Furbetti del cartellino, sì al licenziamento lampo

Furbetti del cartellino, sì al licenziamento lampo
Venerdì 17 Febbraio 2017, 13:26 - Ultimo agg. 18 Febbraio, 07:50
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ROMA Tornano i licenziamenti sprint per i furbetti del cartellino. O meglio sarebbe dire restano, perché nonostante la pronuncia della Consulta di novembre dello scorso anno che aveva indicato il provvedimento tra quelli sui quali era necessaria un'intesa con le Regioni, il decreto è sempre rimasto in vigore. Ieri il consiglio dei ministri ha semplicemente adottato quello che tecnicamente si chiama un «correttivo» del testo, per andare proprio incontro ad alcune delle richieste arrivate dai governatori per dare il loro disco verde alla normativa sul licenziamento dei furbetti. L'impianto, dunque, nella sostanza rimane immutato. Chi è colto in flagrante, anche mediante riprese video, a timbrare il cartellino e ad allontanarsi dal posto di lavoro, dovrà essere sospeso entro 48 ore in via cautelare dallo stipendio, fatto salvo il diritto all'assegno alimentare. Il procedimento disciplinare dovrà partire immediatamente, e dovrà concludersi eventualmente non il licenziamento entro 30 giorni. Se il dirigente responsabile del dipendente furbetto si gira dall'altra parte, rischia di essere messo alla porta anche lui. Nel decreto bis viene introdotto «l'obbligo di comunicazione dei provvedimenti disciplinari all'Ispettorato per la funzione pubblica entro 20 giorni dall'adozione degli stessi». La novità ha l'obiettivo, spiega il governo, di «consentire il monitoraggio sull'attuazione della riforma, anche per adottare ogni possibile strumento che ne garantisca la piena efficacia». Tutti i dati saranno così raccolti in un cervellone informatico ad hoc che consentirà di controllare in modo accurato l'andamento delle sanzioni, dai richiami ai licenziamenti, passando per le sospensioni.

LE ALTRE NOVITÀ
Oltre al decreto sui furbetti, ieri il governo ha approvato anche la nuova versione del provvedimento taglia-partecipate, quello che secondo le intenzioni dovrebbe portare ad uno sfoltimento delle società controllate da Comuni e Regioni che dovrebbero alla fine essere ridotte da circa 8 mila a solo mille. La principale novità è la proroga di tre mesi del termine per la ricognizione, in funzione della revisione straordinaria, di tutte le partecipazioni possedute. La scadenza individuata precedentemente era quella del 23 marzo, che viene invece spostata al 30 giugno 2017 per dare tempo alle amministrazioni di adeguarsi al decreto. Alla stessa data viene rinviata anche la ricognizione del personale del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze. Non vengono invece cambiati i parametri delle società che devono essere chiuse: quelle che non rientrano nei settori consentiti, quelle che hanno un fatturato inferiore a 1 milione di euro, quelle costantemente in rosso, quelle che hanno più consiglieri di amministrazione che dipendenti. Tra le altre novità comunicate da Palazzo Chigi c'è anche la possibilità per Regioni e Comuni di avere partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale la produzione di energia da fonti rinnovabili. Inoltre »le università possono costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche. Infine, nel caso di partecipazioni regionali, l'esclusione, totale o parziale, di singole società dall'ambito di applicazione della disciplina - si legge - potrà essere disposta con provvedimento motivato del Presidente della Regione, adottato in ragione di precise finalità pubbliche nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità.
Non è invece stato approvato il terzo dei decreti correttivi della legge Madia, quello sui criteri di nomina dei direttori delle Asl. La norma in vigore prevede che vengano selezionate delle rose di nomi all'interno delle quali i governatori dovrebbero scegliere i manager. Le Regioni vogliono far saltare questa norma. Ieri il decreto non è stato esaminato per l'assenza del ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

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