LE VIGNE DI NAPOLI |Il Lacryma Christi del Vesuvio e Pompei

Maurizio Russo vicino alla foto storica della trafeca del 1951
Maurizio Russo vicino alla foto storica della trafeca del 1951
di Luciano Pignataro
Martedì 2 Settembre 2014, 14:18 - Ultimo agg. 14 Settembre, 00:15
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Immaginate una vinery della Napa Valley del film Sideways. Solo che a tavola mangiate spaghetti artigianali Setaro conditi con olio extravergine del Vesuvio, agio dell’orto e pomodori di Gioli. Di fronte avete Capri, Sorrento e il mare di Napoli, alle spalle il Vulcano più famoso dell’Occidente e forse del mondo e nel bicchiere invece della trecentomillesima variante di cabernet e merlot caprettone e piedirosso coltivato a tre metri.

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Praticamente il massimo. Non è un progetto, ma la realtà costata 18 anni di sacrifici a Maurizio Russo che a 30 anni, d’intesa con il padre Giovanni che, pur scettico, gli diede carta bianca, creò un’azienda vitivinicola che oggi è un modello esemplare di modernità e di tradizione.

Ce ne fossero una ventina di questo livello, la Campania potrebbe davvero svoltare.

Venire qui è una lezione di vita oltre che di piacere: girate in vigna, vedete l’orto, vi sedete godendovi il panorama mangiando il piatto semplice più buono della storia gastronomica dell’umanità e assistete al via vai di pullman, pulmini, auto private di turisti che vengono da ogni parte del mondo. Sono tra i 15mila e i 20mila l’anno e consumano tutto il vino prodotto fino all’ultima goccia, 50mila bottiglie in tutto.

Alle 17 la giornata finisce e si ricomincia il giorno successivo, per tutta la settimana, tutto l’anno tranne Natale.

Maurizio, terzo di tre fratelli, è quello che così ha saputo meglio interpretare la trasformazione del mestiere di vinificatore. Il padre, Giovanni, fondò l’azienda nel 1951, quando all’epoca il vino si portava sui carri trainati dai cavalli a Napoli e si svolgeva la trafeca, la trattiva tra piccoli produttori e negozianti che compravano e rivendevano in città. Il passaggio successivo è stata la produzione di vino ed è qui che Giovanni conosce Amodio Pesce, grande enologo di territorio.

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