Sud, Masterplan al palo e veti Ue in bilico sette miliardi per il 2016

Sud, Masterplan al palo e veti Ue in bilico sette miliardi per il 2016
di Nando Santonastaso
Martedì 9 Febbraio 2016, 11:04 - Ultimo agg. 11:05
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C'è una partita tutta Mezzogiorno nel braccio di ferro tra Italia e Ue a proposito della clausola di flessibilità per gli investimenti 2016. Perché degli undici miliardi e rotti in più che il governo Renzi vorrebbe spendere quest'anno, sfruttando la cosiddetta «accelerazione della spesa in conto capitale» (mettendo fuori dal deficit lo 0,3% di Pil ammesso dai regolamenti europei come tetto alla cluasola di flessibilità) ben 7 sono destinati al Sud. Non sono risorse aggiuntive, come Il Mattino ha già spiegato in occasione dell'approvazione della Legge di stabilità 2016, ma fondi la cui spesa viene, appunto, anticipata e accelerata per raggiungere prima e in tempi certi gli obiettivi previsti. In questa somma c'entra un po' di tutto: dai progetti cantierabili per le infrastrutture ai finanziamenti per il dissesto idrogeologico, per il turismo e la cultura, per la ricerca e l'innovazione e così via, come spiegato nella tabella. La strada indicata da Palazzo Chigi è il Masterplan, il piano straordinario per lo sviluppo e il rilancio del Mezzogiorno che, nei fatti, funge proprio da acceleratore della spesa.

E il cui strumento operativo sono i 16 Patti con la Regioni e i sindaci delle Città metropolitane. Attraverso l'accordo con le realtà locali si punta a scelte certe e immediatamente attuabili per evitare l'ormai arcinota querelle di fondi stanziati ma non spesi, com'è accaduto per l'ultima programmazione dei fondi strutturali 2007-2013.Un percorso complesso e non privo di difficoltà. A prescindere persino dall'esito dello «scontro» con Bruxelles e i falchi Ue che vorrebbero negare all'Italia il diritto di avere «maggiore» flessibilità, è proprio sul piano dell'accelerazione interna della spesa che si rischiano paradossi o incongruenze. A meno di 11 mesi dalla scadenza della spesa stessa, le certezze infatti sono ancora poche.

Il lungo lavoro preparatorio dei «Patti», affidato alla pazienza e al buon senso del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, è ancora in pieno svolgimento. Tutt'altro che facile coordinare un'agenda con governatori e sindaci alle prese con emergenze o problemi di ogni tipo. Già superata, non a caso, la scadenza del 31 dicembre 2015 entro la quale tutti gli interlocutori del governo avrebbero dovuto sottoscrivere il documento. In questa fase, fanno sapere dallo staff dello stesso De Vincenti, si sta procedendo alla riconvocazione dei sindaci metropolitani per mettere a punto le loro proposte con le risorse disponibili. Non è un lavoro facile perché per poter spendere quanto si chiede bisognerebbe avere progetti già cantierabili o comunque in avanzata fase istruttoria. Progetti inoltre, per i quali la conclusione non può che essere prevista entro fine anno o entro il triennio previsto dal masterlan pena la revoca dei finanziamenti.

Per dare un'idea di questo sforzo può essere utile ricordare quanto è già avvenuto a proposito delle grandi opere previste nel Sud con la programmazione 2007-2013. Molte di esse, per la cronaca, riguardano proprio la Campania, dalla metropolitana di Napoli ai progetti per Napoli est, a quelli per il porto del capoluogo regionale. Essendo impossibile portarle a termine (o, in alcuni casi, avviarle alla fase operativa vera e propria) entro il termine ultimo dei 31 dicembre 2015, l'Italia e l'Unione europea hanno definito un compromesso, frutto di una attenta ricognizione dell'Agenzia per la Coesione territoriale. Tutti i lavori non rendicontati a quella data sono stati inseriti nella programmazione 2014-2020. Non si sono persi i soldi, insomma, ma si è scelta una strada più lunga per salvare il salvabile.Di sicuro è stata l'ultima volta. Nel senso che Bruxelles e i Paesi membri per la nuova programmazione 2014-2020 si sono impegnati a evitare in ogni modo qualsiasi tipo di ritardi. Ecco perché la partita che si sta giocando in questi giorni - e che probabilmente andrà avanti ancora per alcune settimane - non è affatto trascurabile per il Mezzogiorno. Basta tener conto del fato che spendendo tutti i soldi garantiti con l'accelerazione degli investimenti, il Pil del Paese crescerebbe in un anno dello 0,5%.

Che in tempi di crescita marginale è tantissimo, specie se si tiene conto che le previsioni per il 2016 degli organismi internazionali sono state riviste proprio di recente al ribasso.Il punto, però, è che si rischia di andare incontro ad un paradosso quasi inverosimile se l'Ue concedesse i margini della maggiore flessibilità e l'Italia si trovasse a fine anno nell'impossibilità di spendere il «bonus», con i conti cioè ancora una volta lontani dagli obiettivi. È come avere un tesoro ma senza le chiavi per potervi accedere. Assurdo per un territorio, come il Sud, che proprio attraverso il rilancio degli investimenti pubblici e privati dovrebbe finalmente tornare a livelli di competitività accettabili come del restio la stessa filosofia del Masterplan ribadisce.Naturalmente se la clausola non venisse concessa e l'Italia non potesse accelerare la spesa, resterebbero comunque validi tutti gli impegni legati ai Programmi operativi nazionali (Pon) e regionali (Por) già previsti. D'accordo, la loro approvazione è avvenuta ben oltre la scadenza iniziale prevista dalla nuova programmazione: si doveva partire con il primo gennaio 2014, si è finiti al 2016. Ma a parziale consolazione va detto che tutti i Paesi Ue si sono trovati con lo stesso ritardo dal momento che tutti, sia pure in proporzioni diverse, hanno consumato fino alle ultime ore del 2015 per evitare che i fondi loro assegnati dovessero essere restituiti.

Uno sprint che alla fine dovrebbe aver prodotto il risultato sperato, ovvero la mancata restituzione di somme significative a Bruxelles: il responso della commissaria agli Affari regionali dell'Ue, la rumena Corina Cretu, non arriverà prima della fine di questo mese ma c'è un certo ottimismo tra Agenzia della Coesione e Palazzo Chigi. Il rischio di dover restituire miliardi, che sembrava scontato a metà del 2015, sarebbe stato scongiurato, come del resto è sempre avvenuto nella storia dei fondi europei.Ora però c'è bisogno di correre sui nuovi fondi 2014-2020 che per l'Italia valgono 32 miliardi complessivamente, 24 dei quali destinati al Sud. Ed è di questa corsa, si fa notare anche tra gli addetti ai lavori, che non si vedono al momento segnali importanti. Figurarsi per l'auspicata accelerazione della spesa che imporrebbe ritmi al momento sconosciuti al sistema delle Regioni e in gran parte anche a quello dei ministeri. Pessimismo esagerato? Chissà. Il nodo-flessibilità si riproporrà sicuramente anche per il 2017, come il governo ha già chiarito, ma questo non toglie nulla all'esigenza di accorciare i tempi di spesa già quest'anno. Per farlo occorrerebbe anche individuare una strategia di sviluppo coordinata tra le regioni meridionali, capace cioè di guardare più in là dell'emergenza ma siamo a livelli di utopia, o quasi. I governatori hanno facile gioco nel mettere in cima alle loro priorità la soluzione di problemi spesso antichi da cui però passa l'inevitabile logica del consenso. E dare loro torto, in fondo, non è per niente semplice. Peccato che anche di ciò, alla fine, si alimenta il divario. Con quel che segue