Viceministro Morando: la giustizia
civile lumaca frena l'economia

Viceministro Morando: la giustizia civile lumaca frena l'economia
di Marco Esposito
Venerdì 21 Ottobre 2016, 16:14 - Ultimo agg. 21:25
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Varata la manovra, scattano le critiche. Se le aspettava, visto che siamo di fronte a un intervento nell'insieme espansivo? «Francamente sì, non sono sorpreso. È vero - risponde il viceministro dell'Economia, Enrico Morando - che la manovra del 2017, al contrario di quelle di qualche anno fa, è espansiva. Direi lievemente espansiva, per i noti vincoli europei. Per chi è portatore di interessi legittimi, tuttavia, c'è sempre ragione di trovare le misure non soddisfacenti, di criticare le scelte fatte».

Come quella di puntare sulle imprese più che sul sostegno ai consumi.
«La misura più forte in termini di dimensione va proprio in direzione dei consumi, ma mi rendo conto che non è visibile».
A cosa si riferisce?
«Al mancato aumento dell'Iva. Se non fossimo intervenuti l'Iva nel 2017 sarebbe salita per legge dal 22 al 24%. Sono 15,5 miliardi ma è chiaro che i consumatori non percepiscono il vantaggio di aver sventato l'aumento».
Mentre percepiscono la stagnazione dei consumi.
«I consumi si sono ridotti dopo la crisi iniziata nel 2007, tuttavia non in misura fortissima perché le famiglie hanno attinto ai risparmi. Mentre gli investimenti sono caduti in misura drammatica: del 30%. Se vogliamo una ripresa significativa, diciamo sopra l'1% senza impiccarci ai decimali, servono misure che spingano la ripresa degli investimenti, come i super ammortamenti confermati al 140% e gli iper ammortamenti che arrivano al 240%».
Agevolazioni interessanti per aziende che macinano utili. Il che al Sud non è così frequente, non crede?
«Sono convinto che nel Mezzogiorno sia necessaria una maggiore intensità di intervento e devo dire che la decontribuzione per chi assume al Sud sarà più elevata. In Campania, con la collaborazione della Regione, si arriva quasi al doppio della misura nazionale. Inoltre ci sarà un credito d'imposta automatico».
Sarà sufficiente a convincere un imprenditore estero a investire nel Mezzogiorno?
«Lo sarà insieme al super e all'iper ammortamento. Sono convinto che i provvedimenti che abbiamo messo in campo funzioneranno in tutta Italia».
La manovra 2017 sarà ricordata soprattutto per la chiusura di Equitalia. La quale ha in pancia crediti per 315 miliardi sui quali conta di non recuperare un euro, nonostante le azioni avviate, come i pignoramenti. Che fine faranno quelle cartelle?
«L'attività di Equitalia torna all'interno del ministero dell'Economia. Ma non c'è una modifica che riguarda i rapporti tra cittadini e fisco: se c'è una somma incagliata, accumulatasi negli anni, ciò è dovuto alle iniziative giudiziarie. La giustizia civile è una lumaca: ha tempi incompatibili con l'economia e con una ordinata vita sociale. Accade lo stesso per gli incagli e le sofferenze bancarie».
Sia esplicito: i vecchi debiti dei contribuenti con Equitalia saranno considerati decaduti con la scadenza del 31 dicembre 2017?
«Se la giustizia civile non accelera, accadrà quello che deve accadere. Come governo ci siamo impegnati in una riforma importante, come il processo telematico. Sono convinto che il male del nostro Paese è nella giustizia civile: le controversie hanno tempi incompatibili con l'efficacia. Ma tutto ciò, ripeto, non ha a che fare con il sistema di riscossione e con la sorte di Equitalia».
Anche la politica non scherza con i suoi tempi. Lei è a Napoli per un convegno sulla riforma del catasto, di cui ancora non si vede la fine...
«Vero. La legislatura va verso l'ultima fase e la revisione del catasto ha molte probabilità di non essere realizzata. In tale campo, il nostro governo non ha fatto meglio dei precedenti: il Parlamento ci ha dato una delega per la riforma, ma questa è scaduta senza essere esercitata».
Perché?
«Anche se si dice la riforma va fatta con invarianza di gettito, che sembra una formula di salvaguardia, ci si riferisce all'incasso complessivo dell'erario; ma è inevitabile che con ogni revisione dei criteri ci sarà chi pagherà di più e chi di meno. E i governi frenano. Viene da chiedersi: siamo tutti pusillanimi?»
Cosa si risponde?
«Il problema è che chi rischia di pagare di più se ne accorge e reagisce, mentre che potrà risparmiare aspetta di vedere il provvedimento definitivo».
Come se ne esce?
«Intanto attraverso una migliore capacità della politica di decidere. E il riferimento al referendum costituzionale non è casuale. Poi vanno spiegate le iniquità della attuale situazione del catasto: c'è chi in periferia paga più di chi è in zone che un tempo erano semicentrali e ormai sono centro. Ma tutto ciò va fatto se la politica dice supereremo le iniquità e la riforma la si vara nel primo anno della legislatura. Poi, nel caso, si utilizza il resto del tempo per fare verifiche e correggere eventuali distorsioni».
Lei parla di equità, ma intanto che sistema è quello dei fabbisogni standard che assegna fabbisogno zero ai Comuni che non hanno servizi, come gli asili nido e i trasporti locali?
«Il nuovo meccanismo non è fine a se stesso. È un profondo cambiamento, con il passaggio peraltro graduale dalla spesa storica al fabbisogno e ai costi standard».
Ma se si passa da una spesa storica zero a un fabbisogno zero, scusi, cosa cambia?
«Cambia che si è fatto un passo avanti. È evidente che quegli zeri a taluni Comuni per gli asili nido e per il trasporto pubblico locale sono l'effetto paradossale di un metodo che va corretto. Nessuno pensa che sia giusto dare a Caserta un fabbisogno zero per gli autobus! Però non dimentichiamo che i trasferimenti sono ancora in gran parte in base alla spesa storica, per cui c'è tempo di perfezionare il meccanismo e di correggere quel che va corretto».