La sfida: «Subito a scuola l'arte della pizza»

La sfida: «Subito a scuola l'arte della pizza»
di Gerardo Ausiello
Domenica 5 Febbraio 2017, 18:31
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Nell'epoca d'oro della pizza l'ultima sfida è trasmettere tecniche e segreti, cercando di coniugare tradizione e innovazione. Per farlo occorre formare nuovi pizzaioli. Un'impresa non semplice. Ne parliamo con Sergio Miccù, presidente dell'Associazione pizzaiuoli napoletani.

Plasmare un pizzaiolo non è come formare un qualsiasi altro artigiano.
«No, il pizzaiolo è l'artigiano per antonomasia, perché con le sue mani trasforma le materie prime in un prodotto finito utilizzando tecniche complesse e per certi aspetti uniche, dalla lievitazione alla manipolazione dell'impasto fino alla cottura. Ma, oltre ad essere artigiano, di fatto il pizzaiolo è anche artista perché crea ogni volta qualcosa di unico e diverso. Ogni pizza non è mai uguale ad un'altra».

Da qui le difficoltà nella formazione. Come risolverle?
«Sono convinto che debba essere lo Stato ad occuparsene. Quando nel 1970 mi sono diplomato all'istituto alberghiero, la mia qualifica era quella di addetto ai servizi di cucina. Non capisco perché non si possa prevedere anche un percorso per addetto ai servizi di pizzeria. A mio avviso, insomma, occorre inserire l'insegnamento delle tecniche di produzione della pizza nei programmi scolastici dell'alberghiero. È questa la battaglia che sto conducendo e che spero di riuscire a vincere».

E dopo l'alberghiero?
«Ben vengano le scuole private. Anche noi, come associazione, abbiamo una scuola, in via Michele Parise a Poggioreale, dove teniamo corsi di 240 ore, della durata di tre mesi. Un tempo certamente non sufficiente, ma che comunque consente all'aspirante pizzaiolo di muovere i primi passi in questa affascinante professione. Non mi convincono, invece, quelli che organizzano corsi di una o due settimane. Come si fa a insegnare un mestiere così complesso, che ha secoli di storia, in pochi giorni?».

Qual è la prima cosa che un pizzaiolo deve sapere? Quale la più importante?
«Un buon pizzaiolo deve avere una conoscenza a 360 gradi perché solo imparando tutti i passaggi della produzione della pizza si ottengono risultati significativi. A Bruxelles ho provato a spiegare il concetto di punto di pasta: ovvero quando, al tatto, il pizzaiolo si rende conto che l'impasto è pronto. È una sensazione assolutamente soggettiva, che varia da artigiano ad artigiano. E ogni prodotto è diverso dall'altro: se due pizzaioli utilizzano lo stesso impasto ma lo lavorano con le loro mani, il risultato non sarà mai identico».

Cosa deve fare un giovane che aspiri a diventare pizzaiolo?
«Per fornire assistenza e servizi a chi vuole intraprendere questo mestiere, ma anche a chi già lavora in questo campo, abbiamo creato Mondo Pizza, una sorta di network, uno sportello ad hoc per chiunque necessiti di assistenza in questo mondo. Gli uffici si trovano in piazzale Tecchio 41. È un altro passo significativo verso il nostro obiettivo più importante: dar vita, a Napoli, alla Settimana della Pizza. In questa direzione a maggio alla Mostra d'Oltremare organizzeremo la seconda edizione di Tutto Pizza, la fiera dedicata a coloro che vivono e lavorano in questo campo».
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