Iva, slitta l'aumento ma nel 2018 va al 25%

Iva, slitta l'aumento ma nel 2018 va al 25%
di Luca Cifoni
Giovedì 27 Ottobre 2016, 09:18 - Ultimo agg. 13:27
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ROMA. Aliquote Iva del 10 e del 22 per cento incrementate di tre punti dal gennaio 2018 (e quella massima di un ulteriore 0,9 dal 2019). Clausola di salvaguardia sotto forma di aumento di accise e tagli di spesa per blindare il gettito della collaborazione volontaria (rientro dei capitali). Ma anche pignoramenti più mirati sui conti correnti, in modo da garantire entrate da riscossione strutturali dopo quelle straordinarie della rottamazione delle cartelle. Il governo tenta di alleggerire il peso del fisco sui cittadini, ma deve anche fare i conti con i vincoli di bilancio. Così tra il decreto che è già alla Camera e la legge di bilancio che ancora ci deve arrivare le varie misure fiscali si accavallano e si saldano, con un impatto complessivo che probabilmente si potrà stimare solo nei prossimi giorni. L'intervento sulle aliquote Iva è in realtà la conseguenza del meccanismo messo in piedi due anni fa per anticipare le future riduzioni del deficit: impostare un aumento dell'imposta per garantire solo sul piano contabile entrate certe, riservandosi poi di sostituirlo successivamente con altre misure, tipicamente tagli di spesa. Così l'aumento è già stato disinnescato per il 2016 e ora viene annullato anche il prossimo anno. Siccome però non ci sono soldi per farlo da subito anche per gli anni successivi, tecnicamente l'aumento slitta al 2018. In realtà, l'entità è un po' maggiore perché se per l'aliquota del 10 per cento il ritocco è sempre di tre punti, per quella ordinaria del 22 si dovrebbe passare al 25 e poi al 25,9 nel 2019. Naturalmente dal punto di vista politico c'è la volontà di non far scattare gli aumenti nemmeno in futuro, ma per farlo sarà necessario trovare le necessarie coperture, che ammontano a circa 19 miliardi. Anche il prossimo anno autunno insomma la legge di bilancio partirà con un pesante handicap.

Diverso il caso della collaborazione volontaria, la voluntary disclosure per il rientro dei capitali i cui termini vengono riaperti fino al luglio 2017. Anche se la misura è formalmente inserita nel decreto fiscale, in una bozza del disegno di legge di bilancio (datata 24 ottobre) era quantificato il relativo introito in 1,6 miliardi. C'era inoltre una clausola di salvaguardia in base alla quale l'eventuale minor gettito doveva essere compensato per il 50 per cento con un aumento di accise e per un altro 50 con tagli ai ministeri. Ieri però il ministero dell'Economia ha fatto sapere che l'assetto definitivo della clausola sarà diverso: le misure sostitutive saranno solo tagli di spesa, il che è in linea con le norme di bilancio, riviste da ultimo con una legge approvata questa estate. Poi c'è il capitolo riscossione. Dopo il gettito assicurato dalla sanatoria vanno assicurate entrate strutturali. Per farlo, il governo punta anche sull'utilizzo delle banche dati. La nuova struttura che sostituirà Equitalia, all'interno dell'Agenzia delle Entrate, potrà usare direttamente gli archivi di quest'ultima (compresa l'anagrafe dei conti correnti) e quelli dell'Inps. Con un impatto che la relazione tecnica del decreto quantifica in circa 500 milioni l'anno in più. In dettaglio si prevede un aumento dei pignoramenti presso terzi compresi quelli su conto corrente (come le altre procedure cautelari ed esecutive possono scattare dopo 60 giorni dalla notifica della cartella). Ma soprattutto il ministero dell'Economia prevede un forte aumento dell'efficacia, grazie alle informazioni aggiuntive: dall'attuale 18 per cento di esito positivo o parzialmente positivo si passerebbe all'85 per cento. Insomma una riscossione quasi a colpo sicuro.