Concorsi universitari pilotati: «Qui si fa squadra», le regole per l'accesso dettate in Campania

Concorsi universitari pilotati: «Qui si fa squadra», le regole per l'accesso dettate in Campania
di Mary Liguori
Martedì 26 Settembre 2017, 08:44 - Ultimo agg. 16:26
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Inviata

Firenze «Il nostro è un gioco di squadra, bisogna tenere saldi gli equilibri generali». È il cuore dei dialoghi registrati dalla guardia di finanza, frasi che si rincorrono da Firenze a Siena, da Pisa a Foggia, da Roma a Napoli dove sono complessivamente tre i docenti coinvolti nell'inchiesta Chiamata alle armi.
Ai domiciliari, oltre ad Adriano Di Pietro, è finito Fabrizio Amatucci, professore ordinario di diritto tributario alla Federico II e alla Luigi Vanvitelli di Caserta. Sono invece indagati Manlio Ingrosso e Maria Pia Nastri.

Il primo insegna alla Sun di Capua mentre la seconda è docente sia alla Suor Orsola Benincasa che alla Partenope. Le loro storie si intrecciano a quella di Guglielmo Fransoni, di cattedra a Foggia ma intenzionato a ottenere il ruolo a Napoli. Sono loro quattro, insieme a una quinta persona, docente alla Federico II ma non interdetta, P.C., i protagonisti dei due momenti investigativi che, secondo i pm di Firenze, cristallizzano l'esistenza di diverse fazioni che animano le commissioni che abilitano i docenti.


La prima fase intercettata ha per protagonisti Amatucci e Ingrosso: Fransoni nel 2015 fa pressioni su Amatucci per ostacolare l'abilitazione di un candidato e gli ricorda che, nel 2012, per fargli un favore aveva a sua volta bloccato l'abilitazione in prima fascia di una candidata napoletana, P.C., appunto. «Ricordati che anche su Roma c'è una posizione delicata in prima fascia, come quella che avevate voi a Napoli nel 2012... Quindi dovete stare un po' attenti, è una questione di politiche generale...».

Il commissario della tornata del 2012 fa pressione su Amatucci, commissario nel 2015, per ottenere il favore di ricambio. Il 13 marzo di quell'anno, Antonucci spiega alla sua assistente il meccanismo; indirettamente lo illustra anche alla guardia di finanza, attraverso le cimici. Il professore sta impartendo delle istruzioni a un'allieva su come scrivergli il giudizio della candidata in questione, le racconta «L'ho dovuta bloccare all'altra tornata». Pochi giorni dopo, Fransoni parlando con Pasquale Russo fa riferimento allo stesso episodio: «Loro quando fu l'altro concorso mi dissero che P.C. non doveva passare perché turba gli equilibri napoletani», di qui la rivendicazione alla tornata successiva.

Secondo il gip l'esclusione della donna avrebbe consentito a Amatucci e Ingrosso di poter ambire al passaggio dalla seconda università di Napoli, a loro parere meno prestigiosa, alla Federico II, nel momento in cui ci sarebbe stato il concorso per la cattedra. «Amatucci e Ingrosso spiega il gip avevano interesse a ostacolare la donna in quanto essendo ella già professore associato avrebbe occupato un posto cui entrambi aspiravano». Un altro colloquio, tra Fransoni e Ingrosso, accresce i sospetti sulla vicenda. «Noi abbiamo detto no perché non era il turno suo alla Federico II, voi mi avete fatto un ragionamento e io l'ho seguito». Pochi giorni dopo, Amatucci si vede rinfacciare quel favore del 2012 anche da Valerio Ficani.

Le intercettazioni successive, risalenti sempre alla primavera del 2015, vedono Amatucci ammettere con Valerio Ficari, altro docente indagato, di non essersi tirato indietro circa le richieste ricevute perché «la disponibilità mi sento di dargliela... Perché poi all'epoca lui con me si è reso disponibile». Del criterio dell'eredità dei favori si parla poi nei dialoghi intercettati proprio a carico della docente napoletana bloccata. «Pur di essere promossa dice Salvatore Sammartino a Carlos Maria Lopez, spagnolo in commissione da Ocse P. C. aveva fatto un accordo con Fransoni che insegna a Foggia».

La donna in un'intercettazione promette al collega di «parlare con il rettore, amico mio, per farti trasferire a Napoli se io ottengo l'abilitazione a Roma». Si evince che le pressioni sarebbero state esercitate per bloccare i candidati più titolati in modo da non escludere per merito i più preparati e, quindi, mettere a repentaglio in una prospettiva futura - i posti di cattedra disponibili nelle varie università ritenute, peraltro, al di fuori della vicenda inquadrata dalla procura di Firenze.

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