Napoli nella morsa del caldo: sopravvivere in città a 50 gradi (e sentirli addosso)

Napoli nella morsa del caldo: sopravvivere in città a 50 gradi (e sentirli addosso)
di Pietro Treccagnoli
Mercoledì 2 Agosto 2017, 09:50 - Ultimo agg. 18:44
4 Minuti di Lettura

SudaNapoli, Napoli luciferina, Napoli abbafata nei 49 gradi percepiti dai Decumani a Ponticelli, dal Lungomare a Chiaiano. Lo ripetiamo ogni estate: mai così caldo. Ma stavolta, nella morsa dell'afa che arriva dal Sahara, siamo schizzati nel bel mezzo dei record. Secondi solo a Capo San Lorenzo in Sardegna. Incendi, siccità e mo' pure il bafuogno che durerà, prevede il meteorologo, fino a venerdì e oltre. I gradi reali sarebbero 35, ma l'umidità li fa lievitare di altri 14. Basta che l'umidità oscilli tra il 65 e il 70 per cento ed ecco la tramortente botta di calore. «La temperatura percepita, quella che una persona sente addosso» spiega Vincenzo Capozzi del Centro Meteorologico dell'Università Parthenope di Napoli «nasce dalla combinazione tra i gradi reali e l'umidità relativa». Un rapporto che nelle aree costiere fa impazzire il barometro personale. Mentre invece nelle zone interne campane se la temperatura reale è finanche più alta, facciamo 41 gradi, quella percepita è pressoché simile. E all'afa appiccicosa si sostituisce il caldo torrido che opprime e ammoscia di meno.

A Napoli, ieri, il picco c'è stato nelle ore attorno a mezzogiorno e nel primissimo pomeriggio. Che fare? Basta non uscire. Consiglio secco che in molti hanno seguito. Per una volta tanto alle vecchiette ha fatto comodo la lunga attesa alle Poste, godendo della boccata rigenerante del condizionatore. Per qualche ora in città è parso di rivivere la grande stagione degli esodi. Certo, i turisti hanno scarpinato per il Centro Antico, con la bottiglia d'acqua d'ordinanza riempita a ogni fontanella pubblica, ma solo qualcuno s'è spinto fino a via Caracciolo che era davvero liberata. Semmai qualcuna tra le più fortunate, in biancheria intima, dal balcone di un albergo, immortala l'orizzonte con un selfie. Tutto immobile, pure i panfili alla fonda erano immobili, nave dipinta su golfo dipinto. Chi si avventurava fuori degli scogli era a torso nudo. Più panze che addominali, comunque. Ma il forchettone del Lucifero climatico ha in parte svuotato il lido Mappatella e la spiaggetta della Colonna Spezzata. Come se solo in pochi avessero avuto la forza, la voglia e il coraggio di affrontare la padella rovente che faceva quasi sciogliere la suola delle scarpe, attaccandola all'asfalto o al piperno bollente dei parapetti. Non c'era nemmeno la possibilità di sfruttare le vasche delle due fontane della Rotonda Diaz. Una era vuota, nell'altra l'acqua era così poca che lo scugnizzo non avrebbe potuto galleggiare. 

Il mare, in un'apoplessia meridiana, sembrava una bestemmia senza voce e nei vicoli tra il Carmine e la Sanità si respirava cenere dopo il fuoco. Lungo via Toledo le zaffate di aria condizionata che i negozi con l'aria condizionata sparavano fuori ad altezza polpaccio e ginocchio sono state le uniche forme di sollievo, autentici refoli postmoderni. Perché quelli veri si percepivano solo ai piani alti, nell'angolo giusto del terrazzino, se il terrazzino c'era. «Poca gente in giro» s'è lamentata Carolina la storica acquafrescaia di piazza Trieste e Trento, mentre spaccava a metà dei giallissimi limoni goethiani facendone una montagnella, accanto allo spremitore. «Sono tutti chiusi dentro o se ne sono fuiuti da Napoli. Da stamattina ho faticato poco, qualche turista, ma ve li raccomando quelli. Comprano una granita e se la scucchiaiano in quattro».

Tra le merci più richieste il ventaglio. All'angolo di vico della Tofa il pakistano ne aveva davanti un tavolino pieno, di tutti i colori: «Li comprano, li comprano». Sollievo al calore, per chi non può ricavare sollievo al dolore, affollando gli stabilimenti di Posillipo. Sasà aggiusta scooter a via Speranzella in un'officina che è un mezzo basso, si è spostato appena di qualche metro per andare a dare una sbirciata a Atletico Madrid-Napoli sullo schermo del bar di fronte: «Mo' si sta un po' meglio. Ma qui, per fortuna il sole batte appena tra la mezza e l'una e mezza». Il vicolo tiene i vantaggi suoi. L'aria si ferma, si mummifica ma poi riparte con carezze e soffi di bizzarri folletti. Solo le vecchiette, immobili figure mitologiche (donna e sedia), ne conoscono i percorsi segreti e gli angoli da presidiare: «Tra poco arriva a refola, giuvinò, assettateve nu poco». Mai visto un caldo così. Quarantanove gradi. Che cosa fa nella Smorfia il 49? Rituccia, 85 anni, lo sa: «'A carne, o piezzo e carne». Bisogna giocarselo. Ma nella cabala napoletana ogni numero è polivalente. A sfogliare il Libro dei Sogni si scopre che 49 fa pure la percezione. Percepire fa 49, vedi la combinazione. So' nummeri, effettivamente: 8 agosto, 35 i gradi reali e 49 quelli percepiti. Un terno ci rinfrescherà.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA