La previsione di Franco Pepe
«Il futuro? Nella filiera corta»

La previsione di Franco Pepe «Il futuro? Nella filiera corta»
di Diamante Marotta
Lunedì 30 Gennaio 2017, 21:08 - Ultimo agg. 21:12
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Franco Pepe con il suo locale nel centro storico di Caiazzo è un riferimento della pizza napoletana in Italia e nel Mondo.
Cosa si intende con pizza a canotto?
«La pizza è pizza, a prescindere da coma la si voglia chiamare. Esistono variazioni che ne connotano uno stile e credo si debba lasciare alla competenza e alla sensibilità del pizzaiolo la capacità di interpretare al meglio le aspettative del pubblico (che è l'unica cosa che conta veramente). Un documento della prima metà degli anni 90, stilato dall'Associazione Verace Pizza Napoletana, indicava che l'aspetto finale del cornicione della pizza dovesse essere regolare, gonfio, privo di bolle e bruciature, di colore dorato e dal profumo caratteristico di pane».
La pizza alla maniera di Franco Pepe
«La mia pizza è il risultato di ricerche e sperimentazioni sulle farine che miscelo per poter ottenere un impasto profumato, saporito e leggero. Lo lavoro a mano, così come vuole la tradizione della mia famiglia. L'intenzione è quella di continuare con i gesti antichi, basandomi su combinazioni libere su differenti tipologie di farine, per ottenere miscele che vario giorno per giorno in base al glutine, alla forza, all'umidità e alla temperatura dell'ambiente. Da quando ho avviato il progetto Pepe in Grani l'intenzione è sempre stata quella di offrire un prodotto differente, coniugando tradizione ed innovazione, potendo mostrare in modo del tutto trasparente le metodologie di lavoro con il laboratorio a vista, poter creare dei percorsi degustazione con una sala dedicata e realizzare delle camere per l'accoglienza, per poter organizzare dei veri e propri percorsi di gusto sul territorio, facendo conoscere i produttori da cui acquisto le materie prime. Oggi posso dire che la pizzeria funziona a ciclo continuo e che ho potuto dare a 30 dipendenti la possibilità di lavorare in paese di circa 6000 abitanti».
Ci parli dell'utilizzo dei prodotti e della sua innovazione nel settore.
«I prodotti che utilizzo sulla mia pizza provengono prevalentemente dall'Alto Casertano, da un piccolo fazzoletto di terra vicino la pizzeria. Prodotti lavorati artigianalmente, con gli antichi saperi tramandati dalle vecchie alle nuove generazioni di contadini che hanno così potuto valorizzare le loro terre a favore della grande ricchezza di biodiversità che offre. Questi ingredienti vengono utilizzati e combinati con giochi di consistenze e diverse tipologie di lavorazioni, in modo tale da farne risaltare tutte le caratteristiche principali. Dall'anno scorso, attraverso la collaborazione con diversi consorzi fra i quali l'AFIDOP e quello della Mozzarella di Bufala ho ampliato le esperienze su prodotti di respiro nazionale».
Quali sono, secondo Lei, Le sfide di questo nuovo modo di fare food?
«Il modello di filiera corta che utilizzo nella mia pizzeria promuove la valorizzazione del territorio. Questo lavoro è servito a creare un ecosistema forte, che ha unito e affermato la comunità contadina e che mira a fare sistema sul luogo, creando reti sempre più ampie al servizio dell'intera collettività, generando connessioni e sviluppo, cercando di salvaguardare i saperi delle proprie tradizioni, i beni più preziosi che possediamo. In un paese come l'Italia, così vasto dal punto di vista cultural/gastronomico dove di paese in paese si possono trovare storie, ricette e prodotti così diversificati, un ristoratore può trovare una propria identità attingendo da questo enorme bagaglio esperienziale».
L'arma vincente di Pepe: ricerca, impasto e prodotti?
«Attraverso una serie di collaborazioni cerco di ottenere le migliori risposte a tematiche quali la nutrizione, la digeribilità degli impasti, qualità delle materie prime e il miglior modo per proporle sulla mia pizza, parallelamente al lungo lavoro che faccio sulla farina del mio impasto per mantenerne il livello qualitativo costante. Sul territorio insieme ai contadini, stiamo cercando di valorizzare una serie di produzioni autoctone, come il grano di varietà autonomia o il pomodoro riccio».
 
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