Vesuvio, l'iPhone lava Napoli
col fuoco. «Ecco perché capita»

Vesuvio, l'iPhone lava Napoli col fuoco. «Ecco perché capita»
di Marco Perillo
Giovedì 12 Gennaio 2017, 10:01 - Ultimo agg. 13 Gennaio, 08:30
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Non bastavano i beceri cori che quasi ogni domenica o in qualsiasi turno infrasettimanale della serie A riecheggiano negli stadi italiani, a cominciare da quello della Juventus a Torino per estendersi a macchia d'olio in tutta la Penisola. «Vesuvio, lavali col fuoco» è la canzoncina più odiata dai tifosi del Napoli, che da ieri, come una tremenda beffa, si sono ritrovati lo stesso leit-motiv digitando la parola «Vesuvio» sui dispositivi della Apple.

Basta infatti scrivere il nome del vulcano campano all'interno delle note così come nei messaggi Whatsapp, nelle mail oppure a margine dello schermo, che compaiono le seguenti parole suggerite: «lavali», «col» e «fuoco». Praticamente, la frase che compone l'irritante sfottò. Un fenomeno scoperto e denunciato dal conduttore della seguitissima trasmissione sportiva «Radio Goal» Valter De Maggio, sule frequenze di Radio Kiss Kiss. Una goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo e che ha mandato su tutte le furie i tifosi partenopei. In centinaia si sono scatenati coi commenti più disparati sui social. Tanto che su Twitter è stato lanciato l'hashtag #AppleVesuvio per protestare contro l'azienda di Cupertino e chiederle di cambiare subito i suggerimenti della cosiddetta «tastiera predittiva».

«Voglio spiegare come funziona - ha raccontato De Maggio - la tastiera predittiva è un algoritmo, crea un dizionario locale, acquisisce dal web le parole più frequenti, più viene utilizzato un termine, più viene suggerito. Abbiamo fatto alcune prove, abbiamo inserito altri termini e neologismi frequenti non compaiono. Se scrivo Juve esce storia, se scrivo Vesuvio deve uscire Napoli, non lavali col fuoco. In un momento storico in cui si cerca di sensibilizzare sul tema del razzismo, questa circostanza non può passare inosservata e speriamo che l'azienda statunitense riesca a modificare e a migliorare il suo algoritmo in questo caso particolare. È una vicenda gravissima».

In effetti, come ha raccontato De Maggio, tutto sarebbe dovuto agli algoritmi. Ovvero, una serie di istruzioni matematiche che posso permettere di associare sui dispositivi le parole più ricercate in Rete, i cosiddetti «trend topic». Facciamo un esempio: se in un determinato territorio - come la Campania o l'intera Italia - si digita continuamente la frase «Vesuvio lavali col fuoco» o semplicemente si caricano e si condividono video sull'argomento, è possibile che il vocabolario in locale di uno smartphone «impari» quelle parole di uso molto comune e le «ripeta». Il che, in qualche modo, è la controprova che sul Web sono costantemente effettuate ricerche sulla discriminazione territorale nei confronti dei napoletani.

«Il concetto principale è che tutte le parole più tipiche che viaggiano in Rete sono immagazzinate in grossi database- spiega Ernesto Burattini, già ordinario di Informatica alla Federico II -. Possiamo vedere gli algoritmi come dei navigatori nascosti che girano in rete e trovano queste parole sensibili e le ripropongono agli utenti. Un po' come avviene coi messaggi pubblicitari che ci appaiono su molti siti e che riflettono le ricerche che noi facciamo in Rete. Molto spesso queste informazioni, sono fornite a ditte che poi vendono pubblicità».

Un'altra spiegazione per cui accade il fenomeno «Vesuvio» potrebbe essere il cloud: un grande bacino di espressioni dalla lingua italiana che spesso segnala espressioni di uso comune tra gli utenti. Dunque, nessuna volontarietà da imputare alla Apple, anche se il fenomeno non si ripete su altri tipi di dispositivi, come Android. Ciò, spiegano gli esperti, potrebbe dipendere dal tipo di protezione, che è diverso da un supporto a un altro.

Intanto centinaia di napoletani sono sul piede di guerra e la rabbia corre sui social. «Compro IPhone e Ipad razzisti a metà prezzo» ha scritto qualcuno, tra il serio e il faceto. Poiché all'ombra del Vesuvio è così: se si tocca una nota dolente come questa, non si perdona niente, e nemmeno alla tecnologia.

Eppure non è la prima volta che a livello internettiano capita una cosa del genere: nel giugno 2015 destò scalpore una scoperta che fece parlare il popolo della Rete per giorni e giorni. Se si digitava su Google Maps la frase «lavali col fuoco», l'indicatore portava dritto proprio all'immagine del Vesuvio. In quel caso si trattò dello scherzo di qualche buontempone che sparse in Rete diversi bug, non dimenticando la «legge del contrappasso». Si prendeva in giro anche la «Vecchia Signora»: se infatti si digitava «vai a cagare» si veniva spediti direttamente allo Juventus Stadium. Tanto che Google Italia intervenne per scusarsi, ma solo con la Juve. Il riferimento al Vesuvio è rimasto.
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