Strade e sanità, Mezzogiorno penalizzato
più malati e chilometri ma meno fondi

Strade e sanità, Mezzogiorno penalizzato più malati e chilometri ma meno fondi
di ​Marco Esposito
Martedì 15 Novembre 2016, 08:28 - Ultimo agg. 15:23
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I numeri, a cercarli, ci sono tutti. E parlano chiaro. Nel riparto di risorse per servizi sociali essenziali il Mezzogiorno è sistematicamente danneggiato. E ciò accade nel sistema sanitario come in quello universitario, nei servizi comunali come in quelli assegnati alle Regioni o alle Province (alias Città metropolitane). La battaglia per nuovi criteri nel riparto del fondo sanitario intrapresa dal governatore Vincenzo De Luca in Conferenza delle Regioni (peraltro in continuità con l'azione del predecessore Stefano Caldoro) ha ragioni da vendere. E andrebbe semmai estesa ad altri settori, in sede Anci.

I numeri sono tanti, si è detto, e quindi c'è il rischio di perdersi. Ecco perché Il Mattino ha scelto due esempi circoscritti e concreti, confrontando realtà omogenee, per approfondire, in base ai criteri più aggiornati, come vengono ripartite le risorse. I servizi pubblici presi a campione sono la manutenzione delle strade ex provinciali nelle Città metropolitane di Milano e di Napoli e la sanità in Piemonte e in Campania. Strade.

La manutenzione dei 130mila chilometri di strade provinciali è uno dei punti deboli del sistema Italia e il crollo del viadotto in provincia di Lecco evidenzia che ci sono difficoltà sia a Nord che al Sud. Tuttavia la nota metodologica sulla «Determinazione dei fabbisogni standard per le Province e le Città metropolitane» nasconde tra le 88 pagine delle vere e proprie trappole per il Mezzogiorno. Si prenda ad esempio il calcolo del fabbisogno di risorse per la manutenzione delle strade in due Città metropolitane: Milano e Napoli. Sono territori simili, che hanno più o meno il medesimo numero di abitanti (più di 3 milioni) e di veicoli circolanti (2 milioni). Le strade gestite dalla Città metropolitana di Milano sono quasi 800 chilometri mentre in quella di Napoli il doppio: 1.629 chilometri. Eppure a Milano vengono assegnati per la manutenzione 27 milioni e a Napoli 15 milioni.

Com'è possibile? La formula elaborata dalla Sose (società del ministero del Tesoro) e vidimata dalla Ctfs (Commissione tecnica fabbisogni standard) parte, come ci si aspetta, dal numero di chilometri di strade da manutenere e per il «fabbisogno base» assegna a Napoli il doppio di Milano. C'è poi un piccolo correttivo, che vale per entrambi gli enti, legato al fatto che sono Città metropolitane e non più Province. Ci sarebbe poi un secondo correttivo, proporzionale ai chilometri di strada in montagna, perché tali arterie richiedono una manutenzione più intensa. A Milano, in piena pianura Padana, è indicato giustamente zero visto che l'altura maggiore, nel Comune di Rescaldina, non arriva a 250 metri.

E Napoli? Anche nella Città metropolitana di Napoli i chilometri di strada montana sono giudicati zero, nonostante vi siano ben tredici Comuni che superano i mille metri di quota, sia per la presenza del Vesuvio, sia del Faito, con il massimo a Pimonte che arriva a una vetta di 1.444 metri. Ogni chilometro di strada montana ha un bonus aggiuntivo di 2.744 euro, che a Napoli non scatta. Mentre il bonus arriva, per esempio, per Province non particolarmente montane come Pavia, Forlì-Cesena, Rimini o Latina. E non è finita qui. I tecnici della Sose - sigla che sta per Soluzioni per il Sistema Economico - hanno introdotto un altro bonus che da solo vale più di tutte le somme precedenti: un gettone di 17,87 euro per ogni occupato.

Cosa c'entri il tasso di occupazione con la riparazione delle buche è difficile da comprendere. Se proprio si voleva correggere il mero dato dei chilometri di asfalto, si poteva tener conto dei veicoli circolanti. Ma gli occupati, guarda caso, hanno il non trascurabile merito di essere presenti più al Nord che al Sud e così, per tornare al confronto Milano-Napoli, grazie a quasi 1,4 milioni di occupati la città lombarda riceve un bonus di 25 milioni (dieci volte il fabbisogno base) mentre la città campana deve accontentarsi di 10 milioni. Tirate le somme, Milano riceve 34mila euro a chilometro e Napoli 9mila, senza che nessun report ufficiale evidenzi e spieghi le ragioni di una tale palese sperequazione.

Sanità. Qui la vicenda è nota e ha indignato anche il vescovo di Napoli Crescenzio Sepe: si riducono risorse dove si ha la ventura di morire prima. La formula Calderoli sui costi standard - scritta nel 2011 e in funzione dal 2013 - pesa la popolazione per fasce di età, favorendo i territori con più anziani, cioè quelli del Nord. Con la Campania che, a causa di tale criterio, è ultima in Italia per riparto pro capite. Ma se, invece di pesare le età, si contassero le malattie, il riparto cambierebbe.

In un confronto Piemonte-Campania risulta evidente, in base alle rilevazioni Istat sulle «condizioni di salute» degli italiani nel 2015, che per non pochi parametri sono i cittadini campani a passarsela peggio e ad avere quindi bisogno di maggiore assistenza sanitaria. I dati sono evidenti per alcune malattie croniche come il diabete (che colpisce il 5,3% dei residenti in Piemonte e il 6,7% in Campania), l'ipertensione (17,8% in Piemonte e 18,6% in Campania), l'osteoporosi (6,4% in Piemonte e 7,3% in Campania).

Per altri parametri, sono i piemontesi a vedersela peggio; tuttavia il dato riassuntivo della speranza di vita, sempre su fonte Istat, assegna a un piemontese 1,6 anni in più se maschio e 1,7 anni se femmina, segno di condizioni di salute generalmente migliori in Piemonte. Ci si aspetterebbe, quindi, un maggiore impegno pubblico per la sanità campana soprattutto sul fronte della prevenzione e, invece, accede esattamente il contrario visto che ogni piemontese, sul riparto 2016, vale per lo Stato italiano 1.818 euro, mentre il cittadino campano conta solo 1.733 euro.

Se si ragionasse in base alle effettive esigenze sanitarie della popolazione, la Campania dovrebbe ricevere più di molte altre regioni, ma la proposta di De Luca è, semplicemente, di assegnare la medesima quota a tutti ovvero 1.783 euro a testa. In pratica la Campania recupererebbe 50 euro per abitante, cioè 291 milioni di euro. Con i quali si potrebbero - per restare agli esempi concreti - comprare mille colonscopi ed effettuare più di un milione di analisi per lo screening del cancro del colon retto. Il più diffuso tumore nella popolazione italiana.


 
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