Baccalà vesuviano tradizione in onda dai mari del Nord

Baccalà vesuviano tradizione in onda dai mari del Nord
di Livio Coppola
Lunedì 14 Marzo 2016, 06:10
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C'è una lunga linea invisibile che collega l'Europa del Nord alle pendici del Vesuvio. Dalle isole norvegesi Lofoten, ma anche dall'Islanda, fino a Somma Vesuviana, ad oggi polo incontrastato del Sud Italia nella trasformazione e commercializzazione di baccalà e stoccafisso, eccellenze dei mari scandinavi, evoluzione, dietro un severo processo di lavorazione, del merluzzo «Gadus Morhua».

Un prodotto che negli anni si è affermato con forza in provincia di Napoli grazie al commercio, diventando al contempo cibo gourmet in grado di attirare migliaia di famiglie all'anno nei ristoranti tipici locali. Quella del rapporto tra Somma e il tandem baccalà-stoccafisso è storia lunga e suggestiva, e viene ben raccontata dal volume di Carmine Cimmino (Note di storia del baccalà nella dieta vesuviana e napoletana) realizzato dalle associazioni «Oltre il giardino» e «Casa Vesuvio».

Si parte dal 1500, quando si svilupparono i primi affari, sulle rotte marittime, tra produttori vesuviani e del Nord Europa. A Napoli la diffusione di baccalà (merluzzo essiccato e conservato sotto sale) e stoccafisso (essiccato, ma senza sale) venne favorita in prima battuta dalla Controriforma cattolica, che vietava il consumo di carne nelle feste comandate. L'alternativa prese piede anche e soprattutto nei dintorni del capoluogo, grazie anche al ruolo dei monaci di Madonna dell'Arco, che tra Sant'Anastasia e Somma insediarono e utilizzarono le prime vasche adatte ad «ammollare» il pesce, dunque a farlo rinvenire per essere poi lavorato e messo in commercio come un prodotto fresco.

Pian piano sotto il Vesuvio (o meglio, sotto il Monte Somma), si è diventati maestri, tanto da far sorgere aziende che oggi si sono guadagnate un ruolo da leader nel settore. Somma Vesuviana, da polo del baccalà, per i rapporti che ha consolidato con Norvegia e Islanda, è la maggiore realtà produttiva del Mezzogiorno, in Italia insidiata solo da Veneto e Marche. Negli ultimi anni si è investito di più sulla promozione, tanto da arrivare alla creazione di un comitato, il «Co.Ves»., che su iniziativa dell'Ascom ha riunito alcune imprese per rafforzare il lavoro di valorizzazione. Lo stesso comitato si è reso protagonista, negli ultimi due autunni, della «Festa del baccalà», che ha coinvolto i ristoranti del posto nella preparazione di piatti somministrati al momento a centinaia di visitatori.

«La prossima edizione dovrebbe svolgersi a fine settembre - spiega Mimmo De Falco, anima del comitato - Il nostro lavoro si concentra principalmente sul baccalà, per cui abbiamo sviluppato un rapporto fortissimo con l'Islanda. Allo stesso tempo, come da tradizione, un legame altrettanto solido i nostri produttori lo detengono con la Norvegia per lo stoccafisso. Basti pensare che la famiglia Cimmino ha aperto a Somma un negozio di prodotti norvegesi, con imminenti prospettive di ampliamento. Tornando al comitato, l'obiettivo è quello di andare oltre la festa, promuovendo gusto e tradizione per tutto l'anno, anche nelle scuole. Pian piano speriamo di riuscirci». D'altra parte si parla di prodotti ad alto contenuto proteico, vitaminico, ricchi di sali minerali. E poi gustosi, con abbinamenti sempre più complessi, studiati e messi nel piatto da sapienti chef e ristoratori.

«Nell'ultima festa erano in tredici - continua De Falco - ormai a Somma Vesuviana non c'è ristorante che non prepari qualche specialità di baccalà e stoccafisso. Chi viene qui a mangiare si aspetta di trovarle». E che specialità, dal baccalà fritto alla variante della parmigiana, fino alla spettacolare genovese da servire con paccheri.

Cibo solo all'apparenza povero. «Nei secoli scorso - chiarisce De Falco ai nostri contadini arrivavano le parti di minor valore dei pesci, i filetti erano più da elite. Va detto, però, che di baccalà e stoccafisso è possibile mangiare tutto. Solo la testa non viene utilizzata». In attesa della prossima festa, Somma Vesuviana continua ad affermare quotidianamente il suo ruolo di filiale del Nord Europa. Le aziende produttrici la fanno da padrone sul commercio di tutte le varietà «ammollate», mentre gli chef non si fermano nella sperimentazione degli abbinamenti. Tra i ristoranti più noti, difficile non ricordare «La Lanterna» e «La casa e tre pizzi», da anni sulla breccia. Allo stesso modo, tra le realtà più giovani, si è ritagliato uno spazio importante «Nonna Rosa». Ma le alternative nei dintorni non mancano, ai buongustai il compito di scoprirle. 

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