«Bisogna sapere trarre il massimo della positività dal Next Generation Eu. Ho fiducia nelle potenzialità di questo Paese e fiducia che il governo Draghi possa accelerare il passaggio a una condizione di forte crescita attraverso il Piano nazionale di ripresa. E non credo che nessun altro in Europa possa svolgere questa missione meglio di Mario Draghi». Carlo Messina, parla da consigliere delegato e ceo della «banca delle filiere» Intesa Sanpaolo, in un Paese in cui le filiere e i distretti industriali sono una dote preziosa. Si candida a fare da «moltiplicatore» del Piano nazionale di ripresa e resilienza, «la sola via per travasare il risparmio delle famiglie italiane, unico in Europa, nell'economia reale», che dovrà essere necessariamente impostato come il «Piano delle filiere». E lancia una scommessa sul Pnrr da 400 miliardi di euro, tra sostegni a imprese e famiglie: più del doppio messo a disposizione dall'Europa.
La puntata d'oro di Messina suona un po' come la risposta a una chiamata alle armi in una battaglia storica.
Di uno schema in cui l'istituto diventa di fatto la banca del Pnrr, pare che Carlo Messina ne abbia parlato nei giorni scorsi con lo stesso Draghi, proprio alla vigilia della presentazione a Bruxelles del Pnrr. Non solo per condividere che il Piano può davvero riportare il risparmio, ulteriormente lievitato nel corso della pandemia, dai conti bancari alle imprese; in gioco, si è detto, c'è l'opportunità unica di portare il Paese da una condizione di crescita modesta a una di crescita accelerata. Con tanto di effetto sull'occupazione, sulla riduzione delle diseguaglianze sociali, e perfino sulla sostenibilità del debito a tassi bassi.
Un tema caro anche ai grandi investitori europei, come sottolineato ieri sempre da Messina. Serve, dunque, impiegare tutte le forze in campo per investire nelle filiere e nei distretti. E allora «l'infrastruttura finanziaria del Paese», come l'ha definita il banchiere, non poteva che dirsi pronta al richiamo del premier, a fare da «acceleratore e aggregatore di crescita delle filiere», la vera «cinghia di trasmissione per fare arrivare il Piano alle imprese e alle famiglie».
Del resto, la banca si è già riorganizzata con una struttura di consulenze ad hoc per le diverse missioni del Pnrr, con focus particolare su digitalizzazione, green, economia circolare, infrastrutture, rigenerazione urbana e inclusione sociale. Sarà il meccanismo del finanziamento alle capo-filiere, con trasmissione a valle su pmi, microimprese e start up, a fare da volano.
E sono pronte anche le munizioni: «Entro il 2026 siamo in grado di erogare 270 miliardi di euro alle imprese coinvolte nel Pnrr», ha spiegato Messina. Lì dove circa 120 miliardi andranno alle imprese con fatturato fino a 350 milioni e il resto, circa 150 miliardi a imprese con fatturato superiore a 350 milioni. Una cifra rotonda a cui si aggiungono 140 miliardi, a fronte del finanziamento dei mutui per le famiglie.
Certo, non tutte le imprese hanno davvero la prospettiva di un futuro. Delle distinzioni vanno fatte tra attività economiche sane e attività zombie, come del resto sottolineato più volte anche dal premier Draghi. Ma di fronte alla fragilità di alcuni settori particolarmente colpiti va attivato il prima possibile, per Messina, uno strumento già pronto e pre-approvato dal governo. Il consolidamento del debito delle aziende portato a 20 anni attraverso la garanzia Sace può restituire ossigeno al sistema e aprire spazi per gli investimenti.