Terrorismo, i servizi segreti: «Cresce rischio attacchi. Italia obiettivo, è simbolo della cristianità»

Terrorismo, i servizi segreti: «Cresce rischio attacchi. Italia obiettivo, è simbolo della cristianità»
di Valentina Errante e Cristiana Mangani
Venerdì 27 Febbraio 2015, 14:46 - Ultimo agg. 18:48
4 Minuti di Lettura

Le insidie dell’estremismo ”homegrown”, la propaganda dell’Isis, rivolta ai potenziali mujaheddin in occidente, pronti a sacrificarsi per la ”causa” nelle nostre città, e il pericolo dei foreign fighters. La relazione annuale dei servizi segreti, consegnata al governo e diffusa oggi, guarda soprattutto al terrorismo internazionale e al «crescente rischio di attacchi in territorio europeo», anche se dedica un capitolo alle mimacce all’economia e un altro alle «spinte antisistema» di casa nostra, legate soprattutto alla crisi globale. Dai No Tav alle periferie in rivolta.

L’allerta, dopo gli attentati del 2014, è ovviamente per l’estremismo islamico. La «minaccia - si legge nella relazione interessa anche l’Italia potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità evocata, di fatto, dai reiterati richiami alla conquista di Roma presenti nella propaganda jihadista».

I FOREIGN FIGHTERS

«Il fenomeno dei foreign fighters ha assunto nel 2014 dimensioni del tutto inedite, facendo ipotizzare che siano almeno tremila i mujaheddin partiti dalla sola europa, di cui oltre 500 provenienti dalla Regione balcanica dove operano diverse e strutturate filiere di instradamento dei volontari». «Per quanto riguarda l’Italia - si legge nella relazione - la specifica minaccia deve essere valutata non solo per gli sporadici casi nazionali, ma anche e soprattutto tenendo presente l’eventualità di un ripiegamento sul nostro territorio di estremisti partiti per la Siria da altri Paesi europei, anche in ragione delle relazioni sviluppate sul campo tra militanti di varia nazionalità.

A conferma della condivisa percezione del pericolo, rappresentato dai combattenti stranieri impegnati nei teatri di jihad, in specie quello siro-iracheno, si pongono le iniziative assunte nei più qualificati consessi internazionali».

LA MINACCIA

«E’ da ritenersi crescente - annotano i servizi di sicurezza - il rischio di attacchi in territorio europeo ad opera di varie “categorie” di attori esterni o interni ai Paesi-bersaglio: emissari addestrati e inviati dall’Is o da altri gruppi, compresi quelli che fanno tuttora riferimento ad al Qaida; cellule dormienti; foreign fighters di rientro o “pendolari” dal fronte (commuters); familiari/amici di combattenti (donne incluse) attratti dall’“eroismo” dei propri cari, specie se martiri; "lupi solitari" e microgruppi che decidano di attivarsi autonomamente (self starters). Ciò sulla spinta anche di campagne istigatorie, che ritengono pagante trasformare il continente europeo in “terreno di confronto” con l’Occidente, in chiave di rivalsa, e tra le stesse componenti della galassia jihadista, nel quadro di dinamiche di competizione tutt’altro che univoche. Sebbene ad oggi non siano emerse attività di pianificazione ostili in territorio nazionale riconducibili allo Stato Islamico o adaltre formazioni del jihad globale, la minaccia interessa anche l’Italia, potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità evocata, di fatto, dai reiterati richiami alla conquista di Roma presenti nella propaganda jihadista. Criticità all’interno dei nostri confini potrebbero derivare, altresì, dal fermento manifestato dalla diaspora turco-curda presente in Italia e, in particolare, dal segmento di simpatizzanti del Pkk turco, per le incursioni delle milizie dell’Is nei territori curdi in Iraq e Siria».

LA PROPAGANDA

«Le numerose operazioni di polizia condotte in Europa e il monitoraggio dell’intelligence fanno stato di come lo spazio comunitario risulti permeabile alle attività di proselitismo e reclutamento. Si moltiplicano infatti i segnali di cooptazione ideologica di aspiranti mujaheddin incoraggiati a raggiungere in massa, famiglie al seguito, la nuova patria per contribuire all’opera di State building. In particolare è emersa la presenza di quella che potrebbe essere definita come una nuova generazione di jihadisti molto giovani, spesso con scarse conoscenze sul piano dottrinale ma ben informati sulla pubblicistica d’area e con ottime competenze informatiche. Proprio in riferimento all’uso del web quale strumento di propaganda e comunicazione, si è registrata la tendenza a privilegiare i social network, attraverso i quali, tra l’altro, i foreign fighters europei, per spronare i connazionali correligionari, alimentano un’informazione parallela ai comunicati “ufficiali” dei gruppi armati – per altrosempre più spesso sottotitolati o tradotti in italiano – diffondendo immagini di guerra eulogie dedicate ai martiri e testimonianze della loro esperienza accanto ai fratelli provenienti da tutto il mondo. In questo contesto, appare sempre più concreto il rischio che, nel magmatico universo della messaggistica, agiscano veri e propri centri di reclutamento per aspiranti jihadisti, in grado di intercettare la domanda di estremisti homegrown che, insoddisfatti da un impegno esclusivamente virtuale e del ruolo di meri divulgatori, aspirino a trasferirsi nel teatro siro-iracheno».