Barra, il «Miglio d’oro» perduto. L’agonia delle ville vesuviane del ’700 | Guarda

Barra, il «Miglio d’oro» perduto. L’agonia delle ville vesuviane del ’700 | Guarda
di Claudia Procentese
Martedì 29 Marzo 2016, 19:20
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Del fasto settecentesco resta traccia nel senso di maestosità del parco. Perché i ventimila metri quadrati dei giardini di Villa Letizia a Barra, nonostante oggi siano ridotti a boscaglia incolta, devastati dall’incuria e dai vandali, continuano tuttavia a dare l’idea di quello che un tempo fu luogo di delizia per la corte di re Carlo di Borbone. Basta affacciarsi dal palazzo nobiliare in via Giambattista Vela, attualmente sede di una biblioteca comunale ed un centro anziani, per ritrovarsi catapultati nell’antico “Miglio d’Oro”, asse di palazzi e complessi vesuviani che si estende da San Giovanni a Teduccio a Torre del Greco. La vista dai balconi di Villa Letizia si apre imponente su questo pezzo di periferia orientale, rinomata terra  il cui “tenimento è ricco di gelsi e principal sua industria è quella della seta”. Ma ai giorni nostri il panorama mozzafiato va inesorabilmente a morire in quell’enorme parco abbandonato sottostante le terrazze della villa.

Il parco di Villa Letizia - Incustodito, cancello chiuso, vi si può accedere molto facilmente attraverso un varco laterale sui resti di un muretto abbattuto. Vialetti dissestati e coperti da rovi infestanti, pezzi di amianto gettato tra le sterpaglie, gazebo in muratura semidistrutti, siringhe negli angoli appartati, materiali di risulta ovunque, giostrine incendiate e tombini rubati. «Ci vanno anche a prendersi la legna, sradicando interi alberi - svela Rino Amato, portavoce del comitato “Cittadinanza attiva per Barra” -. Abbiamo segnalato a chi di dovere, ma senza controlli la cattiva abitudine continua». All’ingresso, appeso al cancello, il lenzuolo di protesta con la scritta “Villa sporcizia fu Letizia”, creato dai residenti che si arrangiano come possono per farsi ascoltare. Restaurato e poi inaugurato nel 1995, il parco per un po’ ha funzionato, poi il lento declino, fino alla chiusura definitiva qualche anno fa. «Troppi atti vandalici, ci dissero - continua Rino -. Istituzioni centrale e locale non hanno mai compreso l’importanza di questo spazio verde. A Barra non ci sono cinema, teatri, luoghi di ritrovo e l’economia è in ginocchio. Come comitato siamo impegnati a pulire piazze e piantare aiuole nel quartiere. Perché? Perché educhiamo alla bellezza che qui non c’è. Ma c’era».

L’antica strada regia - Barra, alle pendici del Vesuvio, in quell’area est terreno di scontro dei clan. I nomi Cuccaro ed Aprea si sono sovrapposti alla cultura e alle radici di un posto scelto, invece, nel ’700 dall’illustre pittore Solimena per andarci ad abitare. E a Barra scrigno d’arte non ci pensa ormai più nessuno. Eppure le sue dimore aristocratiche sono nell’elenco delle 122 ville vesuviane, stilato dall’omonimo Ente istituito nel 1971, firmate da famosi architetti, come Sanfelice, Fuga e Vanvitelli. «Le ville di Barra hanno tutte le caratteristiche di quelle vesuviane del Miglio d’oro - spiega Pasquale Rossi, professore di Storia dell’architettura all’Università Suor Orsola Benincasa -. L’aristocrazia si va ad insediare lungo la strada regia delle Calabrie perché in quella linea di mare viene costruita da Carlo di Borbone la reggia di Portici in seguito all’apertura degli scavi di Ercolano nel 1738. È la “società di corte” settecentesca. Questi luoghi di svago coagulavano anche attività produttive ed insediamenti agricoli». Da un passato di fasti ad un presente di contraddizioni. Villa Letizia è oggi di proprietà comunale, mentre «la gestione del parco compete alla municipalità» chiarisce l’assessore comunale all’Urbanistica Carmine Piscopo. «Ma come gestiamo senza soldi? - ribatte l’assessore della VI municipalità ai Parchi pubblici Mario Capezzuto -. Mancano i guardiani notturni, non c’è videosorveglianza e il progetto di riqualificazione messo su con l’ex assessore all’Ambiente Sodano è rimasto sulla carta. Abbiamo cercato di sfruttare la delibera comunale che prevede l’affidamento dei parchi pubblici ai privati. Le domande sono arrivate, tuttavia subito scoraggiate dai troppi oneri richiesti».

Villa Bisignano - Ma il caso di Villa Letizia non è l’unico.

C’è Villa Salvetti con un restyling di un milione di euro approvato e ancora nella fase di verifica dell’impresa aggiudicataria dei lavori. C’è, incalzata dall’usura del tempo nonostante il restauro e dai graffitari che ne deturpano le mura, Villa Bisignano o Roomer, dal nome del proprietario banchiere fiammingo. Per un periodo pure scuola media, da una trentina d’anni nel patrimonio di Palazzo San Giacomo. La torre-belvedere dello stabile dominava l’orto botanico, nato prima di quello ottocentesco a Napoli e raso tristemente al suolo negli anni ’50 del secolo scorso per costruirvi un rione popolare. «È disarmante lo stato di abbandono e l’assenza di programmazione per il recupero delle ville barresi - denuncia Patrizio Gragnano, ex assessore municipale alle Politiche sociali e commissario Osservatorio nazionale amianto -. È evidente che il patrimonio artistico delle periferie non rientra nella cartolina illustrata che si mostra di Napoli in questi anni. La cronica mancanza di fondi può essere sopperita dall’affidamento di parte di esse alle tante realtà del territorio che “cercano casa”. C’è già una delibera comunale che prevede lo scomputo dei canoni di locazione in modo che gli assegnatari potrebbero farsi carico delle opere di ristrutturazione e in cambio il Comune potrebbe mettere a reddito le stesse e ridarle finalmente alla città». È questo il futuro? «Se restauri - chiosa il professor Rossi -, poi devi dare un uso, soprattutto sociale in quartieri come Barra, altrimenti tutto va in decadenza. Senza dimenticare, inoltre, che il Miglio d’Oro è percorso che coinvolge vari Comuni, come Ercolano, Portici e San Giorgio a Cremano, quindi occorre mettere mano seriamente ad un piano regolatore organico».

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