Roma, Marino si dimette ma avverte: ho 20 giorni per ripensarci

Roma, Marino si dimette ma avverte: ho 20 giorni per ripensarci
di Simone Canettieri
Giovedì 8 Ottobre 2015, 11:09 - Ultimo agg. 9 Ottobre, 08:35
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Ignazio Marino si è dimesso. «Lo faccio per l'interesse di Roma, ma ho venti giorni per ripensarci». «Care romane e cari romani - si rivolge il sindaco con una lettera ai cittadini - ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Quando, poco più di due anni e mezzo fa mi sono candidato a sindaco di Roma l’ho fatto per cambiare Roma, strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso».

«Quella sfida - prosegue Marino - l’abbiamo vinta insieme. In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo – nessuno sapeva – quanto fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la sfida vinta: il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli oggi sono tagliati, le grandi riforme avviate, i bilanci non sono più in rosso, la città ha ripreso ad attrarre investimenti e a investire».

«I risultati, quindi, cominciano a vedersi. Il 5 novembre su mia iniziativa il Comune di Roma sarà parte civile in un processo storico: siamo davanti al giudizio su una vicenda drammatica che ha coinvolto trasversalmente la politica. La città è stata ferita ma, grazie alla stragrande maggioranza dei romani onesti e al lavoro della mia giunta, ha resistito, ha reagito. Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani».

«Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine. Ho tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare avanti nel suo cambiamento. Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti. Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni».

«Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche. Questi i motivi e il quadro in cui si inseriscono le mie dimissioni. Nessuno pensi o dica che lo faccio come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia decisione di pubblicarli sul sito del Comune».

«Chi volesse leggerle in questo modo è in cattiva fede. Ma con loro non vale la pena di discutere. Mi importa che i cittadini – tutti, chi mi ha votato come chi no, perché il sindaco è eletto da una parte ma è il sindaco di tutti – comprendano e capiscano che – al di là della mia figura – è dal lavoro che ho impostato che passa il futuro della città. Spero e prego che questo lavoro – in un modo o nell’altro – venga portato avanti, perché non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio», conclude Marino.

Una lettera che arriva al termine di una giornata lunghissima che ha visto un pressing crescente sul sindaco per convincerlo alle dimissioni con il passo indietro del vicesindaco Marco Causi e degli assessori Stefano Esposito e Luigina Di Liegro: «Non sussistono più le condizioni per andare avanti», hanno detto.

Anche Di Liegro era entrata in giunta con Causi, Esposito e Rossi Doria nell'ultimo rimpasto, quello che avrebbe dovuto aprire la «fase due» della giunta Marino.

L'assessore alle Politiche sociali, Marco Rossi Doria, che inizialmente si diceva si fosse dimesso, lasciando il Campidoglio ha invece smentito: «Non ho usato la parola dimissioni, ho fatto una riflessione chiedendo a tutti se, dato che siamo in democrazia, c'è o meno una maggioranza per governare e questa riflessione è ancora in corso. Il mio papà, senatore della Repubblica, mi ha insegnato che si governa con le maggioranze. Ma bisogna sapere se c'è o no perchè c'è stato un grande lavoro e quindi bisogna capire se c'è la maggioranza che sostiene questo lavoro».

La vicenda ha preso una svolta dopo l'incontro di ieri notte tra il premier Matteo Renzi e Matteo Orfini, commissario dem. Nel pomeriggio si sono susseguite riunioni ed incontri, con Marino che però respingeva l'ipotesi dimissioni. ll commissario del Pd Matteo Orfini e il segretario Sel Paolo Cento, che attendevano un passo indietro del sindaco entro le 16, si sono visti per valutare la strada della sfiducia in Aula. Poi Orfini ha incontrato al Nazareno i consiglieri Democratici che siedono nell'Aula Giulio Cesare.

«La fine di questa amministrazione è inevitabile. I tempi sono molto stretti» ha detto nel pomeriggio l'assessore Esposito parlando a SkyTg24, «Si è delineato un quadro che non ci permette più di andare avanti. A Roma c'è Mafia capitale, non possiame passare il nostro tempo a parlare di scontrini. Chiunque arriverà a maggio in Campidoglio si troverà davanti a una situazione molto complicata, con un livello di corruzione che a confronto il Pio Albergo Trivuzio di Mani Pulite era un covo di lattanti».

Tensioni in piazza del Campidoglio dove alcuni assessori hanno lasciato il palazzo accompagnati dal coro "Buffoni" e da un lancio di monetine.

Intanto fonti della Procura di Roma facevano sapere che l'annunciata restituzione di ventimila euro e della carta di credito del Comune non ha effetti sulla valutazione della vicenda delle spese effettuate dal sindaco Ignazio Marino da parte dei pm della Procura di Roma. In sostanza si ribadisce il fatto che il peculato, reato ipotizzato nell'esposto finito nel fascicolo ancora contro ignoti, è di natura "istantanea" e quindi la restituzione del denaro non lo estinguerebbe nel caso in cui venisse riscontrato.

In Procura, intanto, sono due gli esposti giunti: il primo da parte di Fratelli d'Italia, il secondo, depositato ieri pomeriggio, da parte del Movimento 5 Stelle. Sul documento di Fdi si stanno effettuando verifiche in quanto sarebbe giunto in Procura via telefax. L'indagine è stata avviata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e affidata al pm Roberto Felici.

Il sindaco dimissionario di Roma ha lasciato il Campidoglio in serata da un ingresso secondario di Palazzo Senatorio ed è entrato in auto. L'area attorno l'ingresso Sisto IV del Campidoglio era transennata e presidiata dalle forze dell'ordine. Marino è tornato subito a casa. Il sindaco-chirurgo uscito dall'auto si è infilato rapidamente a casa senza rilasciare dichiarazioni.

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