Campania, servizio civile scoperto
l'esercito dei finti volontari

Campania, servizio civile scoperto l'esercito dei finti volontari
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 14 Settembre 2017, 10:39
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Giovani aspiranti volontari usati come «bancomat». Venivano reclutati, inseriti nei progetti del servizio civile, utilizzati come prestanome per sbloccare finanziamenti europei. Un affare costruito a tavolino, grazie a un sistema che prevedeva l'uso di «comparse», ma anche di moduli prestampati da compilare, in modo da dirottare i quattrocento euro mensili che lo Stato riserva a chi svolge servizio civile a una organizzazione accreditata presso la regione Campania.

Una trama che, ridotta ai minimi termini, funzionava in questo modo: il finto volontario prestava la propria identità, girando le quattrocento euro alla associazione, in cambio di un bonus di ottanta euro mensili che gli venivano «restituiti» sempre dalla onlus di riferimento. Un andazzo che risale al 2015, almeno secondo l'ipotesi che ha spinto la Procura di Napoli a scoperchiare un nuovo possibile pentolone in materia di mala gestione di soldi pubblici, facendo scattare blitz e sequestri a carico dei presunti faccendieri. Truffa è l'accusa mossa dal pm Raffaello Falcone, magistrato in forza al pool coordinato dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, in un'inchiesta che vede al momento sette indagati. Perquisizioni messe a segno dalla Guardia di Finanza, sotto i riflettori finisce l'associazione di volontariato «Feder Mediterraneo», legalmente rappresentata da Giovanni Oriani e accreditata dal 2014 all'Albo della Regione Campania per la presentazione dei progetti di servizio civile nazionale. Chiara l'ipotesi investigativa: la «Feder Mediterraneo» viene indicata come il soggetto che si è sostituito nelle attività illegali condotte anni fa dalla associazione «Un'ala di riserva», cancellata dal dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale, in seguito all'arresto del suo presidente Alfonso De Martino. In sintesi, dopo le indagini sull'accoglienza degli immigranti, che hanno colpito «Un'ala di riserva», sarebbe entrata in gioco la «Feder Mediterraneo».

Se la prima associazione puntava a gestire i «pocket money» riservati agli immigrati del nord Africa presenti nelle strutture di accoglienza, la seconda avrebbe un altro obiettivo, meno vistoso ma decisamente redditizio: il servizio civile. Ed è in questo scenario che, oltre a Oriani, finiscono sotto indagine anche Alfonso De Martino (ex patron di «Un'ala di riserva»), altri presunti soci in affari, tra cui Paolo De Martino (fratello di Alfonso); Vittorio Colurci, indicato come reclutatore di giovani da inserire nelle liste del servizio civile; Tiziana Dente, Aniello Pirozzi e Raffaele Savarese. Tutti i soggetti coinvolti - bene chiarirlo - potranno difendersi nel corso del seguito delle indagini, dimostrando la correttezza della propria condotta. Ma in cosa consiste questo nuovo filone di indagine? Scrivono gli inquirenti: «È emerso che i volontari assegnati alla realizzazione del progetto denominato Sos cultura Vallo di Diano 2010, per il quale sono stati impiegati per finalità difformi rispetto a quelle previste dal progetto».

Ma non è tutto. In altri casi, infatti, «i volontari non sono stati impiegati in alcuna attività sulla base di un accordo illecito che prevedeva che l'Associazione in questione trattenesse il loro compenso mediante l'accredito dell'importo di 400 euro, spettante mensilmente a ciascun volontario, su carte prepagate intestate ai volontari ma materialmente nella stessa disponibilità dei soggetti che agivano per conto dell'associazione e corrispondevano mensilmente ai volontari la somma di 80 euro in contanti». Insomma, una partita di giro. Difeso dai penalisti Maurizio Messuri e Salvatore Pane, Alfonso De Martino rese due anni fa alcune dichiarazioni ai pm, aprendo lame di luce anche del servizio civile. Nega di aver svolto attività illecite dopo il suo arresto del 2015 e si dice pronto a dimostrare la correttezza della sua nuova attività imprenditoriale. Fatto sta che sotto inchiesta ci sono 19 progetti finanziati dalla regione Campania, che hanno interessato - almeno sulla carta - qualcosa come 188 volontari. Uno scenario che potrebbe coinvolgere anche altri potenziali protagonisti dell'ultimo scandalo in materia di fondi pubblici.