La cucina italiana? Bloccata dalla guerra fra tradizionalisti e innovatori

Maria Canabal
Maria Canabal
di Francesca Pierantozzi
Sabato 11 Aprile 2015, 19:52 - Ultimo agg. 12 Aprile, 10:59
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In occasione del congresso gastronomico di Paestum "Le Strade della Mozzarella" abbia sentito la critica francese che ha partecipato lo scorso anno. Parigi.L’Italia fa disperare Maria Canabal. Grande signora della gastronomia, critica (tra l’altro ha un blog per Le Monde) scrittrice (ultimo libro sulle capesante, «Coquilles Saint Jacques»), organizzatrice del Parabere Forum, dedicato alle donne del mondo gastronomico (la prima edizione si è svolta a marzo a Bilbao), Maria Canabal soffre per noi: «la cucina italiana è tra le migliori al mondo e anche la meno riconosciuta». Partecipa a «Le Strade della Mozzarella».



Dove va oggi l’alta cucina?

«Direi che sta diventando sempre più responsabile. Oggi si può mangiare lo sgombro anche in un ristorante tre stelle, cosa impensabile fno a qualche anno fa, quando sgombri e sardine, i pesci poveri, erano assolutamente banditi. Cucinare con materie prime meno nobili sviluppa inoltre la creatività. Tutti sono bravi a portare in tavola tartufi e foie gras, ma fare alta cucina con materie non prestigiose richiede molta più riflessione, cultura, invenzione».



Vale anche per la carne?

«Un po’ meno ed è un peccato. Sono stanca di mangiare sempre e solo piccione, piccione, piccione… Nei ristoranti tre stelle c’è praticamente solo il piccione, che noia, ci vorrebbe più fantasia».



E la salute?

«Nelle cucine dei grandi ristoranti ormai è un incubo: tutti i clienti hanno un’allergia, glutine, frutti secchi, ostriche, lattosio. Per gli chef è un nuovo e grosso problema, ormai è impossibile avere un menù unico di degustazione. Altra preoccupazione: proporre un pasto equilibrato, non solo per il gusto, ma anche per le calorie».



Lei ha organizzato il primo forum sulle donne nella gastronomia: sono tante ma invisibili nelle alte sfere. Perché?

«La cucina è come molti altri mestieri dominata dagli uomini nonostante le donne siano più diplomate. Il 65 per cento dei diplomati nelle scuole di cucina e pasticceria sono donne, che scompaiono quando si arriva al cerchio dei più famosi. Una delle cause, emerse dal convegno, è che bisogna rivedere la definizione di successo: per un uomo è avere un ristorante con le stelle, riconosciuto nelle guide, premiato, per una donna, almeno per la maggior parte, il successo non è avere tre stelle, ma conciliare vita professionale e privata. Un ristorante a tre stelle implica un lavoro durissimo, difficilmente conciliabile con la vita privata. Le donne preferiscono inventare, aprono pasticcerie, rosticcerie di lusso, insegnano nelle scuole di cucina. E poi c’è un altro problema che resta ancora un tabù: la violenza nelle cucine. La cucina di un grande ristorante può essere un inferno per una donna, in particolare per le stagiste o apprendiste che spesso hanno 16, 17 anni. Ci sono molestie, violenze, anche violenze sessuali. Per fortuna se ne comincia a parlare».



La cucina è non è mai stata tanto di moda, dovunque, sui giornali, nei convegni, in tv. È un bene?

«Per chi si occupa di gastronomia, questo è un periodo d’oro, non si è mai parlato così tanto di cucina, è innegabile. Non ci sono mai state cosi tante trasmissioni culinarie e non parlo di Top Chef o Masterchef che per me sono spazzatura. Il pubblico è interessato, curioso, esperto. C’è una nuova figura, il foody, il turista gastronomico, capace di organizzare un viaggio in un paese soltanto per provare questo o quel ristorante, come i tifosi che viaggiano per seguire la loro squadra».



L’Italia è meta di turismo gastronomico?

«Io sono disperata. La cucina italiana è a mio avviso una delle migliori al mondo, eppure è una delle meno conosciute e riconosciute all’estero. È un’enorme ingiustizia».



Di chi la colpa?

«I critici e le guide sono ignoranti sull’Italia di cui conoscono uno o al massimo due grandi chef. Sono ignoranti anche sui prodotti e le regioni, pochissimi hanno mai sentito nominare le Marche per esempio».



L’Italia non ha nessuna responsabilità?

«L’Italia soffre della guerra tra i tradizionalisti, paladini della cucina della nonna (io dico: basta con le nonne!) e gli innovatori. Finché gli italiani non si libereranno della nonna, (lo dico con affetto naturalmente) la cucina resterà prigioniera, sottovalutata. Quando Massimo Bottura (tre stelle con la sua Osteria Francescana a Modena, ndr) ha cominciato a fare una cucina moderna, i giornali scrivevano che avvelenava la gente, i suoi figli avevano paura di andare a scuola…Il conflitto tradizione-modernità deve finire. Lo dico perché sono convinta che la cucina italiana meriti il giusto riconoscimento. Vi pare normale che si parli più degli chef scandinavi che di quelli italiani?»



E la mozzarella? Tradizione o modernità?

«A Parigi è guerra aperta per trovare la migliore mozzarella e gli intenditori sanno che la mozzarella fresca, quella vera, arriva il mercoledì. È un formaggio nobile quanto gli altri. Un formaggio difficile, visto che soffre il viaggio e che bisognerebbe venire a mangiarla sul posto. Perfetta direi come antipasto».

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