Giovani all'estero, la grande fuga:
«Così l'Italia rimane immobile»

Giovani all'estero, la grande fuga: «Così l'Italia rimane immobile»
di Pietro Treccagnoli
Martedì 12 Dicembre 2017, 09:29 - Ultimo agg. 17:36
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«Come fermare la fuga del capitale umano e recuperare una visione nazionale»: il titolo era questo. E la tavola rotonda nell'ambito della giornata del «Mattino» dedicata al dilemma dei ventenni del Sud tra restare, partire o tornare ha allineato sul palcoscenico del Mercadante un panel d'eccezione, tra istituzioni, impresa e saperi, coordinato e stimolato dal direttore Alessandro Barbano. Prima di passare agli interventi hanno preso la parola due dei dieci giovani chiamati a testimoniare con le proprie storie il disagio o il successo, ma anche disagio e successo mescolati insieme a scatenare tormenti. Felicia Tafuri, 25 anni, laureata in Filosofia, è rimasta in Italia, dopo esperienze all'estero, in particolare in Germania. Adesso si barcamena tra Salerno, dove fa ricerca all'università a titolo gratuito, e Napoli, dove vive e lavoricchia cercando di potersi pagare l'impegno non retribuito. Vincenzo Celentano, invece, ha 33 anni, è un chirurgo e da tempo si è trasferito in Inghilterra, dove dirige una importante struttura medica. Guadagna il doppio o il triplo di quando porterebbe a casa in Italia e sarebbe disposto a tornare ma solo nelle condizioni giuste. Un sogno difficile da realizzare.



Ad andare subito al punto è stato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, allargando la prospettiva all'Italia intera: «Il nostro è un Paese che si accontenta di quello che è e non di quello che potrebbe essere. È un Paese del sospetto che elimina il merito» anche se questo «non significa che l'Italia non stia reagendo». L'auspicio è un rapporto di fiducia tra le istituzioni anche perché, ha spiegato, non «possiamo assistere a un dibattito in cui, anziché aprire un fronte sul grande piano di inclusione dei giovani, azzerando ad esempio totalmente il cuneo fiscale per far entrare nelle imprese nativi digitali, e innovazione e progetto di vita e nella Pubblica amministrazione per evitare il secondo divario con le imprese, si discute di quanto deve essere la durata dei contratti a tempo determinato o come smontare il Jobs Act».
 

 

Dalla politica, presente sul palco con il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, è arrivata piuttosto una lettura più mirata sul Sud e sulla città. Il sindaco ha puntato sulla manovra: «Se vogliamo creare le condizioni di sviluppo dobbiamo evitare che gli enti locali vivano una perenne situazione di dissesto e predissesto. Così è impossibile creare qualità della vita e garantire i servizi» e ha sottolineato le disparità tra Nord e Sud, prendendo a balzo l'ipotesi del premier Gentiloni di leggi speciali: «Ma finora ne abbiamo registrate per Roma, per Milano e c'è stato un emendamento per i trasporti a Torino». Per il governatore è necessario che la questione meridionale ritorni al centro del dibattito politico, dal quale è scomparsa. Il Sud non sta beneficiando della ripresa come il Nord: «Duecentomila giovani laureati sono andati via dal Sud negli ultimi 15 anni. Il Centro-nord ha recuperato tutti i posti di lavoro perduti, noi siamo ancora sotto di 400mila. Questa è una grande questione sociale, rischiamo la desertificazione delle aree interne». E ha auspicato una rapida sburocratizzazione del Paese.



Nel merito dell'esodo giovanile dal Sud è entrato Gianfranco Viesti dell'Università di Bari ricordando che «il fenomeno non è stato governato negli anni, perché si pensa sempre che comunque gli italiani la sfangano». Invece no. Non bisogna, in ogni caso, essere pessimisti, ma preoccupati sì. Il punto è «mettere il Sud nelle condizioni di competere». Così chi va via lo fa per scelta e non per necessità. L'obiettivo è governare problemi strutturali, provando a eliminarli. Per Viesti va superato anche l'egoismo territoriale. Il recente referendum veneto, promosso dal governatore Luca Zaia, secondo il professore è stata «una richiesta eversiva» anche perché la politica non può essere sostituita dai numeri, cancellando le idee. Per non parlare della solidarietà.

Anche il presidente del Cnr, Massimo Inguscio, si è affiancato sulla stessa linea, ma sospinto dall'«ottimismo del ricercatore», ha spiegato che i giovani italiani sono altrettanto bravi che gli stranieri: «Nel mondo della ricerca, si va via dall'Italia perché manca un corretto reclutamento del capitale umano. Bisogna capire, però, che c'è bisogno di miscelare i saperi con la mobilità nazionale». È stato netto il rettore della Federico II, Gaetano Manfredi: «I giovani scelgono città dove la qualità della vita è migliore e, purtroppo, Napoli e l'Italia non sono attrattive per ricercatori stranieri, ostacolati in particolare dalla burocrazia. Così le opportunità di andare a lavorare e fare ricerca all'estero sono dieci volte maggiori che in Italia e cinquanta volte maggiori che a Napoli».

Il completo, definitivo e catastrofico esodo dei giovani, altamente specializzati e non, è l'incubo paventato dal presidente Svimez, Adriano Giannola, che vede comunque qualche segnale incoraggiante al Sud («C'è una crescita apprezzabile, ma non si può essere ancora ottimisti») perché è più reattivo mentre «si va verso un'eutanasia della questione meridionale» aggravata dallo «tsunami demografico» dovuto al bassissimo tasso di natalità, più basso nel Mezzogiorno che al Nord, che ha invertito una tendenza storica». Su tutto pesa «un dibattito politico ridotto a contrapposizione con un nemico» come ha sottolineato amareggiato il filosofo e politologo Biagio De Giovanni. Per l'accademico dei Lincei, però, «la mobilità dei giovani laureati non è necessariamente un problema, perché le elite sono sempre state cosmopolite». Piuttosto dà da pensare «lo smarrimento dell'identità nazionale negli egoismi delle piccole patrie» ha commentato, aggiungendo che con l'esito delle prossime elezioni «non è da escludere una disgregazione nazionale». Segno che avere lo svuotamento della coscienza civile e l'evanescenza di una visione nazionale è una tragedia non solo per chi ha vent'anni.
 

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