Legge di bilancio
dubbi sulle coperture

Legge di bilancio dubbi sulle coperture
di Francesco Pacifico
Venerdì 14 Ottobre 2016, 13:28
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Matteo Renzi ha dato mandato ai suoi ministri di chiudere il dossier legge di stabilità entro la giornata di oggi. Sabato, infatti, è previsto il varo della manovra in Consiglio dei ministri. Ma sarà una corsa contro il tempo: vuoi perché mancherebbero all'appello per le coperture tra i 3 e i 4 miliardi di euro, vuoi perché non poche misure spaccano la stessa maggioranza e diventano nuovi casus belli nella guerra tra maggioranza e minoranza del Pd. L'ex segretario Pier Luigi Bersani non ha gradito le ipotesi di allargare la volontary disclosure anche ai capitali nascosti in Italia, nella speranza di recuperare almeno 2,6 miliardi di euro. Tanto che ieri è sbottato: «Vedo che i giornali cominciano a dare conto di una singolare teoria che sta circolando in vari ambienti. Dopo aver alzato drasticamente il limite al contante, adesso dovremmo farlo emergere dal nero con una specie di amnistia a pagamento, con qualche vantaggio per il bilancio dello stato. Tutto questo, naturalmente, al fine di incentivare la moneta elettronica. Voglio credere che una simile idea sia stata messa in giro artatamente da Fabrizio Corona che, nel caso, potrebbe candidarsi a sottosegretario».

Il piano invece è del Tesoro, che vuole dare alla Guardia di Finanza e all'Agenzia delle entrate gli strumenti per poter spulciare nelle banche alla ricerca di soldi e preziosi nascosti nelle cassette di sicurezza o sottoscrizioni ai fondi d'investimenti non dichiarati nella dichiarazione dei redditi. Si parla di patrimoni pari ad almeno 150 milioni, dai quali recuperare con l'emersione oltre due miliardi di euro tra tasse non pagate e sanzioni scontate. Se Bersani parla di misura degna di Fabrizio Corona, appena arrestato per evasione fiscale, c'è chi in maggioranza farebbe anche pressioni scudare anche i capitali depositati nei paradisi fiscali della black list dell'Ocse. Ipotesi che non piace né al ministro del Tesoro né ai due viceministri (Fabrizio Casero ed Enrico Zanetti) divisi sulla possibilità di intervenire in manovra oppure riaprendo il cantiere della la delega fiscale. Dove pure rientreranno lo split payment sull'Iva pagata dalla pubblica amministrazione o la riforma del processo tributario. Sulla voluntary è facile ipotizzare una nuova guerra all'interno della maggioranza, soprattutto se l'incerta copertura costringerà il governo ad applicare una nuova clausola di salvaguardia sull'Iva. Ma Renzi, a ben guardare, ha problemi molto più grandi da risolvere.

Da un lato, ieri, ha annuncia un maxi concorso nel pubblico impiego (10mila unità) per medici, infermieri, e forze dell'ordine oppure dà un'accelerata alla riforma di Equitalia. E la cosa ha spiazzato non poco il Tesoro, che per le nuove assunzioni vorrebbe capire meglio gli effetti dell'eliminazione delle province o le uscite legate all'anticipo pensionistico, mentre sull'ente di riscossione è si è ancori indecisi se seguire l'ipotesi della fusione con l'Agenzia delle entrate oppure delegare l'attività agli enti locali. Dall'altro, però, il premier deve fare i conti con la Ue, che ha chiesto a Padoan di ricalibrare la legge di Stabilità. Alla base del contendere c'è la richiesta della Commissione di riportare il deficit Pil all'1,8. Altrimenti non ci sarà flessibilità per la ricostruzione post Amatrice e l'assistenza ai migranti. Mancherebbero tra i tre e i quattro miliardi. Che nonostante le ottimistiche stime di Padoan non si recupereranno con la crescita del Pil (+0,8 quest'anno, +1 nel prossimo).

In sintesi, e al netto dei 15 miliardi da spendere per non far scattare la clausola di salvaguardia sull'Iva, non ci sarebbero soldi a sufficienza per finanziare tutto quello che ha promesso il premier: il superammortamento alle imprese, l'Ape e la quattordicesima, il taglio dell'Ires, il salario di produttività, il sismabonus, il bonus per i diciottenni, gli sgravi per i nuovi assunti al Sud e per gli studenti che passano dalla scuola al mondo del lavoro. Proprio le poche risorse hanno imposto al governo di aumentare di uno e non due miliardi il fondo sanitario nazionale. Ma non dovrebbe bastare, se la Ue ridurrà il livello di flessibilità. Tanto che Renzi e Padoan hanno due strade: o cancellano delle misure oppure devono recuperare risorse tagliando la spesa e aumentando le tasse. Ipotesi poco praticabili con il referendum costituzionale alle porte.
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