In moto travolto dal treno a 51 anni: Raffaele faceva il rider dopo aver perso il lavoro

Raffaele Acampora investito a Scafati consegnava pizze a domicilio per Glovo

Raffaele Acampora investito a Scafati
Raffaele Acampora investito a Scafati
di Dario Sautto
Domenica 14 Gennaio 2024, 00:00 - Ultimo agg. 17:13
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A quasi cinquant’anni si era ritrovato senza lavoro e si era reinventato rider per portare avanti la sua famiglia. Raffaele Acampora, 51enne di Sant’Antonio Abate conosciuto da tutti semplicemente come Lello, ha perso la vita travolto da un treno ad un passaggio a livello nella serata di venerdì. Sposato da trent’anni con Nunzia, quattro figlie, anche sua moglie e una di loro lo aiutavano di tanto in tanto nel lavoro simbolo dello sfruttamento, che spesso viene affidato ai ragazzi, ai giovanissimi che hanno bisogno di mettere qualche soldo da parte. Lui, invece, da autista di scuolabus, si era ritrovato improvvisamente senza lavoro perchè non era stato confermato dalla nuova ditta e aveva deciso di ripartire dal più umile e complicato degli impieghi. La Procura di Nocera Inferiore ha aperto un’inchiesta, al momento si procede contro ignoti.

«Siamo i primi a fare Glovo» lo ricorda una collega. E in effetti a terra, all’arrivo dei soccorritori era ancora visibile il logo «Glovo» per le consegne che aveva montato sullo scooter, travolto dal treno della Circumvesuviana in transito tra le stazioni Cangiani e San Pietro, in territorio di Scafati, al confine con Boscoreale. Un impatto che non gli ha lasciato scampo, ad un passaggio a livello senza sbarre ma con semaforo e segnali acustici. 

Sul luogo dell’incidente, già nella serata di venerdì si sono radunati familiari, amici e colleghi di Lello. «Era una brava persona, un gran lavoratore, gli volevamo tutti bene – lo ricorda un giovanissimo collega lì al passaggio a livello – lo conoscevamo tutti.

Come noi, lavorava per portare il pane a tavola. Solo che qui al sud non funziona niente e si muore semplicemente per dare da mangiare alla propria famiglia». Proprio lui, il 17 luglio 2022, aveva scritto un post dedicato al suo collega rider Giuseppe Cannavacciuolo, morto anche lui a 47 anni in un incidente stradale tra Angri e Sant’Antonio Abate, dopo una serata di lavoro. Una tragedia che ha sconvolto l’intera comunità abatese e i tanti colleghi con i quali condivideva quel lavoro. 

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Ieri, sui social la sua bacheca è stata invasa da messaggi di cordoglio e ricordi. A cominciare dalla figlia Daniela, che ha scritto un ricordo straziante del papà: «Non ci credo ancora, speravo tanto che questa orrenda notizia fosse stato un errore, uno sbaglio. Non può essere vero, non è vero che non esisti più, non è vero che non ci sei più con noi, non è vero che non ci sarai più, non è vero che non ci sarai il giorno della mia laurea, non è vero che non ci sarai al mio matrimonio, non è vero che non conoscerai i miei figli e che loro non conosceranno te. Non doveva succedere. Stavi lavorando come ogni giorno, ininterrottamente e avevi ancora tanta forza di andare avanti, ma è bastato poco per farti perdere questa forza. Non volevo che succedesse questo, soprattutto ora che mi trovo lontano e sto per tornare a casa dalla nostra famiglia, non vi vedevo da una settimana e sto male. Fa male non averti potuto più vedere e tornare a casa senza di te. Spero che un giorno ci incontreremo di nuovo e poterti abbracciare come non ho mai fatto prima! Ti voglio bene papà!». 

Oriana, un’altra sua collega, ha scritto un lungo post sulla condizione dei rider: «La notizia del tuo incidente e che non c’eri più mi ha distrutta. Noi siamo i primi a sacrificarci per prendere una consegna in più, a rischiare la vita tutti i giorni sui motorini. Nessuno ci tutela, nessuno ci offre di meglio. È passato poco più di un anno da quando un altro nostro collega rider ha perso la vita e ora è toccato a te. E domani chi altro piangeremo?». E ancora, i tanti amici del Club Juventus di Angri e di quello di Sant’Antonio Abate, del quale lui era referente dal 2017. Lello era tifosissimo della squadra bianconera e condivideva la passione per il calcio anche con Pasquale: «Non ci sono parole fratello, spero che entri anche tu nella curva paradiso come tutti gli altri e potrai continuare la tua passione».

C’è chi ricorda il regalo di una sciarpa della loro squadra del cuore, chi i momenti di una trasferta insieme o il lavoro. Quel lavoro che gli è costato la vita. «Spero si faccia luce sull’accaduto – chiede Nicola – eri innanzitutto un papà, un marito, un uomo che amava la sua famiglia, e ne era orgoglioso».
 

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