L'ad Morgante: «Più treni al Sud
​ma i conti devono stare in equilibrio»

L'ad Morgante: «Più treni al Sud ma i conti devono stare in equilibrio»
di Nando Santonastaso
Domenica 28 Maggio 2017, 10:37 - Ultimo agg. 11:34
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«Siamo convinti che si possa intercettare nuova domanda al Sud» dice Barbara Morgante, prima donna ad essere diventata, meno di un anno e mezzo fa, amministratore delegato di Trenitalia. L'orario estivo è il punto di partenza, obbligato, dell'intervista perché per la prima volta l'azienda ferroviaria ha deciso di puntare in maniera forte per il periodo estivo su località del Mezzogiorno che hanno un indiscutibile richiamo turistico, ma non solo. «È una scommessa che sentiamo in maniera particolare, aspettiamo di capire attraverso i dati finali se quest'attesa avrà dato risposte altrettanto significative», dice la Morgante, livornese di nascita ma abruzzese di famiglia.

Cosa vuol dire esattamente? Se i dati non fossero positivi si tornerebbe al passato?
«Ogni scelta per un'azienda che deve pensare all'equilibrio dei propri conti dev'essere garantita dai risultati. Si figuri per un'azienda come la nostra che ha 28mila dipendenti e che anche per questo ha il dovere di essere sana, trasparente e bene amministrata. Una scommessa, certo, ma anche la speranza di avere puntato su obiettivi concreti».
Da Rosarno a Gallipoli, la scelta di investire su più treni al Sud e comunque di assicurare più collegamenti sembra quasi scontata: perché non valutarla comunque come una scelta definitiva, anche dopo cioè la stagione estiva?
«Ripeto, faremo i conti al termine della stagione estiva. Disponiamo ormai di sistemi di valutazione e di back office che ci consentono di verificare e misurare il rendimento dei treni in termini di costi-benefìci. Non è una novità, si tratta di una strategia chiara che Trenitalia l'azienda ha deciso di rafforzare e dalla quale dipende il suo stesso futuro».
Non può negare, dottoressa, però che sul piano degli investimenti il Sud è stato per anni mortificato da scelte che hanno premiato soprattutto i grandi assi ferroviari del Nord.
«Non si può negare, ma guardiamo anche a ciò che il gruppo FS Italiane ha messo in campo nel Piano industriale 2017-2026. Gli investimenti sulla lunga percorrenza sono in massima parte terminati e intanto si è deciso di rinnovare e potenziare notevolmente la flotta dei treni regionali. È stata appena bandita una gara per 135 treni diesel, senza dimenticare gli accordi già sottoscritti per i nuovi treni elettrici, complessivamente 450 nuovi convogli. Sui regionali c'è un'attenzione sicuramente importante, quindi, i tanto che abbiamo previsto di investire oltre 5 miliardi di euro per rinnovare le flotte. Non si dimentichi che le imprese ferroviarie pianificano i propri servizi anche in funzione delle caratteristiche dell'infrastruttura e dei potenziamenti previsti che non dipendono da noi ma dalla società che gestisce la rete ferroviaria».
Cosa vuol dire, esattamente?
«Conoscendo per tempo gli interventi e le date di attivazione delle opere, pianifichiamo la nostra offerta. Faccio l'esempio della stazione di Afragola: la sua entrata in funzione ormai imminente, a noi nota da tempo, ci ha permesso di stabilire e organizzare i servizi da offrire lì: tutto ciò, insomma, che si fa normalmente quando si è in presenza di scelte programmate con largo anticipo».
Le grandi opere, per la verità non solo ferroviarie, hanno un comune denominatore: i ritardi. Sarà così anche per la Napoli-Bari o per la velocizzazione della Salerno-Reggio Calabria che pure sono centrali nel vostro piano industriale?
«Premetto che l'argomento delle grandi opere non è di competenza Trenitalia, ma di RFI. Per quanto mi risulta i ritardi dipendono da tanti fattori, tra cui iter autorizzativi piuttosto che da problemi delle ditte appaltatrici, raramente dalla committenza. Le aziende del Gruppo FS sono chiamate a rispettare il codice degli appalti e non possono derogare. Purtroppo tra stati di avanzamento dei lavori e altri intoppi il cronoprogramma delle opere non viene sempre rispettato. Ma, ripeto, non dipende da noi».
Da chi dipende però che in tutto il Sud circola lo stesso numero di treni della sola Lombardia?
«Bisogna sempre distinguere tra servizi a committenza pubblica e servizi a mercato. Nel primo caso noi siamo i prestatori del servizio, facciamo al meglio quello che ci si chiede il committente, Stato o Regioni. Certo, che esista questo squilibrio è noto: sulla parte a mercato posso dire che le tratte sono governate dai potenziali di domanda e dalle prestazioni della rete. Quando noi valutiamo in autonomia l'offerta di nostri collegamenti sul territorio, lo facciamo su più parametri: per esempio sulla disponibilità e la propensione all'uso di altre modalità. E spesso scopriamo, come in molte aree del Sud, che i treni non sono competitivi».
Quindi chi pensasse al Ponte sullo Stretto anche sul piano ferroviario sbaglierebbe?
«Non ho detto questo: il nostro amministratore di gruppo Renato Mazzoncini ha già affermato che l'Italia è nevralgica per la realizzazione del corridoio ferroviario Scandinavia-Mediterraneo. Sappiamo che su questo percorso sono già in atto importanti opere in Europa, per esempio la galleria di base del Brennero: il Ponte altro non sarebbe che uno degli investimenti utili a realizzare al meglio il corridoio. Certo, pensare ad un Ponte solo automobilistico sarebbe riduttivo».
Parliamo dei pendolari: la storia dell'algoritmo datato e degli aumenti finiti nel mirino delle giuste proteste della categoria è nota. Cosa è successo da allora?
«Abbiamo dato un forte contributo alla Commissione parlamentare della Conferenza Stato-Regioni che ha approfondito il tema degli abbonamenti. Abbiamo fatto nuove simulazioni partendo dalla consapevolezza che l'algoritmo in questione risultata effettivamente superato. Abbiamo avanzato quattro proposte, tocca alla committenza pubblica la decisione ultima e penso che siamo alla stretta decisiva finale. Naturalmente noi dovremo avere il tempo di adeguare i nostri sistemi informativi perché bisogna fare i conti con l'autonomia delle Regioni e con il fatto che le tariffe possono variare da territorio a territorio».
Restiamo al Sud: la stazione di Afragola, d'accordo. E la Napoli-Bari sulla quale peraltro non mancano dubbi sulla durata dei lavori. Tutto qui? Niente treno a Matera, per esempio? E l'alta velocità fino a Salerrno e basta?
«Per portare a Matera i nostri treni non ci sono le condizioni tecniche, in quanto la linea che ci arriva è a scartamento ridotto; è per questo che abbiamo istituito il servizio bus FrecciaLink organizzato da/per Salerno per connettersi alla rete Alta velocità. C'è poi un servizio ferroviario da Milano a Taranto che fa fermata a a Ferrandina, entrambi molto graditi dalla clientela. Per la linea Salerno-Reggio Calabria è prevista la velocizzazione, far viaggiare i treni fino a 200 km/h, che potrà dare risposte importanti al trasporto passeggeri. E in Sicilia ci sono interventi per migliorare le infrastrutture, sia civili che tecnologiche, che hanno bisogno di un ulteriore salto di qualità. Non è poco, mi creda, ma sappiamo che si può fare di più: il Gruppo FS è pronto».