più che proporzionale. E invece, se si spulciano le aliquote Irpef del 2017 sommando imposte nazionali, regionali e comunali si scopre che per due scaglioni di reddito (il quarto e il quinto) l'inversione è un fenomeno tutt'altro che raro. Un esempio concreto: un contribuente del ceto medio di Roma, con un reddito di 60mila euro lordi, paga un punto in più di Irpef rispetto a un vip residente a Cortina, con un reddito di due o anche di venti volte superiore.

Può sembrare una curiosità statistica in tempi di federalismo fiscale e invece è una violazione silenziosa, ma profonda, di un principio cardine della Costituzione. La Carta, all'articolo 53, dopo aver specificato che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva», precisa: «Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». La Corte Costituzionale è più volte intervenuta, con ordinanze e sentenze a partire dal 1966, per precisare che la singola tassa può anche non essere progressiva (per esempio un bollo può avere uguale importo per tutti) ma nell'insieme il sistema tributario deve essere tale che chi ha un reddito doppio paga più del doppio di tasse, cioè non in proporzione al reddito ma in modo progressivo. E l'Irpef, tra tutte le imposte, è quella che meglio garantisce la progressività perché le aliquote stabilite a livello nazionale aumentano di scaglione in scaglione dal 23% per i primi 15mila euro guadagnati fino al 43% nella fascia oltre i 75mila.
Ma i margini di manovra assegnati dl 2015 alle Regioni (e in misura molto minore ai Comuni) fanno saltare la progressività. I due scaglioni più alti dell'Irpef, infatti, sono molto vicini in termini percentuali (41% e 43%) per cui se una Regione utilizza al massimo la propria leva fiscale, pari a 2,10 punti (i quali si sommano all'1,23% indicato come standard) è possibile scavalcare lo scaglione più elevato di una Regione che mantiene inalterato l'1,23%.
Per il 2017 ad aver utilizzato le leve fiscali Irpef sono sedici Regioni e Province autonome su ventuno. Un solo ente è intervenuto in ribasso, il Friuli Venezia Giulia, mentre gli altri quindici lo hanno fatto con ritocchi verso l'alto. A premere di più sull'acceleratore del fisco sono Piemonte e Lazio con addizionali Irpef che arrivano a toccare il tetto di 3,33 punti percentuali, ovvero l'1,23% di base più i 2,10% di leva fiscale. Se a ciò si aggiunge l'addizionale comunale Irpef (che a Torino è di 0,80% e a Roma di 0,90%) ecco che si può superare di un intero punto percentuale lo scaglione Irpef più alto applicato in città e Regioni con modesta pressione tributaria. Tra i capoluoghi, il record favorevole è a Trento, diventato ormai un vero e proprio paradiso fiscale con zero di addizionale comunale e lo standard di 1,23% di addizionale regionale (nel caso di Trento applicata dalla Provincia autonoma). A Roma e a Torino, in particolare, un reddito medio alto (55-75mila euro di lordo annuo) rientra nel quarto scaglione e paga una aliquota Irpef superiore al 45% mentre i ricchi che risiedono in città come Trento, Udine o Bolzano versano al massimo, sul quinto scaglione, il 44%.

La Campania, in tale quadro, è in una posizione particolare. La Regione ha scelto un'addizionale Irpef flat, cioè uguale per tutti gli scaglioni di reddito, pari a 2,03%. Sul primo scaglione, quello da 0 a 15mila euro, la legge (articolo 6 del decreto 68/2011) prevede un massimo di maggiorazione di 0,50 punti e invece la Campania ha incrementato l'1,23% di standard di 0,80: lo 0,30 in più è un effetto trascinamento del deficit sanitario e risale al 2010. All'epoca lo 0,30% di extra-Irpef si applicava in Campania, Lazio, Molise e Calabria mentre adesso è rimasto soltanto in Campania. Per effetto di tale anomalia, la quota del reddito tra 0 e 15mila euro nei Comuni campani è tassata più che in tutti gli altri territori italiani. A Napoli (e la situazione è identica a Salerno, Caserta e Benevento mentre ad Avellino si risparmia uno 0,10%) si arriva a pagare di imposte sui redditi il 25,83% ovvero quasi tre punti al di sopra del 23% del primo scaglione Irpef. A Napoli, il Comune nonostante la situazione di predissesto ha previsto l'esenzione dall'addizionale Irpef per i redditi fino a 15mila euro; tuttavia chi ha entrate anche di un solo euro superiore alla soglia, sui primi 15mila di reddito versa appunto il 25,83% contro il 23,90% di Udine, il capoluogo italiano con l'Irpef meno pesante sul primo scaglione.

Le Regioni e Province autonome che mantengono un regime fiscale leggero sono la Sardegna, la Valle d'Aosta, il Friuli Venezia Giulia (che ha appunto ridotto da 1,23% a 0,70% l'addizionale Irpef sul primo scaglione) e le Province di Trento e di Bolzano. A tali territori con regime costituzionale speciale si aggiunge il Veneto, con l'Irpef regionale ancorata anche per il 2017 all'1,23% dello standard di legge. Nel Veneto, come altrove, sono pochi i municipi che non applicano l'addizionale Irpef comunale e però quando accade, come a Cittadella, vicino Padova, o nella celebre località sciistica di Cortina d'Ampezzo, la distanza fiscale diventa notevole, con l'effetto scavalcamento di aliquote di cui si è detto, in barba al principio costituzionale di progressività. Per esempio a Torino nello scaglione di reddito tra i 55mila e i 75mila euro si versa all'erario il 45,12% di Irpef mentre a Cittadella o a Cortina un contribuente molto benestante, con un reddito imponibile di 200 o 750mila euro, paga un'aliquota massima di quasi un punto inferiore al contribuente torinese che appartiene al ceto medio: il 44,23%.

A livello comunale, anche la Campania ha i suoi piccoli paradisi fiscali. Centri cioè dove non si versa l'addizionale comunale risparmiando (rispetto a Napoli e alla gran parte degli enti locali) lo 0,80%. Accade (secondo le rilevazioni del 2016, quelle per il 2017 non sono complete a livello comunale) in 37 municipi su 551, nessuno in provincia di Napoli: a Buccino, Campora, Cannalonga, Casalbuono, Casaletto, Castelnuovo di Conza, Castel San Lorenzo, Controne, Corleto, Felitto, Giungano, Laviano, Monteforte, Morigerati, Ottati, Petina, Sacco, San Gregorio, San Mauro La Bruca, San Pietro, Santomenna, Sanza, Tramonti e Trentinara in provincia di Salerno; a Cairano, Chianche, Montaguto, Morra De Sanctis e Pratola Serra in Irpinia; a Cautano, Molinara, Montefalcone, Reino e a San Lupo nel Sannio; a Cellole, Giano e Presenzano in provincia di Caserta. Su un reddito annuo di 30mila euro lordi si risparmiano 240 euro di tasse.