Clima pazzo e uve malate: vendemmia più povera

Le forti piogge di primavera hanno favorito la diffusione di peronospera. Raccolta in calo

Vendemmia
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di Luciano Pignataro
Venerdì 18 Agosto 2023, 10:42 - Ultimo agg. 11:16
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Fa caldo nelle vigne degli Astroni, Raffaele Moccia si asciuga il sudore di una mattinata in vigna e trova riparo dal fresco: «Qua attorno non c'è un grappolo d'uva, solo io mi sono salvato». Lo guardo stupito, bacchetta magica? «Io sto ogni giorno in vigna, solo così si capisce davvero come operare. Anche il giorno del mio 35° anniversario di matrimonio ho rinviato la festa che i miei figli volevano farmi e ho deciso di pompare. Perché non esistono regole astratte per i trattamenti e le malattie non si comportano sempre allo stesso modo con i grappoli, proprio come con gli uomini».

Raffaele è l'ultimo contadino di Agnano, o almeno l'unico che imbottiglia deliziosi vini, Piedirosso e Falanghina, esaltati dalla critica. Come Luigi Di Meo a Bacoli, Peppe Apicella a Tramonti, Michele Perillo a Castelfranci, Luigi Tecce a Paternopoli e pochi altri, è sensitivo: un vignaiolo che con le vigne ci parla. «Per noi dice è ancora più difficile perché faccio la lotta integrata, non pratico agricoltura convenzionale».

Ma la Peronospera ha colpito e picchiato duro ovunque, dal Tirreno all'Adriatico, dalle Alpi all'Etna. Di cosa si tratta? La peronospora della vite, causata dal patogeno Plasmopara viticola, è la malattia crittogamica più grave perché in grado di attaccare tutti gli organi verdi della pianta, principalmente le foglie, i germogli e i grappoli, causando ingenti danni, primo fra tutti, la mancata crescita dei grappoli. Questa malattia, come quasi tutte le altre, è stata favorita dall'eccesso di piogge a maggio e soprattutto a giugno, due mesi cruciali per lo sviluppo della vita e spesso il ristagno dell'umidità ha favorito la diffusione di quello che, ancora oggi, è un vero e proprio incubo per i viticoltori. Sul Vesuvio, ad esempio, ad essere stata colpita è l'uva caprettone, il simbolo dell'enologia del vulcano, la base della doc Lacryma Christi.

Attenzione però, l'abbassamento della quantità non pregiudica affatto la qualità. La partita si sta giocando in queste settimane per gran parte della Penisola: se continuano le giornate di sole i produttori potranno portare buona frutta in cantina.

Naturalmente, come sempre, non è possibile fare un discorso unico, ci sono zone, quelle di pianura e dove l'acqua ristagna, dove i danni sono stati maggiori, altri, con suolo argilloso, vedranno le viti cavarsela meglio. «Sono fiducioso dice Libero Rillo, presidente del Consorzio Sannio, il più importante del Sud I danni ci sono stati sulla quantità, ma adesso le cose stanno andando veramente bene grazie alle forti escursioni termiche nei vigneti del Taburno e in quelli più alti, dove la qualità è assicurata».

La campagna viticola 2023 lascerà sicuramente il ricordo di un'annata complicata, per i diversi problemi legati anzitutto alla crisi climatica che da qualche anno influenza le vendemmie. Basi pensare, per esempio, che in Veneto il 30 per cento del raccolto è stato compromesso dalle grandinate e che le continue e imprevedibili bombe d'acqua possono compromettere una stagione da un momento all'altro. Ormai le condizioni climatiche estreme e improvvise hanno determinato nella fase di ripresa vegetativa della vite, tra fine aprile e primi di maggio, una forte pressione fitopatica con consistenti attacchi di peronospora su foglie e infiorescenze.

Il danno, aggravato anche dalle prolungate piogge di tutto maggio e parte di giugno che hanno reso difficile entrare in vigna per intervenire tempestivamente, ha interessato quasi tutte le aree viticole a maggiore vocazione dell'intero territorio regionale con effetti sulla produzione.
«La situazione dice Roberto Di Meo presidente di Assoenologi Campania - oggi, ad un mese e più dalla raccolta, è molto eterogenea e pertanto risulta difficile fare una previsione realistica di quella che sarà l'uva raccolta e quindi delle rese. Ci sono aree dove a distanza di pochi metri alcuni vigneti risultano quasi integri, con perdite di produzione poco significative, e altri invece che registrano cali di produzione più importanti. Questo si spiega perché cambiano magari le condizioni di ventilazione all'interno dei filari in base alla loro esposizione, sono stati trattati con maggiore anticipo a germogliamento iniziato e con prodotti più efficaci, o anche perché inerbiti e quindi un po' più praticabili consentendo al viticultore di intervenire anche con difficoltà al momento giusto. In altri casi la proliferazione della peronospora è stata veicolata per esempio da vigneti abbandonati da piccoli produttori, che hanno rinunciato a gestire la lotta contro il fungo, che sono perciò diventati punti d'inoculo per le aree vitate adiacenti».

C'è però spazio per l'ottimismo grazie alle mutate condizioni meteo delle ultime settimane con temperature stagionali rientrate nella media, dopo il caldo record di luglio, stanno favorendo un buono sviluppo dei grappoli prossimi all'invaiatura. Le piogge hanno di fatto costituito a differenza dello scorso anno, comunque, una riserva idrica per le piante che ha consentito alla vite di superare le ondate di calore anomalo. «Soprattutto le escursioni termiche giorno/notte dice Di Meo con un delta superiore ai 10-12°C in media ci fanno ben sperare sul raggiungimento di parametri qualitativi elevati e interessanti, con una maturazione più lenta, una buona concentrazione delle componenti aromatiche nelle bucce e un migliore equilibrio tra gli acidi e gli zuccheri».

Se possiamo tradurre in soldoni questa situazione, possiamo dire che questa vendemmia penalizza soprattutto i semplici conferitori di uve, cioè chi ricava il reddito dalla vendita dell'uva alle aziende e alla cantina sociale, mentre i piccoli produttori possono restare concentrati sulla qualità cambiando il risultato finale poco o nulla. «Al momento, infatti - conclude Di Meo - ci sono tutte le condizioni (buona sanità dei grappoli, buona vigoria delle piante, nessuno stress idrico, pareti fogliari funzionali) che confermano il potenziale qualitativo elevato delle uve rimaste e che ci ripagano degli sforzi fatti in vigna nella gestione di una campagna difficile».

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